Mogli e figlie di Elizabeth Gaskell

E dunque, ieri ho finito di leggere Mogli e figlie, ultimo romanzo di Elizabeth Gaskell, edito dalla Jo March (sempre sia lodata per la Gaskell) nella bellissima traduzione di Mara Barbuni. Uscito giusto in tempo per il Salone, ove ho potuto accaparrarmelo appena arrivata. È stata una lettura frenetica, perché dalla Gaskell non riesco a staccarmi. È quello che chiamo “effetto Harry Potter”, perché quando usciva un nuovo libro della serie saltavo sempre un giorno di scuola per poterlo leggere. Andarci sarebbe stato inutile, perché non avrei pensato ad altro finché non fossi tornata a casa. Meglio allora leggere tutto il leggibile di corsa, in un unico sprint. No?
Una cosa che amo della Gaskell è che ogni libro è diverso dagli altri. Nord e Sud, che pure rimane il mio preferito, ha qualcosa di Charlotte Bronte e qualcosa di Jane Austen, e un contesto sociale più ricco e variegato. Gli innamorati di Sylvia mi ha ricordato molto George Eliot, anche per il numero e l'approfondimento dei suoi personaggi. Mogli e figlie ho difficoltà a paragonarlo ad altri libri. Né alle sorelle Bronte né alla Eliot. Un libro che è completamente suo, e che disgraziatamente è anche l'ultimo. Manca infatti l'ultimissimo capitolo, in cui i nodi che sono fortunatamente venuti al pettine nel penultimo avrebbero dovuto essere sanciti ufficialmente. La postfazione dell'editore rivela il finale che Mogli e figlie avrebbe avuto, e che tuttavia era già chiaro. L'interruzione è improvvisa, ma non brusca. Mancano giusto quelle poche pagine in cui non succede molto, e che il resto del libro fa presagire fin dall'inizio.
Dunque, la trama.
In un villaggio inglese chiamato Hollingford vivono il dottor Gibson e la figlia Molly. La madre è morta quando Molly aveva soltanto tre anni, ma Mr. Gibson è sempre stato un padre affettuoso e amorevole, di modo che la ragazza non ha mai sentito la mancanza di una figura materna. È felice, dopotutto. È una brava ragazza, la giusta protagonista di un romanzo vittoriano, anche se spesso non è in grado di frenare la lingua, il che le porta più simpatie che antipatie. Tuttavia, quando la figlia compie diciassette anni, Mr Gibson decide comunque di risposarsi, pensando così di poterle assicurare una guida nel mondo adulto. La scelta ricade sull'ex istitutrice della nobile famiglia locale, i Cumnor, l'ancora piacente Clare Kirkpatrick, rimasta vedova dopo la malattia del marito, che l'ha lasciata con una figlia della stessa età di Molly.
E le cose, diciamo, vanno avanti. Tra il fascino di Cynthia e il suo segreto inconfessabile, la vita di tutti i giorni a casa Gibson e nel villaggio, la vicinanza di Molly alla famiglia degli Hamley. Gli avvenimenti si susseguono con naturalezza per tutte le (quasi) settecento pagine. E di più non si dice.
Cynthia però è un personaggio meraviglioso, incredibilmente moderno, sia per carattere che per caratterizzazione. Il modo in cui si rapporta e si racconta a Molly, con la quale instaura una bellissima amicizia, il suo orgoglio bruciante, la sua indipendenza. Credo che sia uno dei personaggi più riusciti nella letteratura vittoriana, e non esagero. So che non esagero. E il legame con Molly è veramente meraviglioso. L'una adora l'altra sinceramente, iniziano fin da subito a volersi bene e a supportarsi, nonostante abbiano entrambe abbastanza motivi per invidiare a morte l'altra.
Un altro aspetto che ho particolarmente apprezzato, presente anche negli altri romanzi della Gaskell, e che tuttavia ho sentito più chiaramente in questo, è l'assenza di giudizio per le debolezze e le meschinità dei personaggi. Non trovo dei veri e propri antagonisti in questo romanzo. Certo, c'è un personaggio particolarmente ostinato le cui azioni sono sicuramente malvagie e dettate da puro egoismo, eppure non mi sento di definirlo come un “cattivo”, piuttosto come umano nel senso peggiore del termine. Le persone si fanno del male a vicenda continuamente, volontariamente o meno, e questo la Gaskell lo sa. Ci sono personaggi che infliggono ad altri, e contemporaneamente a se stessi, sofferenze enormi e dolorosamente evitabili, e di cattivo non hanno nulla. Sono solo sciocche, o cieche, o deboli. Trovo che il personaggio di Clare, seconda moglie di Mr. Gibson, sia un perfetto esempio. È un po' limitata, opportunista, arrivista, superficiale. Ma non è cattiva, è solo la persona che è, e a modo suo fa perfino del suo meglio.
E non so che altro dire, se non che ho amato questo libro. E che spero vivamente che le Jo March portino in Italia ancora quei pochi titoli che mancano per completare la bibliografia della Gaskell, che è agli sgoccioli ma non è ancora completa. E io la bramo.