La Cucina degli Ingredienti Magici di Jael McHenry (e il terremoto.)

Sono rientrata in casa poco fa. Un paio d'ore fa stavo giusto postando questa recensione quando è arrivato il terremoto. Il secondo terremoto della mia vita. La prima volta ero alle elementari e mia madre ha tenuto strette me e mia sorella e quando la scossa è finita ci siamo catapultate fuori. Questa volta, onestamente, me l'aspettavo. I gatti erano impazziti, furiosi, ansiosi da stamattina. Pulce mi ha graffiato la mano, anche abbastanza profondamente. Perciò, sì, me l'aspettavo. Mi sono alzata, ho urlato a mia madre' TERREMOTO!' e ho cominciato a chiedermi come fare a portare fuori i gatti senza perderli. Un solo trasportino, tre gatti. La scossa è finita subito, nel giro di pochi secondi. E' stata leggera, non è caduto nulla, non si è rotto niente. Ma, si sa, dopo le scosse è bene uscire. Volevo portare via almeno un gatto, ma mia madre ha insistito e siamo uscite senza. E io ho capito che, molto probabilmente, se arrivasse una scossa seria ci rimarrei secca nel tentativo di salvare i gatti.
Sono ancora un po' tanto scossa. Che mirabile gioco di parole.
Il resto del post lo pubblico esattamente com'era prima che arrivasse il terremoto. Scusate lo sfogo.

Parto col dire che, sì, ultimamente dal blog mi sto assentando troppo, perfino dai commenti. Scusate se neanche rispondo, d'altronde non posso farci nulla. L'esame è il primo di Febbraio, perciò si spera che dopo di ciò potrò finalmente tornare a sedermi davanti al pc senza sentirmi in colpa per il tempo speso in una qualsiasi attività non di studio. Mi sento in colpa anche quando leggo. Specialmente, quando leggo. Anche perché magari parto col dirmi 'Massì, che possono fare un paio di pagine? Suvvia, mi farà bene rilassarmi un po'...'. Bum, fine della giornata di studio. Ho la forza di volontà di un cotechino di soia.
Il libro che vorrei tentare di recensire oggi, prima di essere assalita dal senso di colpa per la mia incompetenza universitaria, è 'La cucina degli ingredienti magici', esordio di Jael McHenry, edito da Corbaccio pochi mesi fa.
Il mio incontro con questo libro è stato casuale. Ne avevo letto qualcosa su vari blog, ma per quanto incuriosita non credo che l'avrei mai comprato per me. Diciamo che, stando alle recensioni, non lo trovavo confacente alle mie esigenze. Il che lo ha reso un regalo perfetto per mio padre.
Ora, io non so voi, ma quando devo regalare un libro mi trovo a sottostare ad alcuni dettami imprescindibili. Tanto per cominciare, dev'essere un bel libro. Secondo, deve piacere alla persona cui è destinato (ovviamente). Terzo, non deve essere il mio genere. Ho sempre il timore, quando regalo un libro, che il ricevente possa pensare che l'ho scelto pensando di farmelo prestare in futuro. È una delle mie paranoie, una delle tante. Quindi, mentre girovagavo per le – carenti – librerie della zona in cerca di qualcosa per mio padre, mi sono imbattuta in questo. La copertina assolutamente deliziosa, il font leggiadro... ecco, sembrava un bel libro, ma anche uno di quelli che io non avrei mai preso. Ricordandomi delle recensioni entusiastiche, l'ho sfogliato per un po' e, alla fine, ho deciso.
E ho scelto bene. Ho scelto davvero, davvero, davvero bene. Mio padre l'ha adorato e subito dopo averlo finito me l'ha prestato – rischiando, nel contempo, di riempirmi di spoiler sulla trama, ma l'ho interrotto immediatamente.
Una cosa che mi ha molto stupita è che non sembra affatto un'opera d'esordio. L'autrice è attenta, puntigliosa, struttura la trama con cura, la tesse con amore. Non ci sono né buchi, né sviste (a parte la bellezza di tre errori di battitura, uno già nelle prime pagine) e, allo stesso tempo, non va tutto 'troppo' liscio. Gli ingranaggi funzionano perfettamente, regolari ma stridenti. Ottimo, quindi. La seconda cosa che mi ha colpito moltissimo è che non solo il libro è in prima persona, ma anche al presente. Prima persona, presente. A mio avviso, lo stile più difficile in assoluto. E, contro ogni mia aspettativa, senza brutture, errori o distorsioni. In nessun punto mi ha fatto pensare che forse avrebbe fatto meglio a scegliere uno stile più semplice e lineare. Jael McHenry è stata perfettamente in grado di farci assistere alla contemporaneità dell'azione e, poco dopo, portarci indietro nei ricordi di Ginny, la protagonista, farceli assaporare per poi riportarci al presente, facendoci avere sempre ben chiaro cosa è successo nella mente di Ginny e che cos'è stato a scatenare tale memoria o quale emozione. Onestamente, i miei più vivi complimenti all'autrice. Non solo la storia è originale e ben strutturata, è proprio ben scritta.
Allora, la trama. Il romanzo si apre con il funerale dei genitori di Ginny, per poi portarci nel mezzo del classico rinfresco post-sepoltura americano. La casa in cui Ginny ha sempre vissuto coi genitori e con la gatta Midnight è ora invasa di parenti. E Ginny odia la folla, il contatto visivo e il contatto fisico. Quando le rivolgono la parola per porgerle le condoglianze o scambiare due chiacchiere, si ritrae, si irrita, si spaventa. Tocca ad Amanda, la sorella minore, sposata e con due bambine, pensare al lato pratico della situazione. Ginny si rifugia in cucina e comincia a cucinare, seguendo fedelmente la ricetta della nonna. La cucina è il suo posto felice. Per calmarsi, pensa al cibo, ma non al sapore o al gusto. La sua non è golosità. A lei piace prepararlo, il cibo. Pensa all'odore delle cipolle in padella, al loro colore, pensa a come sbucciare una patata e poco a poco si calma. Altro tocco di classe della McHenry è stato l'aver sempre presente questo lato di Ginny. La narrazione è continuamente filtrata attraverso gli occhi della protagonista in modo più che credibile. Ribadisco con estrema ammirazione i miei più vivi complimenti all'autrice. Ad ogni modo, Ginny sta cucinando per calmarsi, quando compare il fantasma della nonna. Così, dal nulla. E le parla. Ginny ovviamente si spaventa, arriva la sorella e... e basta, ho detto fin troppo. Sono riluttante a svelare altro della trama, anche perché in alcune delle recensioni che ho letto mi hanno praticamente spiattellato mezzo finale. Ora, che senso ha scrivere una recensione e poi togliere il gusto alla lettura in questo modo? Prima mi invogli e poi mi guasti? Ad ogni modo, mi era stata rivelata solo 'mezza' fine, perciò me lo sono goduto ampiamente lo stesso.
Onestamente, temevo si sarebbe rivelato un romanzo ultra-dolce e romantico, non proprio rosa, ma... beh, ci siamo capiti. Non che io voglia giudicare o altro, non mi metto certo a fare la paladina delle cause inesistenti, è solo che non è il mio genere. Non mi compete.
Invece, 'La cucina degli Ingredienti Magici', in originale 'The Kitchen Daughter' è molto di più. Lo consiglio trasversalmente, quale che sia il vostro genere di riferimento.