Come una foglia al vento - Cocaine Bugs di Claudio Metallo

È giunto il tempo di venire a chiacchierare di questo libro, tra una polemica e l'altra. Come una foglia al vento – Cocaine Bugs di Claudio Metallo, edito da CasaSirio nel 2014. Mi è stato spedito dalla casa editrice – grazie mille! - un mesetto fa, e conoscendo l'orrido vizio del postino di lasciarmi i pacchi davanti al portone, facile prede di pioggia e passanti, ho paventato per l'arrivo di questo libro, che già temevo in mani estranee quando alla fine è arrivato. Già che ci sono, vi invito a dare una sbirciata al sito di CasaSirio, perché è di quelle case editrici piccole e giovani che è bene e saggio tenere d'occhio.
Dunque, Come una foglia al vento. Mai titolo fu più azzeccato, mi verrebbe da dire. Che questa è la storia di un burattino, più che di un uomo. Di un tipo che si lascia tirare, cambiare, trasportare. Non sono mai – o quasi mai – sue, le decisioni che segue e di cui paga il prezzo. Pare maledetto da una sorta di inguaribile acquiescenza.
Alla morte del padre, col quale ha sempre vissuto su a Milano, Peppe Blaganò decide di tentare la fortuna in Calabria, guardando ai fondi stanziati per lo sviluppo del Mezzogiorno e all'eredità che gli è capitata tra le mani. È guidato dai ricordi delle vecchie vacanze, quando scendeva da Milano al paesello e si sentiva immensamente bene, a stare al mare, a stare con tutti.
Prende quello che ha e scende, senza un'idea chiara di quello che vuole fare. E da lì in poi rimarrà incastrato nei meccanismi malati ma efficientissimi di una macchina istituzionale che lo intrappola in un mobilificio e lo costringe a fare debiti, e con quei debiti lo porterà in mani ferrose. Considerato il titolo e l'immagine in copertina, non è spoiler se accenno al legame che Peppe stringe con il mondo della cocaina. Che, come ci si aspetterebbe, è un mondo crudele, infingardo ed enorme, in cui Peppe è stato invischiato come interprete, per fare da tramite tra Colombia e 'ndrangheta. Di più, non si dice.
La cosa particolare di questo romanzo è il tratto un po' cronachistico, che però non tiene a distanza il lettore, non lo chiude fuori. È la storia di Peppe, più strumento che persona. Non è freddezza, è... mi verrebbe da chiamarla “rassegnazione”, ma non è rassegnazione. Piuttosto, è come se il racconto stesso fosse consapevole dell'ineluttabilità della storia, perché Peppe non è capace di cambiarla, almeno per una buona parte.
È un bel libro, onesto e svelto da leggere.
E dunque lo consiglio, assai.
(In teoria avrei dovuto chiacchierare anche della passione di Peppe per il calcio, ma è un argomento che ha il potere di addormentarmi le sinapsi al punto che quasi l'ho cancellato. Non è pervasivo, comunque, è solo... è lì, ecco. C'è.)