Lo so che sono in netta minoranza, ma twitter rimane il
mio social preferito; è netto, meno personale, facile alla
discussione e al disinnesco del flame. Immediato farsi un'idea di chi
seguire e non seguire, pochi minuti di scorrimento per trovare
articoli interessanti, proposte letterarie che attirano, citazioni
complete di autore e copertina fiammante. Pochi caratteri a
disposizione, c'è da sceglierli bene.
Nel cuore della notte di Marco Rossari l'ho scoperto
così; neanche con una pistola alla tempia saprei riprodurre financo
la vaga impressione della frase che me l'ha presentato, né
ipotizzare chi ne abbia deposto la prosa ai miei occhi. Vai a sapere.
Però l'input è rimasto, flebile ma guardingo, e quando me lo sono
trovato davanti in biblioteca, in bella mostra tra le novità,
accaparrarmelo è stato un attimo.
Marco Rossari è nato nel '73, ha tradotto una mole
ragguardevole di autori rispettabili – e mi chiedo, la traduzione
l'ha guidato nella scoperta del suo stile, nell'innesco e nel
disinnesco dei fattori narrativi, oppure si è trovato a dover
difendere la propria firma dagli attacchi dell'altrui ispirazione? -
tra cui Charles Dickens, Hunter S. Thompson, John Niven, Gertrude
Stein; ha pubblicato diversi romanzi per add e e/o, e ad aprile 2018
ha fatto uscire col romanzo di cui mi accingo a chiacchierare.
Sapevo prima di iniziarlo che non mi avrebbe sottratto
troppo tempo; una giornata e poche ore e l'avevo bello che finito. Lo sapevo dalla citazione, che era un libro di quelli. Ora però
tocca parlarne con un senno di poi un minimo coerente. Lo stesso
senno di poi del protagonista, incastonato in una cornice che gli
dona rispetto e ne racconta la fine.
Il protagonista è un personaggio misterioso in cui
incappano un narratore e la sua ragazza – la quale, a ben vedere,
dorme per quasi tutto il tempo del racconto – durante un viaggio in
una qualche zona sperduta del cosiddetto “terzo mondo”. Su un
autobus che dovrebbe condurli insieme ad altri turisti ad assistere
alla meraviglia di un'alba sulle pendici di un vulcano, un giovane
borghese sta spendendo il suo regalo di laurea, seduto vicino a un
tizio maleodorante, di mezza età, con una voglia troppo evidente
sull'occhio e una tintinnante scorta di birre sotto il sedile.
L'incorniciatore borghese ha l'impressione di averlo già visto, è
un volto conosciuto, ma non riesce a ricollocarlo. Ci riesce, poi,
aiutato dallo sconosciuto stesso, che inizia a raccontarsi.
Racconta brevemente del suo passato di adolescente
arrabbiatissimo, intrappolato nella gabbia borghese della ricchezza
genitoriale; racconta dell'incontro con Anna – sempre
adolescenziale – e della loro crescita insieme – adolescenziale
fino a un certo punto. È una storia d'amore, di poesia, che si fa ad
un certo punto attuale e pertinente alla nostra realtà con un cambio
di marcia improvviso, quasi fastidioso; un attimo prima il poeta ci
parla del suo lavoro in libreria, di Anna, delle sue ossessioni, dei
passi falsi che si rimpiangono una vita intera, e poi siamo nel mondo
vero, il nostro, solo coi nomi cambiati, e sembra quasi che non sia
giusto.
Però è giusto, ed è giusto che il mondo della
narrativa si confronti con quello che si trova all'infuori di queste
parole, all'infuori della finestra che voi non vedete, ma che fa
entrare un po' di luce. È giusto anche se è una sensazione strana,
anche se si stava bene accoccolati tra le pagine di un libro scritto
da qualcuno che reputa le lettere davvero importanti – Rossari, il
corniciao-narratore, il poeta-protagonista.
Ecco, un aspetto che avrei dovuto trattare prima è la
poesia; Nel cuore della notte ha un merito importantissimo, per me, e
penso che per questa cosa sarò sempre un po' grata a Rossari. Il
poeta mi ha riavvicinata alla poesia; ho sempre temuto di cadere nel
cliché della fanciulla che parla per enigmi e che passa le serate
accarezzando un po' il gatto e un po' un volume logoro dei versi di
Bukowski, o ancora peggio il fantasma della mia professoressa di
lettere del liceo, che spiegava gli stilnovisti con la bava alla
bocca, innamorata persa di Cavalcanti che, cito testualmente “era
bello, ricco e intelligente: ce le aveva tutte”.
Finito di leggere Nel cuore della notte sono
andata in biblioteca, e poi a sbirciare tra gli scaffali della mia
fidata coinquilina, che riesce laddove il sistema bibliotecario
nazionale fallisce. E le mie ricerche hanno dato dei frutti, e
intendono continuare, e farsi spazio pure qui, in quest'angolo di
blog. Sapevatelo.
(dio quanto spero di non trasfigurarmi in una fanciulla
misteriosa ammantata di versi ed enigmi che scruta la luna in cerca
di risposte a domande banalissime di cui saprebbe recitare mille
risposte).
Dunque, troviamo una chiusa; Nel cuore della notte è un
romanzo che parla d'amore, di coppia, di poesia, di perdite e un po'
pure del mondo esterno e attuale. Ne ho adorato l'onestà
stilistica, la bellezza della prosa che non teme di manifestarsi.
Leggendolo mi è venuto da pensare che un romanzo è bello quando un
autore non ha paura di scrivere quello che vuole scrivere. Per me che
rifletto su che tono dare a un “ciao”, si tratta di
un'invidiabile forma di coraggio.