Colazione da Tiffany di Truman Capote

Quando mi approccio a un autore da cui mi aspetto molto, lo faccio con un mio metodo. Di rado inizio dal capolavoro, preferisco affidarmi alla seconda-terza pubblicazione, a opere ritenute meno significative. Per dire, Bradbury me lo sono presentato con Il popolo dell'autunno e Philip K. Dick con Radio libera Albemuth. In compenso non ho ancora letto né Fahrenheit 451La svastica sul sole.
E quando si è trattato di avere a che fare con Truman Capote, dagli scaffali della biblioteca avevo scelto, neanche troppo tempo fa, Incontro d'estate, che ho adorato e di cui ho fatto quattro chiacchiere qui.
Colazione da Tiffany mi ha fatto compagnia tutta la mattina, passata tra treni e stazioni – grazie per il ritardo, Trenitalia, eh. A buon rendere.
Difficile dire quale dei due romanzi io abbia apprezzato di più. Capote scrive queste meravigliose istantanee sovraesposte, ti cala addosso un misto di malinconia insopportabile e amore per la vita, una roba straziante.
Colazione da Tiffany lo conosciamo tutti, no?, anche grazie al film con Audrey Hepburn. Ci sono Holly, una bellissima ragazza che fa... cosa? L'accompagnatrice? La donna di compagnia? Pratica una forma molto libera e puntigliosa di prostituzione? Ad ogni modo, Holly abita nell'appartamento che sta sotto lo stanzino del narratore, uno scrittore che sta cercando la sua strada nel mondo, diciamo, e spedisce racconti alle riviste; la loro amicizia, i sentimenti di lui sono solo questione di tempo.
Non credevo che mi sarei innamorata un po' di Holly; non ho mai granché sopportato quella figura di flapper girl della letteratura americana di inizio '900 tanto cara a Fizgerald. Daisy per me può annegare nella lava, - nulla da dire su Il grande Gatsby, ho adorato il romanzo e sono certa che Fitzgerald abbia scritto esattamente ciò che voleva scrivere. Tuttavia, le figure simili a Daisy non mi hanno mai detto granché. Molto bamboline, molto comprese nel loro ruolo, molto luccicanti e niente di più. Pensavo che in Holly avrei trovato una figura del genere, e invece eccola lì, una figura piena di fascino perché non è sul fascino che punta, che vive con forzata leggerezza, piena di una benedizione che la sconvolge. Ostinata, forte come un cristallo che si rivela fragilissimo al primo scossone. Caparbia, profonda abbastanza da capire la dignità del mediocre, indipendente, impulsiva.
Il fascino di questo romanzo, credo, è tutto qui. È in Holly, nelle sue parole piene di una saggezza cruda e spietata. Il narratore è secondario, e a pensarci bene fa quasi male, la sua parte nella storia, di cronista privo di una reale influenza sul corso degli eventi.
Va da sé, Colazione da Tiffany è considerato il capolavoro di Capote, e io l'ho adorato profondamente. Un po' meno la coppia seduta accanto a me sul regionale, che potrei aver messo a disagio piangendo apertamente sul finale, - oh, ma Holly ha un'eloquenza, e dice di quelle cose che ahia.