Il mio primo incontro con
Calvino non è stato granché entusiasmante. Ero alle medie e la
professoressa ci fece leggere Il visconte dimezzato, e mi
sembrava che il suo favoleggiare mi riportasse indietro nell’età
di lettura, in un periodo in cui sbafavo liberamente dalla biblioteca
dei miei genitori piena di Wilbur Smith e Remarque. È forse l’unico
degli scrittori che ho avuto in programma che mi sia andata poi a
recuperare, forse perché invece di spiegarmene vita, morte,
miracoli, tematiche profonde e quant’altro c’era stato solo un
libretto breve di cui ricordavo a mozziconi la trama fiabesca.
Ho letto Se una notte
d’inverno un viaggiatore prima di finire la triennale, ancora
nel 2013, e di Calvino mi sono innamorata visceralmente, Se una
notte d’inverno è ancora il suo libro che ho amato di più,
benché ancora non abbia letto tutto – ho recuperato la trilogia
fiabesca, ho tentato i suoi lavori più sperimentali senza capirli e
amarli del tutto, come Le città invisibili, Palomar e
Il castello dei destini incrociati. Le cosmicomiche
l’ho preso usato a chissà quale bancarella, e ne ho posticipato la
lettura finché non sono arrivata a casa di mia madre una settimana e
qualcosa fa. Ero scesa in treno portandomi dietro La sposa giovane
di Giovanni Arpino e Lo straniero di Albert Camus, letture
brevi e intense che mi erano bastati un viaggio e una notte per
finire. Ho preso in mano Le cosmicomiche chiedendomi se
sarebbe stata la volta buona o se non l’avrei iniziato e messo da
parte come tutte le altre volte e, sorpresa, mi sono innamorata di
Calvino ancora una volta.
Aiuta certo il fatto che
ultimamente abbia
iniziato a interessarmi all’astronomia e all’astrofisica – pur
senza avere le competenze per capirne granché, mi piace leggerne e
ascoltarne le descrizioni puntigliose che fa Adrian sul suo canale di divulgazione; per lavorare a un articolo mi sono fatta consigliare
qualche fonte aggiuntiva e ho scoperto Centauri Dreams, un portale
dedicato all’esplorazione spaziale e alla terraformazione, da
brividi. È un interesse nuovo e giovane, iniziato dalla lettura di La malinconia del mammut di Massimo Sandal, che inizia raccontando la genesi del nostro pianeta e tutte le estinzioni cui è andato incontro per dedicarsi a quella in cui ci
troviamo in mezzo in quel dell’Antropocene – la sesta.
Anche
Calvino si dimostra appassionato della storia del mondo – di tutta
la storia del mondo, quella prima della storia. Le cosmicomiche è
una raccolta di racconti narrati tutti da una stessa voce, quella di
Qfwfq,
che era presente ed esisteva, pur nell’assenza di significati
concreti, fin dalla genesi dell’universo, insieme
a una serie di entità altre tutte portatrici di nomi impronunciabili
e in qualche caso di precisi legami di parentela.
Era un punto in mezzo al nulla, un punto in cui confluivano tutte le
entità esistenti, e racconta come fosse esistere senza saperlo, ci
trascina nel paradosso di una vita che precede l’universo, enumera
i cambiamenti delle galassie ricamandoci sopra storie profonde e
piene, piene, piene di inventiva e immaginazione. Modello Calvino al
suo meglio.
Ogni racconto è preceduto da
un brevissimo enunciato scientifico; il
primo riferisce dell’influenza delle maree sulla distanza tra Luna
e Terra, e racconta di una gitarella verso il satellite grazie allo
sfruttamento dell’alta marea; un altro inizia spiegando gli effetti
deleteri delle radiazioni solari, di come bruciassero la Terra prima
che sviluppasse uno strato protettivo di atmosfera; un altro ancora
parla dell’universo prima dell’universo, quando tutto ciò che
esisteva era condensato in uno stesso punto; in un altro ancora Qfwfq
è incarnato come espressione di vita – nulla si crea, nulla si
distrugge e tutto cambia – come uno degli ultimi dinosauri, forse
l’ultimo rimasto in vita, e della sua mimetizzazione con una
comunità di nuove creature – rettili o già mammiferi? Non
ricordo, e non ne so abbastanza da avanzare ipotesi serie.
Spiegato in questo modo, può
dare l’idea di interessare solo a chi si entusiasma quando si parla
di radiazioni, nebulose, gravità. Ma è Calvino, e Calvino si vede
quando si diverte proprio. Nelle Cosmicomiche
gioca, crea personaggi improbabili e portatori di un vero sentire,
affila situazioni imbarazzanti e paradossali eppure incredibilmente
convincenti; gare di biglie con gli atomi, uno zio acquatico che
aborrisce alla discendenza anfibia che pure ne fa una macchietta, una
caduta in mezzo allo spazio nel segno di un triangolo amoroso,
questioni meravigliosamente semiotiche sulla creazione del segno e la
ricerca del significato.
Che meraviglia la testa di
Calvino. Che meraviglia poterla visitare di tanto in tanto attraverso
i suoi libri. È pura bellezza.