Blog, blogger e politica

E dunque, vediamo. Negli ultimi giorni ho avuto un effimero sprazzo di vita sociale, che pur rifornendomi di carburante interazionale, mi ha orrendamente allontanata dallo studio per un paio di giorni. Il che implica la necessità di darmi ai libri di testo finché gli occhi non mi cadranno volontariamente dalle orbite. Il che implica la necessità di letture estremamente leggere e rilassanti e l'assoluto divieto ad ogni emozione cui non si possa affibbiare l'aggettivo 'leggero/a'. Il che ulteriormente implica che non passerò il solito tempo a rileggere e correggere questo post, che già ho i neuroni fumanti, quindi perdonate gli eventuali errori semantico-morfo-sintattici.
Però, anche se l'argomento di questo post non è dei più tranquilli, mi andava proprio di parlarne. Di fare due chiacchiere in proposito. Anche perché è assai probabile che molti di voi la pensino diversamente da me e diciamocelo, finora ho sempre adorato i momenti di confronto. Mi piace il fatto che chi followa questo blog non si faccia alcun problema nel notificarmi quando scrivo cavolate.
Quindi, blog e politica.
Tempo addietro ho letto un resoconto del Salone in cui si faceva cenno ad una frase detta da Christian Raimo durante l'incontro sull'ebook si eFFe, Book blog - Editoria e lavoro culturale. Questa frase è un inferno di link. Dicevo, nel corso del suo intervento, l'esimio Raimo ha esortato i blogger, tra le varie cose, a prendere posizioni politiche. O a schierarsi politicamente, non ricordo bene quale delle due fosse. Che sono anche abbastanza sinonimi ma vabé.
Ecco, nel resoconto che ho letto questa parte era raccontata assai negativamente, come se prendere posizioni politiche su un qualche tema fosse dannoso per il blog o fastidioso per i lettori. Ed effettivamente non c'è dubbio che per qualche lettore lo sarà anche, ma d'altronde... Ecco, specifico che la blogger cui si deve il suddetto resoconto è una di quelle che mi garbano e che mi spiace di non avere adeguatamente stalkerato al Salone. Il che sottolinea che, ehi, si fan due chiacchiere. E mi sento di sottolineare ulteriormente che 'Ehi' è stato pensato con tono da Fonzie.
Allora, finora ho appena intaccato il tema di questo post. Abilità di sintesi pari a zero, eh? Ecco, tanto per cominciare secondo la mia personale concezione, dietro ogni blog c'è un blogger. Il che è abbastanza ovvio. E questo blogger avrà pure delle idee politiche, no? Almeno, si spera. Ci sono anche libri di cui non è possibile parlare senza fare cenno alle proprie idee politiche. Non credo che avrei potuto parlare adeguatamente di Sinistri o di Benni o di Il cielo è dei potenti o di La banda degli invisibili premurandomi di tenere ben nascoste le mie attitudini sinistroidi. Oddio, magari volendo avrei anche potuto tentare... però perché? Se dietro un blog c'è una persona, perché nascondere una parte – per me – tanto importante di quella stessa persona? Quando leggo un blog io sono interessata anche alla persona che sta dietro alle recensioni. O almeno, a forza di leggere quello che ha da dire, alla fine mi interesso anche a tutto il resto. E poi i libri trattano – spesso – di questo mondo, anche da lontano. E in questo mondo, che si voglia o no, la politica è un fattore estremamente invasivo nelle nostre vite quotidiane.
Perché per me parlare di politica non è mettere uno sfondo nero o uno sfondo rosso, esortare al voto, denigrare fazioni o simili. Citando la mia esimia genitrice, 'politica è quello che ti ritrovi nel piatto il giorno dopo il voto'. Quello che potrai permetterti di comprare in base all'abbassamento/innalzamento delle tasse, ai tagli fatti all'istruzione, alla sanità, ai servizi pubblici in generale. È il prezzo del biglietto dell'autobus che dalle mie parti è salito al punto che preferisco starmene segregata in casa piuttosto che spendere tutti quei soldi in quaranta schifosi minuti su una corriera marcia. È il sistema giudiziario che funziona o non funziona, il carcere che trattiene chi costituisce un pericolo o lascia anzi scorrazzare libero e felice per le strade. O magari è quello spacciatore che s'impicca nelle docce. O il vecchietto che ti chiede qualcosa all'angolo della strada perché ha una pensione che è un insulto. O sei tu che ti devi preoccupare o meno di uscire in minigonna la sera. O che devi fare i conti col lavoro che non c'è, così come i servizi sociali, con le spese dell'assicurazione che salgono, cosicché si possano spendere 5,4 miliardi in fottutissimi armamenti. O coppie che non possono dirsi legalmente riconosciute perché le due parti sono dello stesso sesso. O la possibilità di abortire in un ospedale pubblico anziché in una clinica privata. O peggio ancora, sono i soldi che mancano nelle casse delle biblioteche.
il fatto che una parte di me abbia scritto quasi seriamente 'peggio ancora' riferito all'ultima frase lo trovo un tantinello inquietante. Ma soprassediamo.
Ora, non che io intenda sviscerare ognuna di queste questioni, ma se mi scappa un qualche 'porco boia' mentre vi faccio riferimento, la cosa non mi disturba.
Così come non mi disturba pensare che altri blogger abbiano parimenti le loro opinioni e le esprimano liberamente, che siano opposte o lievemente divergenti dalle mie. Anzi, a ciacolare con gente che la pensa diversamente c'è molto più gusto. Anche perché a forza di ripetersi soltanto 'cosa' si pensa si rischia di dimenticare 'perché' lo si pensa. La discussione tiene svegli i neuroni, no?
Tutta questa lunga pappardella per dire che, avendo io l'immagine di blog più vicina a quella di chiacchierata al bar piuttosto che a quella di pulpito, non vedo cosa ci sia di male o di fastidioso nel lasciare penetrare un po' di politica nella discussione. Siamo persone che dialogano, non è meglio spaziare un po'? E non è irritante quando qualcuno apre la bocca per poi non dire nulla, frenandosi come se temesse le altrui reazioni? Eccheddiamine, un po' di nerbo, suvvia!
Quindi, alla fine, finalmente vi chiedo cosa ne pensate in merito. Avete mai trovato i miei post fortemente politicizzati? E la cosa vi risulta fastidiosa?
Vorrei non dover scrivere queste ultime parole, ma temo mi tocchi.

'Torno a studiare'.