Ieri
ho finito di leggere Benedizione
di Kent Haruf, tradotto da Fabio Cremonesi e edito da
NN editore. Gente ganza, giovane e indipendente, che consiglio
di tenere d'occhio. Ma, dicevo, il libro.
Avevo
iniziato a leggerlo una settimana fa, seduta sulla panchina dura di
un centro commerciale. E da quelle prime pagine sono uscita
tramortita, con l'umore ammaccato. Benedizione fa parte di quella
tipologia di romanzo americano che spesso rifuggo, perché è troppo.
Troppa realtà, troppo intensa, troppa vita. Senza sconti o
ammiccamenti bonari al lettore. Haruf è la progenie di Steinbeck, e
dalle sue pagine traspare la stessa America di McCarthy. Con meno
pistole e senza cannibali, ma ugualmente grigia.
Vediamo,
la trama. Benedizione racconta un breve periodo nelle vite di alcuni
abitanti di Holt, cittadina nella provincia americana del Colorado.
Prima di tutto c'è Dad Lewis, che sta morendo. È anziano, direttore
di un negozio di ferramenta. Vive insieme alla moglie Mary, che si
prende cura di lui. Sono una bella coppia, non di quelle allegre, ma
di quelle che parlano col silenzio. C'è la figlia Lorraine, che li
raggiunge quando Mary le comunica la nera diagnosi di Dad. E poi ci
sono le vicine di casa, l'anziana Bertha May che ha preso con sé la
nipotina Alice, una ragazzina silenziosa che ha appena perso la madre
per un tumore al seno. L'anziana Willa con la figlia Alene, una
professoressa. E infine il reverendo Lyle con la famiglia, la moglie
e un figlio, cacciati dalla congregazione di Denver perché Lyle ha
preso le difese di un pastore omosessuale. Benedizione è l'insieme
delle loro storie, le loro strade che si incrociano a Holt per
qualche settimana. Dad Lewis che va incontro alla morte con una
macchia nera di rimpianto nel cuore; Lyle che cerca di dare un senso
alla propria presenza a Holt, mentre il figlio adolescente non
vorrebbe fare altro che andarsene. Willa e Alene si stringono intorno
ad Alice, la giovanissima nipote di Bertha May, e sembra quasi che
vogliano trarre la vita dalla sua presenza, come se potessero
elemosinarne un po' da lei solo standole attorno.
È
un libro bellissimo. È curioso che, per quanto mi sia piaciuto, metà
del tempo che passo a parlarne vada via in lamentele sul senso di
sconforto che ti lascia dentro. È che non sono abituata a letture
del genere. Sortiscono su di me un effetto troppo potente, che è
difficile scacciare via. Ma è un libro stupendo, con una narrazione
che scorre – e so che qui sembrerò un incrocio tra Fabio Volo e
Marzullo ma non riesco a spiegarmi meglio – come le onde di un mare
calmo. Lenta, senza scossoni, ma ineluttabile.
Ed
è bello lo stile, essenziale e preciso. Sono belli i personaggi,
estremamente veri. E la storia, il modo in cui le cose vanno e
vengono raccontate, ecco, non posso dire che sia bella. Non perché
sia qualcosa di meno, ma perché... non lo so. È e basta.
A
libro chiuso mi è venuto da pensare a Port William, la comunità
raccontata da Wendell Berry di cui ho chiacchierato qui e qui. Berry
racconta di un'America che non somiglia affatto a quella di Haruf.
L'America di Berry può essere ugualmente anziana e abbandonata,
magari ignorante e povera, ma quasi sempre dignitosa, ma con
un'impagabile capacità di comprendere, accogliere, accettare.
Aiutare. Wendell Berry nei propri libri parla di calore umano, del
senso di comunità, del tutto che è qualcosa in più della somma
delle piccole parti. Sono libri che fanno stare bene, che ti fanno
quasi sentire al sicuro. E poi c'è stato questo libro di Kent Haruf,
in cui una comunità rimane distante, e la distanza la avverti
invalicabile anche tra le singole persone, perfino all'interno di una
stessa famiglia. Holt è una cittadina piccola, gretta, povera
dentro.
Però
non sono sicura dopotutto che la differenza sia tra le due comunità.
Può darsi che la differenza sia nel punto di vista. Il reverendo
Lyle, quello trasferito a Holt da Denver, è davvero una bella
persona, e soprattutto uno che “ci crede”, e magari Holt
risulterebbe migliore se fosse stato lui a raccontarla.
Non
lo so. Riflessioni mie, della cui sconclusionatezza chiedo venia.
Rimane
il fatto che Benedizione è stupendo. Punto.