Cenere di Elisa Emiliani - Dopodomani è distopia


Tra tutti i libri di cui potrei parlare stamattina – e non sono pochi, sfioreranno la dozzina – alla fine ho deciso per Cenere di Elisa Emiliani, edito da Zona 42. La ragione principale, non proprio letteraria, è che mi sono svegliata con Ring of fire in testa. Cenere è pieno di musica, soprattutto Johnny Cash. La protagonista, Ash, ha ottimi gusti musicali, e si ispira al suo idolo pure per abitudini alcoliche. Ci sono anche ragioni politiche; Cenere è ambientato in Emilia Romagna, regione che si è appena sottratta come per miracolo agli intenti distopici della Lega, e mi pare dunque che siamo in tema – questa vuole essere una recensione, ma anche un sentito “suca, suca forte” alla politica del citofono. Ash apprezzerebbe – probabilmente condirebbe i festeggiamenti con acidi e bombe carta, a me viene sonno con mezza tachipirina quindi mi tocca ridimensionare il giubilo. Ho il doppio dei tuoi anni, Ash, mi sveglio col mal di schiena, mettiti nei miei panni.



La terza motivazione è quella più importante, quella che merita un po' di rispetto. Oggi è la giornata della memoria, e questo è un romanzo guidato dalla memoria. Sia nell'assenza – ambientato in un'Italia distopica e corporativista, nessuno ci racconta come si sia arrivati a quel punto, il grande interrogativo mai risolto accompagna tutta la narrazione – che nella ricerca di Ash e delle sue amiche. Cercano una biblioteca, cercano la storia. Non è una strumentale ricerca di risposte, e neanche una guida – non si lasciano portare dalla logica, che le vorrebbe piuttosto prone e arrese al presente – ma qualcosa di profondo e importante, un legame personale con quello che è stato e che, si immaginano, dovrebbe legare insieme la massa inconoscibile che è tutti. Ash e le altre si muovono nel campo degli ideali, quello dei “perché” a cui puoi rispondere solo allargando le braccia e soffiando fuori che “è giusto così”. Anche se nella pratica sembra davvero una pessima idea, perché rischia di finire malissimo.

Cenere è, prima di tutto, una distopia. Ambientata in un futuro che ci distanzia di pochi decenni, in cui la tecnologia è più avanzata ma perfettamente immaginabile. Lo scenario è quello della provincia romagnola, campi secchi e disabitati, scuole dai programmi scricchiolanti e prone al potere, delazioni e sparizioni improvvise. Il romanzo inizia con un funerale abusivo, quello della Gramigna, una donna che si è impiccata a un albero nel cortile di Ash. Ash ha sedici anni, orfana di madre, vive col padre a cui vuole un sacco bene e di cui è parecchio gelosa – il padre, Tommaso, è un bell'uomo e ogni tanto ha qualche storiella, niente di importante che possa intralciare il ricordo della famiglia spezzata, ma Ash non è un personaggio dal pensiero coerente e l'emotività stabile. Basterebbe il fatto che è adolescente, ci si mettono gli alcolici – il fortissimo ammazza-bionde – e gli acidi che distilla lei stessa per rivenderli a scuola e di cui è un'entusiasta consumatrice.



Ash ha due amiche, Reba e Anna. Di Anna è innamorata persa, ma Anna non lo sa e Ash non ha la minima intenzione di dirglielo. Hanno trovato per caso delle epistole politiche, materiale vietato, firmate dalla vecchia bibliotecaria – siamo in una distopia, le biblioteche hanno fatto una brutta fine. Vogliono trovare il resto dei testi, il resto della biblioteca e digitalizzarla, rendere tutto quel sapere disponibile. Stanno creando – con un sacco di fatica e rasentando l'orlo dell'eliminazione – uno spazio virtuale protetto dai poteri corporativisti, aperto a chiunque voglia farne parte e discutere di possibilità eversive. Fanno incontri fortuiti, assistono a orrori di stato, Ash conosce l'orrore in abiti da poliziotto. La storia va avanti, concitata, raccontata da Ash stessa, nelle sue frasi brevi e spezzate, a volte patetiche, con un sapore rancido di diari delle superiori – a riaprire il mio, troverei la stessa disperazione, quel teenage angst che ha fatto la meritata fortuna del grunge. A volte Ash esagera e stomaca, lo ammetto. D'altronde è così sfortunata che potrebbe attirare tre fulmini con un'unica tempesta, quindi non mi sento di giudicarla troppo severamente.

Il governo è un'ombra costante eppure evanescente, in questo romanzo. Non si ha chiaro chi ci sia al potere, se si possa ancora parlare di un potere statale, come stia il mondo fuori dall'Italia. Si parla di corporativismo, quindi sappiamo che a una certa il lobbismo si è trasformato in potere centrale, con controllo sulle forze dell'ordine, sull'educazione, su tutto. La Chiesa è perseguita, in quanto potere alternativo – Padre Giulio, che ha officiato il funerale abusivo della Gramigna, non se l'è passata bene. Ma non abbiamo nomi o facce da riconoscere come nemici. Il nemico è il potere guidato dall'interesse economico. Un nemico vecchio come il mondo – e guardiamoci in faccia, è sempre lì.

Se c'è un aspetto che non ho del tutto gradito di Cenere, sono i flashback immaginati da Ash riguardo alla biblioteca e alla bibliotecaria. È una ragazzina in cerca di verità spesso strafatta, e quello che immagina a volte sfiora la soap opera autoconsolatoria. In certe scene avrei voluto scuoterla e dirle che “Ash, sei meglio di così”. Probabilmente avrebbe avuto una crisi di panico – le crisi, quelle sono descritte bene, soprattutto nella totale incapacità di comunicarle di Ash.
Cara Ash, tu e le tue paturnie, mi tocca volerti bene.

Cenere lascia sulla bocca un sapore di bruciato e legna vecchia, racconta di un'Italia grigia e fredda, gli unici punti di colore sono i momenti felici di Ash e delle amiche. L'unico ambiente che abbia un po' di calore – me lo immagino rischiarato da una luce calda di fuoco – è il garage di Ash, tra distillazioni illegali e programmazione abusiva. Perdite, sacrifici.
Ricordiamo che giorno è oggi, che giorno è stato ieri – che mondo sarà domani.