Dunque
vediamo. Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati
di Davide Bacchilega, edito da Las Vegas – di cui
ulteriormente ringrazio Carlotta per avermelo passato durante il
Salone. Di questo libro avrei dovuto parlare un sacco di tempo fa,
perché è da un po' che l'ho finito. Eppure, non so, capita che mi
si accavallino letture e recensioni e che si formi una specie di
gorgo sul blog che mi porta a non capire nulla di successione
temporale e ordine di lettura. Mea culpa.
Dicevo,
di Davide Bacchilega avevo già letto – e adorato, nonché
recensito – I romagnoli ammazzano al mercoledì. In questa
nuova pubblicazione ho ritrovato molto di quel Bacchilega, ma anche
tanti cambiamenti. Il tono, prima di tutto, l'atmosfera. Mentre I
romagnoli vira verso il pulp ridanciano “de no'artri”, un po'
sangue, un po' battute e un po' tortellini, Più piccolo è il paese
si assesta sul noir, con pochi momenti di pausa in mezzo alle
tragiche vicissitudini dei personaggi. La differenza si nota, e non
poco, e non è che si possa definire un miglioramento o un
peggioramento. Dipende dai gusti personali del lettore; io ho una
particolare predilezione per il pulp, quindi ho preferito I
romagnoli, ma si tratta veramente di gusti. Che, come da proverbio,
non si discutono, quindi passiamo avanti.
Più
piccolo è il paese è un romanzo corale, con diversi protagonisti i
cui capitoli, scritti in prima persona con i dovuti aggiustamenti di
registro e di tono, si alternano con una curiosa tecnica di ripresa.
Al centro del romanzo abbiamo una donna assassinata, una prostituta.
Poi vengono le sue colleghe, che hanno ricevuto una lettera di
tremende minacce; poi il loro pappone, che in teoria dovrebbe
occuparsi di proteggerle. Più centrali, abbiamo un giornalista che
si occupa di cronaca nera, Michele, il cui vizio sta nella morbosità
con cui ricerca notizie da appiccicare alla bacheca dei suoi
articoli; poi c'è Mauro, tanatoprattore di un certo talento, almeno
a sentire lui, con qualche rotella fuori posto e sicuramente un
disturbo ossessivo-compulsivo; e poi Giorgia, una delle prostitute
minacciate, che soffre di prosopagnosia e non riesce a riconoscere i
volti; Barbara che per lavoro piange ai funerali; Ermes col suo cane
puzzolente, Arrigosacchi, e le sue improbe ambizioni politiche, e
Marta, con la vita spezzata che ha alle spalle, ed è un po' sua e un
po' no.
Si
tratta di una tipica intersezione tra giallo e noir, con le sue
indagini in una Romagna fredda e losca, con un Natale che non ha
nulla di allegro e sentito. Lo ammetto, la soluzione l'ho intuita
quasi subito. Non che fosse ovvia o palese, è l'eccesso di Sherlock
Holmes che mi frega sempre, praticamente mi ha rovinato un genere
letterario. Eppure allo stesso tempo mi chiedo se la motivazione non
fosse debole, o se non si tratti piuttosto di un legarsi e stringersi
di motivazioni diverse. Non lo so, pur trovandola la soluzione più
semplice – che come insegna il vecchio Holmes di norma è quella
esatta – mi ha lasciato una punta di dubbio.
Per
il resto, mi è piaciuto un sacco. Belli i personaggi e la loro
caratterizzazione, resa ottimamente l'atmosfera squallida e catramosa
della Romagna che sta sotto alla Romagna vacanziera.
Apprezzabilissime le mutazioni da un narratore all'altro, il modo in
cui i capitoli e i personaggi si legano tra loro. Va da sé che lo
consiglio, diamine.