Il tempo dell'attesa di Elizabeth Jane Howard

I miei progressi con questo libro sono stati altalenanti. Non la mia adorazione per la saga dei Cazalet, per la scrittura di Elizabeth Jane Howard e per il suo tratteggio delicato dei personaggi. No, il fatto è che inizialmente Il tempo dell'attesa l'avevo ricevuto in ebook da Fazi Editore, e leggere in formato digitale non è il mio forte. È come se ci fosse un ostacolo che si frappone tra me e il foglio elettronico, e mi ritrovo a intervallare la lettura molto più di quanto non mi accada col cartaceo. È poi accaduto, a trenta pagine dalla fine, che l'ereader abbia deciso di abbandonarmi – e giuro che questa volta non ha preso nessun colpo, si è arreso all'oblio senza alcun aiuto da parte mia. Questa volta. - e non mi è rimasto da fare altro che imprecare e lamentarmi pubblicamente per cotanta inusitata sfortuna. Solo che le mie lamentazioni sono giunte sotto gli occhi dell'ufficio stampa di Fazi, che ha provveduto a mandarmi un pacco sorpresa contenente non soltanto Il tempo dell'attesa, ma pure Figlie sagge di Angela Carter, che mi ispira un sacco e che inizierò prestissimo. Qualcuno dovrebbe fissare un limite alla gentilezza che si può ricevere dal mondo, continuo a pensare che prima o poi il karma me la farà pagare carissima. Fino ad allora, ringrazio più che sentitamente Cri e Fra, e magari vedo anche di iniziare a chiacchierare del libro in questione.
Raccomando a chiunque non abbia ancora letto il primo volume della saga, Gli anni della leggerezza, di recuperarlo prima di leggere innanzi. Ne avevo entusiasticamente parlato qui.
Siamo in quello che pare il mezzo della guerra, per la famiglia Cazalet e coloro che vi orbitano intorno. Invece noi sappiamo che è solo l'inizio, che il conflitto raggiungerà la sua portata massima solo dopo Pearl Harbor, che nel '40-'41 non era ancora certo cosa succedesse nei campi di concentramento, l'orrore era ancora un sospetto. C'erano bombardamenti, però, e colpivano spesso Londra, soprattutto nella zona portuale.
La generazione dei genitori Cazalet sta invecchiando; Sybil è sempre più cagionevole e il suo rapporto con Hugh è sempre più toccante; Edward continua a essere Edward, Villy inizia ad allontanarsene, ma senza clamore né sofferenza; Rupert combatte, Zoe del tutto inaspettatamente sboccia come essere umano, dopo un primo libro in cui pareva una delle tipiche fanciulle raccontate da Fitzgerald, vacue, bellissime e felici fino all'avvento della prima ruga. Le ragazze, su cui punta maggiormente questo primo libro, crescono. L'infanzia è un lontano ricordo, l'età adulta è a due passi, soprattutto per Louise, col suo sogno di fare l'attrice e la sua devozione a Shakespeare. Polly ondeggia, pare troppo fragile per stare in un mondo in cui c'è la guerra. Eppure, con la sua semplicità, forse per la mancanza di pretese, per il modo in cui sa guardarsi attorno e trovare cose speciali, è quella che trovo più promettente dal punto di vista umano. Clary è sempre più se stessa, sempre più pronta a chiudersi e ad attaccare all'esterno – ma ha pure le sue ragioni. E così via.
Continuano gli scorci di vita dei servitori – l'autista, l'educatrice, la governante – e un buon tot di spazio è dedicato pure ai bambini. Ma non ha poi troppo senso chiacchierare dei personaggi e di quello che fanno singolarmente, il bello sono i rapporti che formano e slegano tra loro. Lo scorcio troppo breve tra Zoe e Clary, ad esempio, un legame che nasce su basi fragilissime, delicato come non mai, e che tuttavia mi è sembrato il punto più commovente di tutto il romanzo.
La famiglia Cazalet è grande, forte, unita. Mi sembra la versione romanzata del detto “L'unione fa la forza”, è il sottotesto di quello stereotipo di frase che si sente orrendamente spesso in televisione, “Siamo una famiglia”. Un organismo fatto di individui diversi tra loro, che continuano a orbitare attorno allo stesso centro che contiene Home Place, l'enorme proprietà nel Sussex del Generale e della Duchessa. Ci sono personaggi che dall'organismo di Home Place non sembrano neanche lontanamente toccati, come Angela che lavora per la radio ed è un po' persa; Syd che si strugge per la lontananza di Rachel, fisicamente indifferente.
Dicevo che la saga dei Cazalet ha un centro fisso e finora immutato, la residenza nel Sussex in cui si è riunita buona parte della famiglia, e da cui si distaccano di tanto in tanto dei pezzi – che prima o poi faranno ritorno, prima di ripartire ancora, è una calamita inevitabile – ma è così ampia che è difficile racchiuderla in una descrizione. Sono persone, tante persone che condividono uno stesso momento storico, che ci permettono di affondare nelle loro vite, di affrontare con loro le piccolezze e le tragedie.
Io questa saga la sto adorando, e penso che si noti abbastanza da non dover specificare che “la consiglio”. Grazie al piffero, che la consiglio.