Ross Poldark di Winston Graham

Di Ross Poldark avevo già sentito parlare grazie alla serie televisiva uscita nel marzo dell'anno scorso, tratta dai primi due volumi della saga. Recando la speranza che qualche editore decidesse di portare da noi i libri, ho saggiamente evitato la serie tv nonostante le critiche entusiastiche che mi giungevano di tanto in tanto, e la mia fiducia si è dimostrata ben riposta quando la Sonzogno mi ha inviato il primo volume, Ross Poldark di Winston Graham, tradotto da Matteo Curtoni e Maura Parolini.
Una delle prime cose che mi viene da sottolineare post-lettura è che si tratta di un romanzo contemporaneo, e non di un classico. Il che per certi versi è palese, per altri può stupire. Graham racconta le vicissitudini di Ross Poldark, un giovane appartenente a una famiglia di ricchi possidenti di miniere nella Cornovaglia di fine '700 appena tornato dalla guerra con gli Stati Uniti. Ross dovrebbe frequentare il proprio ambiente sociale, bere chiaretto con lo zio devastato dalla gotta e dal peso, ridere col cugino Francis – anche se questo si è fidanzato con Elizabeth, prima fidanzata di Ross mentre lui stava combattendo – ed evitare di passare il proprio tempo col volgo e i minatori. Ma Ross è eccentrico e atipico e preferisce ubriacarsi alle fiere insieme a minatori e contadini – o preferibilmente da solo – piuttosto che passare mezzora con la famiglia dello zio. È un signorotto moderno, attuale, che col suo comportamento esprime idee proto-socialiste ed egualitarie senza nemmeno scadere troppo nella condiscendenza nei confronti delle masse “inferiori”. È questo che sbugiarda Ross Poldark come un romanzo scritto ai giorni nostri. Ma per lo stile misurato e la scelta di escludere dalla narrazione la crudezza di alcune scene, sfiorandone appena la violenza, verrebbe facile prenderlo per un classico. Inglese, ovviamente.
Dunque, la trama. La trama è piuttosto semplice: Ross Poldark torna dalla guerra col grado di capitano e una cicatrice sul viso; il padre è morto pochi mesi prima, la fidanzata che aveva promesso di aspettarlo si è sposata col cugino nonché migliore amico. La sua proprietà versa in pessime condizioni, i due servitori rimasti vivono di ozio e alcol. Ross, a ben vedere, non vuole ottenere nulla di particolare: vuole rimettere in funzione le sue miniere, cercare il rame nei propri territori e... beh, basta così. Ross ha un animo semplice, diretto, anche se da fuori ha un'aria fredda e scostante. Non è mai allegro, non scherza. Quando si ubriaca è in solitudine e sconforto.
Sarebbe delittuoso parlare delle motivazioni dietro al cambio di atmosfera da una metà all'altra del libro. La prima, lo ammetto, non mi stava prendendo poi così tanto. La vita di Ross scorreva arida, grama, dura. Un fastidio reciproco tra Ross e la società, il metodico abbruttimento di chi gli stava intorno. La seconda parte invece scorre fluida, più allegra. L'aggiunta di un elemento riesce quasi a modificare l'ambientazione, o almeno il modo di percepirla. Quell'angolo sperduto di Cornovaglia si riempie di piccole cose interessanti, laddove prima era secco, arido e vuoto. Il motivo, magari, evito di raccontarlo.
In sostanza mi è piaciuto moltissimo, anche se la prima parte mi è stata un po' ostica per via dell'atmosfera grama. Ora però voglio i seguiti, diamine.