La storia di Henry Esmond di William M. Thackeray

William Makepeace Thackeray è nato a Calcutta nel 1811, ha studiato a Cambridge ed è morto a Londra nel 1863. Rivale letterario del contemporaneo Dickens, è famoso soprattutto per aver scritto La fiera delle vanità (1846-1848)e Le memorie di Barry Lyndon (1844), da cui Stanley Kubrick trarrà l'omonima pellicola nel 1975. In Italia purtroppo non è arrivato moltissimo dell'opera thackeriana; devo dirmi insieme delusa e stupita di tutti i titoli elencati sulla fedele pagina di wikipedia, a nessuno viene in mente di rimediare? Spero che la Fazi (che peraltro mi ha mandato il romanzo, con mia somma gioia) continuerà nell'opera di riscoperta e traduzione dei classici perduti tra le maglie della letteratura vittoriana.
La storia di Henry Esmond risale al 1852, è stato portato in Italia da Treves nel 1911 nella traduzione di Assunta Kerbaker ed è stato notevolmente incensato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l'autore del Gattopardo, che ancora devo leggere, anche se mi è stato consigliato spesso e caldamente. Purtroppo il titolo non suscita quell'interesse centennale che possono vantare i già citati Barry Lyndon e La fiera delle vanità, e cade più o meno nel dimenticatoio finché nel novembre del 2018 la Fazi non lo ripropone in edizione integrale, tradotto da Marinella Magrì.
La trama del romanzo è complessa, ingarbugliata intorno alla storia d'Inghilterra, alle vicissitudini di una corona dibattuta e di intrighi nascosti. Raccontata in terza persona dallo stesso Henry, che talvolta passa alla prima in considerazioni postume, in forma di memoir, si incastra tra la fine del '600 e l'inizio del '700, durante il regno della Regina Anna e il passaggio della corona dalla casata degli Stuart e quella degli Hannover. La questione politica è assai presente nel romanzo, ed è evidente la posizione di Thackeray, fortemente critica nei confronti della famiglia Esmond, i cui membri premeranno per la legittimità della pretesa al trono del fratello di Anna, Giacomo.
Henry nasce nel 1678 e non ha idea di chi siano i suoi genitori quando, a dodici anni, viene accolto dal Visconte di Esmond, Francis, e da sua moglie Rachel. I due hanno due figli, la piccola Beatrix e l'ancor più piccolo Frank. Henry rimane immediatamente incantato in una fascinazione indissolubile per Rachel, cui decide di dedicarsi come servo e cavaliere, chiamandola da allora innanzi la mia Signora. Parlerà della relazione difficile tra il Visconte e la moglie, dell'educazione cattolica del precettore, della posizione della famiglia. Andrà a studiare a Cambridge, diventerà un ragazzo, e la sua vita subirà una piega estrema quando rimarrà invischiato in un duello che vedrà la morte del Visconte. Tornerà in seno alla famiglia Esmond soltanto anni dopo, per scoprire che Beatrix è cresciuta e si è trasformata in una splendida ragazza di cui rimarrà a lungo invaghito.
E così via, sullo sfondo dell'Inghilterra dell'epoca e della Londra letteraria – dopo aver prestato servizio militare, Henry tenterà la strada delle lettere – con riferimenti ad autori realmente esistiti, come Richard Steele e Joseph Addison. Il fatto storico in questo romanzo è preminente, talvolta fino all'eccesso. E tuttavia l'elemento più interessante è piuttosto la prospettiva di Thackeray sui propri personaggi e sull'umanità in generale. Come avevo già notato in La fiera delle vanità, a Thackeray piace creare personaggi complessi, piagati da imperfezioni di anima e di carattere che danneggiano loro stessi e quelli che hanno attorno. Esmond compie numerosi passi falsi, accecato dalle proprie passioni, il Visconte cedeva debolmente ai propri vizi senza, Beatrix è una creatura fiera, la più aspramente raccontata dall'autore, Frank è fatuo e la stessa Rachel, emblema della donna angelo, non è affatto immune dai difetti e dalle critiche. Orgogliosa, spesso al punto di trarsi in inganno, severa e spesso ingiusta, la sua figura si contrappone per buona parte della storia a quella di Beatrix, anima tormentata dall'ambizione, eppure straordinariamente onesta sulla natura dei propri intenti.
È un romanzo complesso, ricco di storie e personaggi – questa edizione riunisce i tre volumi in cui era stato pensato – e più impegnativo di La fiera delle vanità per via del contesto storico accuratamente rappresentato, – anche se non so fino a che punto la ricostruzione sia fedele. Come dicevo all'inizio, c'è ancora un po' di Thackeray da scoprire, e spero di avere la possibilità di farlo presto.