Capita che
certi libri ti piombino in mano esattamente nel momento in cui ne hai
più bisogno. Manco fossero senzienti, manco avessero il potere di
predire quando ti saranno più utili. L'avessi iniziato prima, forse
le pagine sarebbero diventate bianche. Non lo so. So solo che questo
libro è stato un conforto e un rifugio dannatamente adeguato.
Grazie, Lucy
Maud Montgomery. A buon rendere.
Dunque,
Il castello blu scritto dalla già citata Lucy Maud a partire dal
1924, anni dopo il ben più famoso Anna dai capelli rossi.
Edito da Jo March – e chi sennò? – nel 2017 nella
traduzione di Elisabetta Parri.
Il romanzo
inizia col risveglio di Valancy; è il giorno del suo ventinovesimo
compleanno e lei, raggomitolata a letto nella sua stanza gelida,
realizza che non si è goduta un solo giorno di tutti quelli che
l'hanno preceduto. La sua vita è un placido inferno scandito dalle
battute e dai rimbrotti degli zii per il suo zitellaggio, dagli
ordini della madre, dalla noia, dal ricamo forzato. Di suo, Valancy
non ha nulla. Qualsiasi svago le è proibito, perché è il concetto
stesso di svago ad essere malvisto dalla sua famiglia, il temibile
clan Stirling. La sua unica gioia è il suo castello blu, un parto
della sua fantasia in cui trova rifugio la notte, nei propri sogni.
La sua sola gioia, saggiamente celata al resto del mondo –
soprattutto alla sua famiglia.
Valancy
soffre da tempo di dolori al petto, e quella mattina sono
particolarmente forti. In uno scatto di ribellione – parola
totalmente assente dal suo vocabolario – decide di consultare un
vero medico, e non quello da cui è solito recarsi ogni membo del
clan.
E scopre
così di avere un anno di vita. Angina pectoris in forma molto
grave.
Ed è la
cosa migliore che le sia mai capitata. Non avendo mai vissuto,
Valancy decide di trarre il meglio da quell'anno, di rifarsi per una
vita di testa china e silenzio composto. Dice tutto quello che vuole
dire, fa quello che vuole fare. Essenzialmente il romanzo prende una
piega molto alla Breaking Bad; di fronte alla prospettiva di
una morte improvvisa, Valancy non ha più motivo di temere il futuro
e le conseguenze delle proprie azioni. È libera.
E passeggia
tranquilla in mezzo alle urla disperate della famiglia, terrorizzata
dallo scandalo. Con la nuova libertà fa giustamente quello che
vuole. E ci mancherebbe.
Ammetto che
all'inizio Valancy non mi piaceva. La Valancy-pre-angina, dico. La
trovavo sciapa, debole, inconsistente, proprio come la vedeva
chiunque altro. Continuavo a ripetermi che non era colpa sua, in un
contesto famigliare del genere, chiunque crescerebbe silenzioso e
insapore. Eppure non riusciva ad andarmi giù, diamine.
Che altro?
Qualunque amante dei classici anglofoni ha da leggerlo, punto. Non
c'è storia. L'unico appunto è che la traduzione qua e là risulta
un po' problematica; secondo la mia modestissima opinione, in certi
punti si è un po' ecceduto nel volerla mantenere troppo aderente
all'opera fonte, ecco.
(rimango
dell'opinione che sia una piccola meraviglia, specie se capita al
momento giusto).