Confusione di Elizabeth Jane Howard

Ed è il momento di chiacchierare del terzo volume della serie dei Cazalet, il capolavoro – almeno credo, non ho ancora letto altro dell'autrice, ma questa saga familiare tocca un punto così alto che mi farebbe strano se ci fosse ancora da risalire – di Elizabeth Jane Howard, edito da Fazi. Sono già usciti, e ne ho ampiamente chiacchierato, Gli anni della leggerezza e Il tempo dell'attesa. Ne mancano due, e io mi chiedo cosa accadrà ai personaggi, e fino a che punto l'autrice vorrà farceli conoscere; chi di loro cadrà, chi resterà a galla. Ho le mie speranze un po' per tutti, non ci sono personaggi davvero odiosi. A parte uno, e quell'uno lo butterei sotto una pressa. Ma gli altri sono umani, meravigliosamente umani o colpevolmente umani.
Cosa si può dire che non rovini la lettura a coloro che ancora non si sono approcciati all'inizio della serie? Intanto siamo nel pieno della guerra; il romanzo ha inizio nel 1942 e termina nel 1945, appena dopo la fine del conflitto. Le tre ragazze – Polly, Clary e Louise – hanno un ruolo sempre più preminente all'interno del libro, e contrariamente a quanto mi aspettassi non lasciano molto spazio a personaggi che, immagino, diventeranno importanti in seguito – i fratellini e le sorelline minori, Lydia e Neville in primis. Peraltro, credo sia evidente la citazione Austeniana di Lydia, che in questo romanzo è sulla soglia dell'adolescenza e si fa sempre più frivola. Sono curiosa di vedere come l'autrice la farà evolvere.
Una cosa che adoro particolarmente di questa serie è la costruzione delle aspettative nel lettore; il fatto che Elizabeth Jane Howard non voglia stupirti per forza, inizia a suggerirti qualcosa, instilla nel lettore dapprima il dubbio e poi la certezza, ma lentamente, con calma. Non ha bisogno di grandi colpi di scena per avvincere. E poi quando questi colpi di scena ci sono, non so, fanno un altro effetto; i personaggi sono persone vere che vivono vite vere, e nelle vite vere non c'è spazio per i colpi di scena. Al massimo coincidenze e disgrazie.
Il contesto storico e sociale è raccontato con perizia e attenzione, ma rimane sempre sullo sfondo, mediato dalle giornate dei personaggi. Non ci sono lunghi capoversi in cui ci viene narrato dei bombardamenti, delle case convertite in ospedali, dei bambini mandati a vivere in campagna o del razionamento. Solo che i personaggi mangiano carne in scatola, usano tessere annonarie, fanno riferimento chiacchierando all'assenza di qualcuno.
Lo stacco tra la vita della generazione di quelli che ancora mi viene da percepire come i genitori – Villy, Sybil, Edward... - e quella delle ragazze è evidente. Da un lato vige ancora il formalismo, l'attenzione a costrutti sociali che gli anni '40 – e la guerra – hanno lasciato decadere. Per Louise, Polly e Clary gli anni '40 sono come altri anni ruggenti, solo un po' spostati in avanti. Feste, socievolezza, noncuranza.
E poi? E poi mi va di parlare di alcuni aspetti in particolare, quindi facciamo che ora metto un bell'avviso di SPOILER e avverto con un segnale altrettanto evidente quando il momento SPOILER sarà terminato.

Trovo meraviglioso e terribile il terremoto che si appresta a vivere il legame tra Polly e Clary per via di Archie. La loro amicizia è un sodalizio lungo e importante, forse il legame più bello presente in tutta la saga. Sono sorelle che si sono scelte, e questo vuol dire tanto. Ma quello che provano per Archie avrà delle conseguenze, e non è detto che saranno recuperabili.

Zoe. Zoe è un personaggio stupendo; e non è che non mi piacesse all'inizio, da splendida fanciulla dedita alla bellezza, che pareva uscita dalla penna dorata di Fitzgerald. Ma proprio il fatto che sia partita dalla più leggiadra frivolezza, dal mascara meravigliosamente sbavato per le lacrime e dalle labbra imbronciate, ecco, rende la sua evoluzione speciale. È il suo rimanere stupenda, guardarsi indietro senza farsi travolgere dalla vergogna, rivedersi e non riconoscersi, e volersi bene in qualche modo. Adoro Zoe.

Il colpo di scena finale, che effettivamente è un colpo di scena, del quale l'autrice ha tentato di avvisarci da due libri a questa parte. Mi chiedo a cosa porterà, me lo chiedo sinceramente. E non vedo l'ora di leggere i seguiti per saperlo, diamine.
Anche se so che farà malissimo.

FINE DELLA ZONA SPOILER!

Perdonatemi, ma certi punti volevo scriverli.
Alla fine non c'è molto da dire che io non abbia già detto lungamente chiacchierando delle scorse puntate: Elizabeth Jane Howard racconta i suoi personaggi in maniera eccelsa, con vero affetto e con compassione più che con condiscendenza. Sono deboli, sono umani, sbagliano e continuano a sbagliare, anche e soprattutto quando cercano di fare la cosa giusta. Il sacrificio è quasi sempre la mossa peggiore.
Finisci il libro e sospiri e speri che andrà tutto bene a quella massa enorme di personaggi cui hai iniziato a voler bene davvero, anche se sai che è impossibile, e che la felicità di alcuni sarà disgrazia per altri.
Cioè, auguri il meglio a tutti tranne a uno. Uno deve finire sotto la pressa, su quello non ci stanno dubbi.
No, aspetta, anche due. O tre.
Beh, non ha importanza. Leggete 'sta meraviglia.