Elementare, cowboy di Steve Hockensmith

Non sono una fan degli western, anzi, penso di averne letti un numero così esiguo in tutta la mia vita da non aver bisogno delle dita di una mano per contarli. Non amo l'ambientazione, né quello che l'ambientazione tende a fare alle persone. Sarà che si tratta di un contesto che tende a indurire l'animo di chiunque lo abiti, affievolendo il contrasto nella natura dei personaggi, non saprei dire. Fatto sta che in questo caso ho fatto una fortunata eccezione, con Elementare, Cowboy di Steve Hockensmith, edito da CasaSirio nella traduzione di Alessandra Brunetti, Martino Ferrario e Nicoletta Chinni. Eccezione dovuta un po' alla fiducia verso la casa editrice e un po' al fatto che si tratta di un romanzo ispirato a Sherlock Holmes, e io a Sherlock voglio un gran bene.
Dunque, vediamo. La trama è presto detta. Ci sono questi due cowboy, i fratelli Amlingmeyer, con le loro chiome rosse e i loro caratteristici soprannomi. Old Red è il fratello maggiore, il più-o-meno-Sherlock, mentre Big Red, il grande e grosso fratello minore, reinterpreta il ruolo di John Watson, compreso quello di narratore. In un periodo di particolare sfortuna economica si propongono per lavorare al Dollaro Barrato, un ranch dalla pessima reputazione, gestito da tizi per nulla raccomandabili. Si scopre ben presto che in questo ranch ci sono cose che non vanno, e i due fratelli iniziano a indagare.
C'è un aspetto particolarmente interessante in questo romanzo, ed è l'adattamento della coppia Holmes-Watson in chiave western. Non si possono prendere due gentiluomini e piazzarli in un ranch, bisogna renderli plausibili. Dunque, prima di tutto, Old Red e Big Red continuano a lanciarsi battute volgari e a comportarsi come due cowboy dovrebbero fare. Ho apprezzato poi particolarmente ciò che induce Old Red a voler seguire con tanta pervicacia le orme di Holmes: l'imbarazzo e il complesso di inferiorità intellettuale per essere rimasto un cowboy ignorante, analfabeta e costretto a farsi leggere dal fratello minore, che è stato mandato a scuola coi sacrifici dell'intera famiglia, i racconti del suo detective preferito pubblicati sui giornali. Old Red e Big Red non sono Holmes e Watson, ma personaggi a sé stanti, nonostante siano palesemente ed esplicitamente ispirati alle controparti create da Doyle.
Il mistero da risolvere al centro del romanzo è ben architettato e ben raccontato, ho gradito i personaggi e ho trovato plausibile il modo in cui si comportano. Allo stesso tempo, non posso fare a meno di sottolineare che non è quella la forza del romanzo, neanche lontanamente. Il bello sono Old Red e Big Red che interagiscono, che scrutano, che si punzecchiano, mentre qua e là il fratello minore racconta della loro famiglia, portata via un pezzo per volta, una disgrazia dopo l'altra. Ho adorato anche lo stile svelto o colloquiale, da chiacchierata in un pub.
Essenzialmente Elementare, cowboy mi è piaciuto un sacco, ma non credo ci sia bisogno di specificarlo oltre. Lo consiglio di brutto, altroché.