Amori
e disamori di Nathaniel P., di Adelle Waldman, pubblicato da Einaudi
nella traduzione di Vincenzo Latronico, è un libro con un titolo
vagamente ingannevole e una copertina troppo luminosa. Non l'avrei
preso in considerazione, non fosse stato per la casa editrice e per
le opinioni entusiastiche che mi erano arrivate. Me lo sono trovato
davanti in biblioteca quando non avevo altro da leggere, l'ho
iniziato e... beh, onestamente ho pensato di metterlo da parte a
poche decine di pagine dall'inizio. Mi sono pure andata a pescare
altro – nel caso specifico, Piccole donne – perché sentivo che
non mi stava prendendo affatto. Solo che ci sono stati ben due utenti
della biblioteca – una ragazza venuta a prendere un libro che avevo
adorato e che ha accennato con affetto all'opera della Alcott, un
ragazzo venuto a restituire un Palahniuk, mi sembra – che hanno
riconosciuto la copertina e mi hanno detto quanto fosse loro
piaciuto; dunque sì, seppure dubbiosa sono andata avanti.
Dunque,
Amori e disamori di Nathaniel P. narra le vicende di Nate, questo
tizio circa trentenne-e-qualcosa che abita a New York, ha appena
ricevuto l'anticipo per il suo primo romanzo, lavoricchia nell'ambito
letterario-editoriale e ha una relazione. Inizia a uscire con Hannah
dopo averla incontrata a una cena organizzata da una ex, e mentre la
storia con Hannah va avanti veniamo delucidati pure sulle varie ex,
sugli amici di Nate, sulla sua adolescenza. Ci viene raccontato
perlopiù per come si rapporta ai sentimenti, alle donne, alle
relazioni. Del suo romanzo sappiamo poco, pure dei suoi gusti
letterari. Non è quello il focus del romanzo, è evidente. E detto
così può sembrare una specie di commedia romantica, una lettura
leggera necessaria tra un classico russo e un saggio sulla figura,
chessò, di Carlo Magno.
E
invece no. Io questo libro lo avevo totalmente frainteso, e sono
veramente grata ai due sconosciuti che mi hanno convinta a
proseguirne la lettura.
Premetto
che io preferisco non sapere mai nulla di ciò che andrò a leggere;
quando uno scrittore mette insieme una trama, nasconde delle svolte,
sorprese e inganni pure all'inizio. E di solito queste vengono presto
sbugiardate dalla quarta di copertina, dalle recensioni, dall'amico
che per consigliartelo deve pure dirti qualcosa sul vero motore del
romanzo. Ecco, io non lo voglio sapere. Voglio essere una tabula
rasa, e di Nathaniel P. non ho voluto cercare alcuna informazione. E
a me piace così, ho adorato leggerlo così, quindi mi viene da
consigliarvi di recuperarlo senza leggere innanzi. Tornate, magari, a
lettura terminata, così ne chiacchieriamo. Che io di prospettive e
ribaltamenti un po' devo pur parlarne.
Dunque
ignoravo il punto di vista, la prospettiva dell'autrice, la
distorsione progressiva nella visione del lettore. Ho iniziato la
lettura credendo a Nate, dando per scontato che la sua voce fosse
affidabile; voglio dire, non è il narratore, ma è suo il punto di
vista, perché non dovrei dargli retta? Oltretutto mi sembrava
oltremodo sincero, schietto, onesto. Si dava giudizi che mi parevano
perfino spietati, e mi pareva guardasse sì con trasparenza, ma anche
con indulgenza, ai difetti altrui. Chi non vuole vedere i difetti
delle persone a cui tiene, dopotutto, è per primo un disonesto, no?
Quando
ho iniziato a rendermi conto della vera natura di Nate ho iniziato a
sentire un disturbo sempre maggiore. Mi chiedevo se l'autrice fosse
del tutto consapevole del personaggio che stava dipingendo, se la sua
prospettiva fosse la stessa del protagonista, se lei fosse
consapevole della visione delle donne che aveva e che stava mettendo
nero su bianco.
Certo
che sì. E se all'inizio potevo dubitarlo, a metà lettura era chiaro
che io e la Waldman ci intendiamo perfettamente sulle persone come
Nate. Sprangate sulle gengive. Punto.
Mi
rendo conto di non aver detto granché della trama in sé, eppure non
so che altro dirne. Questo romanzo – breve, scorrevole, leggero
eppure vagamente disturbante – racconta di Nate. Che non è un
mostro, ma un vigliacco che sotto sotto ha paura di essere uno
stronzo. È una cortina che si alza lentamente sulla presunzione, su
una visione della donna che manco Trump.
Forse
non l'ho venduto granché bene. Ma mi è piaciuto un sacco, e
soprattutto ha saputo avvincermi e interessarmi. Non è poco,
diamine.