E infine, mi accingo a
scrivere l'ultima recensione per Halloween. Avrei voluto scriverne
altre, almeno una o due oltre a questa, ma ahimé, manca la materia
prima. La biblioteca è spoglia di horror e io non ho nessuna voglia
di prendere tra le mani libri men che meritevoli della mia
attenzione. L'opera di cui mi occuperò oggi, che non ha molto a che
vedere con l'horror se non per a sua peculiare ambientazione, è Il
figlio del cimitero di Neil Gaiman. Chi bazzica un po' da
queste parti avrà prima o poi notato quanto io adori Gaiman, quanto
idolatri la sua fantasia, quanto la sua immaginazione si sia
infiltrata come sangue più scuro nelle mie vene, infettandomi
definitivamente. Io adoro Gaiman. Eppure l'unica recensione che gli
ho dedicato finora era per l'unico suo libro che non mi è piaciuto.
Dovrò pur rimediare, no? E quale momento migliore di questo?
Il figlio del cimitero è
curiosamente una delle opere più criticate che Neil abbia mai
pubblicato. Ha dei difetti, questo è innegabile. Come un finale un
po' tirato via e un antagonista che meritava d'essere sfruttato molto
di più e che invece è rimasto inconsistente, poco più che
abbozzato. Ma questo forse dovrebbe scoraggiarvi dalla lettura?
Cavolo, no. Perché tutto il resto è meraviglioso.
Edito da Mondadori
nel 2009, illustrato da Dave McKean e –
splendidamente – tradotto da Giuseppe Iacobaci, il libro si
apre con l'omicidio della famiglia del giovanissimo protagonista. Un
uomo chiamato Jack, un 'professionista' misterioso con un coltello
tagliente tra le mani che si appresta a raggiungere l'unico membro
della famiglia rimasto, dopo averne assassinato i genitori e la
sorella maggiore. Ma il bambino è incredibilmente fortunato, perché
mentre il massacro si stava compiendo, era intento a vagare per la
casa e, trovando la porta aperta, era uscito ad esplorare il mondo e,
in un modo o nell'altro, era riuscito a intrufolarsi nel cimitero,
sfuggendo così alla lama di Jack.
È notte e i cancelli
sono chiusi con dei lucchetti. A trovarlo sono una coppia da lungo
tempo deceduta, i coniugi Owen. Vengono richiamati dalle tombe anche
altri fantasmi, tra cui Mother Massacre, Caius Pompeius, il baronetto
Josiah Worthington. Frattanto l'assassino è riuscito ad entrare nel
cimitero e vaga alla ricerca del bambino, col pugnale sguainato. Ma
uno sconosciuto cortese e pacatamente minaccioso lo distoglie dalla
ricerca del bambino sopravvissuto. Lo sconosciuto è Silas, di cui
faremo conoscenza poco più avanti. Un non-morto con la cittadinanza
onoraria del cimitero, che si farà carico insieme alla signora Owen
dell'educazione e del sostentamento del bambino. Lo chiameranno
Nobody Owen, perché non somiglia a nessuno tranne che a sé stesso.
E così parte la storia.
Subito, senza esitazioni. La vita di Nobody nel cimitero, gli
incontri, le scappatelle, la minaccia plumbea di Jack che col tempo
tornerà a incombere. Non capisco perché sia uno dei libri di Gaiman
meno amati, visto che è forse il mio preferito, insieme a Nessun
Dove. Il modo in cui dipinge la vita dei deceduti nel cimitero, il
capitolo intenso della Macabra Danza che vede i deceduti riunirsi ai
vivi per una notte soltanto, la triste storia della strega Liza
Hempstock... non ci sono tempi morti, non ci sono riempitivi, non si
può sospirare annoiati. Il rapporto tra Nobody e gli abitanti del
cimitero è toccante, speciale. Una piccola palla di vita che vaga
tra i morti.
E... e quindi leggetelo,
se non l'avete ancora fatto. Io ve lo consiglio con tutta me stessa.