E
dunque, questa è la prima recensione che scrivo dopo un bel po' di
tempo. Prima le vacanze, poi la tesi, poi di nuovo le vacanze e
ancora la tesi, poi il temporale che svampa il modem e mi impedisce
ogni contatto con l'internet. Sento quasi le dita rattrappite sulla
tastiera, non sono più abituate.
I
segreti di Heap House, scritto e illustrato da Edward Carey, tradotto – assai bene – da
Sergio Claudio Perroni, edito da Bompiani pochi mesi fa, primo volume della trilogia dedicata a Heap House. Sin da
quando è uscito ho preso a rimirarlo e soppesarlo ogni volta che me
lo trovavo davanti in libreria, senza mai decidermi a prenderlo. Il fatto è che quando mi trovo
davanti a una copertina così convincente e a una trama così
interessante... beh, non mi fido. Troppo bello per essere vero, c'è
sicuramente la magagna. E nonostante abbia continuato per mesi a chiamarmi
e a incuriosirmi, mi sono decisa a prenderlo soltanto quando (fortuna delle fortune) l'ho trovato a metà
prezzo sul sito del Libraccio.
Ed
è un libro fantastico. È esattamente quello che promette. Dark nel senso più
tetro e turpe, senza svenevolezze, ma pieno di sofferenza e
squallore, itterizia, aria fetida, atmosfere claustrofobiche che non
lasciano filtrare la minima speranza. Sono d'accordissimo con
chiunque l'abbia definito Burtoniano, e aggiungo che è da riferirsi alla
produzione più gotica e scura del regista. L'atmosfera mi ha ricordato moltissimo La sposa cadavere, coi suoi ambienti scuri, i colori che variano
appena dal nero al blu, i personaggi intrappolati in una trama
crudele.
Arduo
arrivare al dunque senza svelare troppo, perché è bello scoprire il
contesto mano a mano che viene raccontato, poco a poco. Non è
nemmeno del tutto chiaro, a pensarci bene, in che razza di mondo si
trovi Heap House, se sia vicino al nostro o a una sua versione
vagamente steampunk. Immagino che si scoprirà nelle prossime puntate. Che non vedo l'ora di agguantare.
C'è
la famiglia degli Iremonger, antica, prospera, ricca. Vive a Heap
House, al centro di un'immensa discarica, pericolosissima in quanto i
cumuli di rifiuti si muovono, crollano, rischiano di sommergere
chiunque vi si trovi in mezzo. E in questa strana famiglia ci si
sposa soltanto tra cugini, e si vive tutti insieme a Heap House, che
ha continuato ad allargarsi annettendo pezzi di Londra trascinati via
chissà come, e imbullonati alla casa. Gli Iremonger sono orgogliosi
del proprio sangue, e disprezzano il resto del mondo, che comunque
non li apprezza granché. Alla nascita, a ognuno viene attribuito un
oggetto natale, dal quale non si separerà mai, e che racconterà
molto sul carattere di chi lo possiede.
Clod
Iremonger, il protagonista, si porta dietro un tappo da vasca. Clod è
strano, anche per essere un Iremonger. Sente le voci degli oggetti,
li sente ripetere un nome, uno per oggetto. Il suo tappo, ad esempio,
continua a ripetere “James Henry Hayward”, mentre il rubinetto
del cugino e unico amico Tummis ripete “Hilary Evelyn
Ward-Jackson”. La narrazione è in prima persona, e si alterna tra
Clod e Lucy Pennant, una ragazzina orfana che viene presa a servizio
a Heap House. Così da un lato scopriamo come vivono gli Iremonger
“puri”, e dall'altro Lucy ci racconta com'è lavorare a Heap
House.
E
poi iniziano a succedere cose strane, strane perfino per Heap
House. Oggetti che scompaiono, che si muovono. E a ben vedere non
assistiamo a vere e proprie indagini su quello che succede. Né Clod né Lucy sono
personaggi d'azione. Lucy, al massimo, gironzola dove e quando non
dovrebbe, piuttosto che limitarsi a pulire i caminetti. È un libro
in cui le cose capitano, spinte dalle circostanze, da eventi esterni,
da personaggi secondari. Clod è preoccupato per il fragile cugino
Tummis, per le proprie nozze obbligate con la cugina Pinalippy, per
il gabbiano scomparso. Ha pausa del cugino Moorcus, si pone giusti
quesiti sulle voci degli oggetti, ma si lascia perlopiù trasportare.
Lucy parla con le altre domestiche, si guarda attorno stupita
dall'ambiente bizzarro in cui si ritrova, parla dei cumuli di
rifiuti, gironzola per Heap House fino a incontrare Clod.
Penso
che sia uno dei lati del romanzo che non mi sono accorta di aver
apprezzato tanto finché non ho iniziato a pensarci, proprio adesso che ne sto scrivendo. Il fatto
che la trama non si dispieghi forzata dai personaggi principali, ma
sia piuttosto una storia che accade prima in sottofondo per emergere
in superficie e farsi imponente. Lo trovo più realistico, ecco, e
adatto a un'atmosfera immobile come quella di Heap House.
Ho
adorato i personaggi, tutti, anche quelli che compaiono appena.
Soprattutto quelli spiacevoli. Pinalippy, ad esempio, e i vari zii di
Clod. Sono tutti particolarissimi, ed è davvero interessante il
legame che hanno coi propri oggetti natale, così come è
affascinante il rapporto tra gli Iremonger e la discarica.
Mi
piacciono moltissimo le illustrazioni che inaugurano i capitoli e
raffigurano vari membri della famiglia. Continuo a pensare che
sarebbe bellissimo se Tim Burton prendesse ispirazione da questo
libro, ne uscirebbe qualcosa di meraviglioso. E crudele.
E
immagino si sia intuito che lo consiglio un sacco. Giammai avrei
pensato potesse essere così ganzo.