Piccoli scorci di libri, ovvero recensioni assai brevi e poco impegnative #23

Ma sapete che oggi c'è proprio un bel sole? Di rado me ne felicito, sono ben più avvezza a climi rigidi da plaid, però oggi mi tocca d'andare al mare, quindi... E ho finito di leggere La casa sfitta, libro cui probabilmente dedicherò il prossimo post. Bello. Bella la storia, bizzarra la composizione a racconti, stupendo quello di Elizabeth Gaskell e bellissimo quello centrale di Dickens – è la prima volta che gradisco 'sì tanto qualcosa di suo – anche se non posso dire lo stesso per quello della Procter, che è una luuuunga poesia. La cui storia sarebbe anche bella, è un peccato che non ne abbia scritto un racconto vero e proprio... comunque!
Ora sto leggendo I tre moschettieri di Alexandre Dumas, un autore di cui finora non avevo mai letto nulla. Ed è così diverso, ma così diverso da quanto mi ero figurata... cioè, ma D'Artagnan è un giovane e vivace demente che continua a sfidare a duello chiunque. A parte il fatto che mi fa schiantare dal ridere, ma... ma... ma. Tra l'altro continuo a cantarmi la sigla di Cristina D'Avena mentre leggo...
Ma magari comincio a parlare dei due libri fulcro di questo post, che dite?

Volti nella folla di Valeria Luiselli – traduzione di Elisa Tramontin – La Nuova Frontiera, 2011

Avevo vagamente accennato a questo libro quando ho parlato dell'incontro con l'autrice che ha avuto luogo durante la Notte dei libri. O forse no, temo di aver parlato soltanto dell'altro libro, quello che andava a presentare. Volti nella folla è il suo secondo libro e il suo primo romanzo ed è... è strano. È una struttura stranissima, una matrioska che scopri essere un cerchio, un'impalcatura che si fa di lana e poi d'acqua. E una volta che l'ho finito mi ha lasciato con quest'acqua a sciabordarmi nella scatola cranica, non tanto a farmi domande, quanto a cullarmi nella sensazione di sottile realtà che mi aveva dato la lettura. È strano, davvero. Ma non in senso cattivo. Anzi. Anzi.
È la storia della scrittrice che scrive, ispirandosi a se stessa da giovane. E la storia di quella giovane donna che era o non era stata. Ed è la storia dello scrittore di cui la giovane scrittrice raccoglie informazioni, Gilberto Owen. Capitoli brevissimi, di cui non sempre si capisce immediatamente chi sia a scriverli. La vita di uno nella vita dell'altra nella vita dell'altra. O la vita di una nella vita di uno nella vita dell'altra... è un gioco di specchi e di ombre. Di fantasmi. Di passato.
Valeria Luiselli tra l'altro cita un sacco di scrittori e intellettuali di cui onestamente so poco e nulla. Di alcuni conosco solo il nome, di altri neanche concepivo l'esistenza. Non so, questo libro mi ha fatto anche chiedere com'è essere intelligenti. Cioè, leggere libri di Wittgenstein e capirli al volo.
Lo consiglio un sacco, ovviamente non come lettura d'evasione.

Alta definizione di Adam Wilson – traduzione di Lorenzo Bertolucci – Isbn Edizioni, 2013

E ora che mi sono decisa a parlarne, mi rendo conto di averlo prestato a mio padre. Ovviamente. Ma non mi farò scoraggiare, via, la trama non è così complicata da non poterne dire due parole comunque.
In un certo senso è un romanzo di formazione, credo. Ma con un personaggio più debole e spezzato del solito, Eli Schwartz. Il che me lo rende uno dei pochi romanzi di formazione che riesco a sopportare. Sapete che non riesco a sopportare Holden Caulfield? Il libro mi era piaciuto, ma il protagonista mi è sempre stato sull'anima. Uno che non sta bene finché non ha fatto preoccupare mezzo mondo, uno così concentrato su se stesso e sulle proprie paturnie che non s'interessa minimamente del dolore che può dare agli altri. Io Holden l'avrei formato a schicchere.
Eli no. Eli fa – nonostante tutto – tenerezza. Eli è quel tizio che si ferma, alza lo sguardo e si chiede stralunato 'E adesso?' e non sa come andare avanti. Insicuro, goffo, grasso, intelligente ma non abbastanza da trarne profitto, con un fratello di successo, che vive in una periferia americana piena di ricconi, con un qualche complesso nei confronti della madre, prigioniero di un non-rapporto col padre, deciso a non affrontare il problema del futuro. Finite le superiori tutti se ne vanno, tutti si trovano un lavoro, tranne lui. Lui resta intrappolato nella propria adolescenza, passa le giornate a guardare film, a rimuginare sul passato, a cucinare. Poi c'è l'incontro con Seymour Kahn, un anziano attore costretto in sedia a rotelle, un uomo senza alcuna barriera mentale, ironico, amareggiato, con cui Eli finisce per stringere una strana amicizia. Ora, un po' ovunque questo incontro viene indicato quasi come fulcro, come chiave del romanzo. A me non è parso tale, mi è sembrato uno dei vari rapporti importanti di Eli. Ma probabilmente sbaglio io.
Una cosa che ho adorato è il fatto che Adam Wilson non abbia mai perso di vista chi è davvero Eli. È un appassionato di cinema? Facciamolo pensare in termini di scene, di citazioni, di sceneggiature. I suoi film mentali sono perfetti.
E la copertina? Vogliamo parlare della perfettissima copertina, la cui versione italiana – e vorrei vedere, è Isbn – supera l'originale? Consiglio smodatamente. Punto.