Dunque,
Mistero
a Villa del Lieto Tramonto,
scritto da Minna
Lindgren
e edito... beh, tra tre giorni perché l'ho letto in anteprima,
(sentiti ringraziamenti alla Sonzogno
che me l'ha inviato) e tradotto da Irene
Sorrentino.
Tra parentesi, non cesserò mai di ripetere quanto mi sia gradito il
restyling grafico delle copertine Sonzogno. È un atto dovuto.
Parto
col dire che non sono del tutto convinta che questo libro sia
etichettabile come un giallo. Voglio dire, ci sono dei morti e ci
sono dei crimini, in un certo senso, ma i collegamenti sono labili,
l'atmosfera manca di tensione, non ci sono esaltanti colpi di scena a
concludere i capitoli e a far presagire chissà quale machiavellica
soluzione. Più che un giallo, mi pare associabile al filone partito
dal successo di Il
centenario che saltò dalla finestra e scomparve di
Jonas Jonasson,
visti i toni leggeri e i personaggi principali ultra-novantenni. E
tuttavia, si distanzia pure da questo particolare filone dedicato a
protagonisti anziani che decidono da un momento all'altro di
stravolgere la propria vita e si riscoprono persone complete e
capaci, una volta che si sono liberati della gabbia di semolino e
pannolone che la vecchiaia aveva loro imposto. Si distanzia da questo
filone perché i tre personaggi principali, Siiri, Anna-Liisa e Irma,
rimangono aggrappate alla loro routine nella casa di riposo.
Indagano, per quello che possono, si pongono domande, cercano di
vivere il più spensieratamente e allegramente possibile, ma non
decidono da un momento all'altro di mollare tutto per balzare su un
aereo che le condurrà ai Caraibi. Il sottofondo di indagine e
mistero, dopotutto, non pasticcerà con le loro vite più di un certo
“quanto basta”, fatta eccezione per i momenti in cui l'azione è
diretta. E non posso essere più specifica senza fare orrendi
spoiler.
Dunque,
la trama. In una casa di riposo – che non è proprio una casa di
riposo, visto che buona parte degli anziani vive in affitto nel
proprio piccolo appartamento – vivono queste tre vecchiette non
troppo arzille, la protagonista Siiri, la migliore amica Irma,
un'allegrona che beve solo vino e whiskey, e la terza del gruppo,
Anna-Liisa, ex-professoressa con lo stigma della pignoleria. Stanno
giocando a canasta con un paio di amici, quando vengono a sapere
della morte del cuoco preferito di Siiri, Tero, avvenuta pochi giorni
prima. Si recheranno al suo funerale, e lì incontreranno un
personaggio che onestamente non sono riuscita a capire del tutto, un
certo Mika, che le prende in simpatia. E poi c'è la storia di un
veterano di guerra residente nella casa di riposo, che viene
violentato nei bagni da due infermieri. E la sparizione, poco a poco,
di alcuni personaggi. Scrivendo questi elementi tentenno nella mia
decisione di non definirlo come un vero e proprio giallo. Eppure
persevero, perché i collegamenti sono piuttosto deboli, e il focus
non è tanto sulle indagini brancolanti di Siiri, Irma e
Anna-Liisa, ma sul legame che intercorre tra loro, sulla bolla di
controllo totale in cui sono state relegate dalle loro famiglie, il
loro rapporto col mondo al di fuori della casa di riposo. C'è una
buona dose di humor nero, bei personaggi, la denuncia della
condizione in cui vengono forzati molti anziani, e del modo ridicolo
e infantile in cui vengono trattati a prescindere dalle loro capacità
mentali. Anche se talvolta ho avuto l'impressione che l'autrice
stesse idealizzando la vecchiaia. I suoi personaggi partecipano ai
funerali con una leggerezza che troverei inquietante, e guardano in
faccia alla morte con una serenità che ritrovo più facilmente sulle
persone giovani che non sui volti degli anziani che conosco. Per quel che ho
potuto vedere, più la morte è vicina e più la si teme. Ma queste
sono opinioni mie.
In
sostanza è stata una lettura piacevole e piuttosto divertente, ma
non lo considero affatto un giallo. Piuttosto che agli amanti di
Agatha Christie, lo consiglierei a chi ha gradito Il centenario che
saltò dalla finestra e scomparve, ecco.