Ogni tanto faccio cenno a quelli che intendo come “libri
del buonumore”, che non devono essere leggeri e leggiadri per
forza, né particolarmente semplici di stile e tematica. Libri che invece di prenderti per le spalle e scuoterti
molleggiandoti il cervello, ti si accostano appena e ti invitano a
prepararti una tisana, a metterti comodo e a rilassarti un po', che
sarà una piacevolissima passeggiata. Non so come mai i romanzi della
casa editrice Astoria rientrino tanto spesso nella categoria, ma
quando ho bisogno di una tregua dalle infamie della vita, di solito
cerco tra gli scaffali quel rosso inconfondibile.
Il club del libro e della torta di bucce di patata di
Guernsey di Mary Ann Shaffer e Annie Barrows, dunque, tradotto da
Giovanna Scocchera ed Eleonora Rinaldi, e da cui nel 2018 è stato
tratto l'omonimo film di Mike Newell.
Si tratta di un romanzo epistolare, interamente
epistolare, in cui compaiono moltissimi personaggi e accadono tante
piccole cose. Accadono – più che altro sono accadute – anche
cose grandi. Il romanzo ha inizio nel 1946, nella Londra del
dopoguerra, dalla breve e simpatica lettera che la protagonista
Juliet scrive all'amico e editore Sidney. Juliet ha tenuto per anni
una rubrica mondana con lo pseudonimo di Izzy Bickerstaff, e dai suoi
articoli è stato tratto un libro che ha riscosso parecchio successo,
Izzy Bickerstaff va in guerra. Ora sta cercando idee per un
nuovo romanzo, e intanto presenta il proprio esordio nelle librerie
di tutta l'Inghilterra, litiga con un giornalista che cerca di fare
del suo passato uno scandalo, aiuta uno sconosciuto a rintracciare
l'opera omnia di un romanziere, ed è grazie a questo sconosciuto –
Dawsey Adams – che si avvicinerà alla bizzarra genesi del club del
libro di Guernsey, un'isola affacciata sul canale della Manica che ha
subito pesantemente l'occupazione tedesca. Juliet non visita soltanto
la Guernsey del presente, ma anche e soprattutto quella del passato.
Il club di cui anticipa il titolo è stata la subitanea trovata che
ha risparmiato a una manciata di isolani le pesanti ripercussioni
degli occupanti nazisti per aver trasgredito al coprifuoco, – e non
solo, ma questo non ha importanza. Sta di fatto che da una piccola
casualità è sorta una comunità vera, ed è a questa che Juliet
vuole ispirarsi. Inizia una fitta corrispondenza con vari membri del
club, e non contenta decide di andarli a trovare, anzi, di andare a
trovare l'intera Guernsey in cerca di informazioni e ispirazione.
Troverà cose terribili – la Storia la conosciamo – e meraviglie inaspettate.
Quello che conta, qui, sono i legami che intercorrono tra le persone,
anche con quelle che hanno cessato di esistere.
Si potrebbe definire una commedia per i suoi toni, per
l'allegria di cui sono intrisi i personaggi, per tutta la speranza
che straborda luminosa dalle pagine; ma sono raccontati orrori così
grandi che definirla commedia ha un sapore di polvere e cenere.
Vorrei giusto accennare a un aspetto che ho gradito
molto; l'accettazione dell'esistenza di tedeschi chiamati a una
crudeltà estrema, e che tuttavia crudeli non erano. Voglio dire, non
basta non volere il male per essere innocenti, quello che facciamo ci
resta addosso, non lo si può cancellare. Ma chiamare mostro ciò che
è umano è un errore da principianti della natura umana.
Non che io sia questa grande esperta, ma ci sto
lavorando. E i libri aiutano.