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Ci
sono libri che non vanno neanche avvicinati quando si dovrebbe
studiare. Mai. Sono pericolosi. Ti mangiano il tempo che manco... ad
ogni modo.
Gilgi
è uno dei libri cui mi sono abbarbicata all'ultimo Salone del Libro;
credo che L'orma sia l'editore cui ho trafugato più meraviglie,
nello specifico La petite e Martin il romanziere. Peraltro tre delle
mie letture preferite dell'anno.
Me
l'aspettavo diversa, però, questa Gilgi. Il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1931, è ambientato
tra la fine degli anni '20 e l'inizio degli anni '30 in Germania –
si denota qualche vago segnale di nazismo, ma nulla di più – e mi
veniva da immaginare una flapper girl in versione teutonica,
una donzella leggiadra che calpesta la vita con ironia e risate
sgargianti, sputata da un romanzo di Francis Scott Fitzgerald.
E
invece no. Gilgi è felice, è leggera, sorride; ma è teutonica
forte, stacanovista, non riesce a stare ferma. Ha aspettative
altissime per se stessa, vive di organizzazione e fatica. Non che sia
insensibile, fredda o sbrigativa per quanto riguarda le faccende
personali, anzi. Gilgi è anche dolce e comprensiva, capace di
affetti profondissimi. E si mette in dubbio, e si sente in colpa
quando capisce di non provare un giusto grado di affetto nei
confronti dei genitori.
È
un personaggio complesso, Gilgi, meravigliosamente complesso, e ben
lungi dallo stare immobile.
Almeno,
questo nella prima parte del romanzo; quella che ho dipinto è la
Gilgi come è sempre stata fin dalla nascita. Poi giunge Martin
Bruck, un po' romanziere, un po' spiantato, con un gusto per la vita
e una scarsissima attenzione ai soldi che lo rendono molto più
flapper girl della stessa Gilgi.
E
il romanzo cambia; cambiano i toni, cambia l'atmosfera, si avverte
salire un grattare di fondo che dapprima ammorbidisce e poi disturba.
Perché Gilgi cambia, Gilgi si perde e non riesce più a trovarsi.
Quel che è peggio, se ne rende perfettamente conto, e non riesce a
darsi pace. Martin diventa ossessione, acqua e aria. La sua sola
esistenza basta a privarla di rigore e concentrazione; il lato
distruttivo dell'amore, mi verrebbe da dire. Un entusiasmo iniziale
di intensità inusitata, che non accenna mai a diminuire. Quel tipo
di rapporti che bastano a se stessi, e che sono per questo
devastanti.
Nel
mentre, a Gilgi accade anche altro; anzi, accade molto. La situazione
lavorativa, la situazione famigliare, i rapporti con gli amici Pit e
Olga. È un romanzo enorme, scritto come se non fosse nulla, tutto in
poco più di 200 pagine.
E
io l'ho adorato, per il punto cui l'autrice ha lasciato arrivare un
personaggio adorabile come Gilgi. Mi chiedo da dove Irmgard abbia
preso la sua ispirazione, mi chiedo come si sia sentita nel far
sprofondare Gilgi. Avrei un sacco di domande per Irmgard – che però
sarebbe morta nel 1982. Oh, rabbia.
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