La Storia Infinita di Michael Ende

La prima volta che mi sono trovata tra le mani una vecchia edizione di La storia infinita di Michael Ende, quella Longanesi degli anni '80 con il font di colore diverso, è stato un paio di anni fa. Ero in una libreria dell'usato, l'ho visto e di colpo mi sono ricordata di una conversazione avuta con due amici anni prima, nella cameretta di una di questi. Uno dei due, mi ricordavo perfettamente, desiderava ardentemente questo libro, e lo cercava da millenni. Costava poco, quindi l'ho preso. Con uno dei due ero in rotta, con l'altra ci abitavo. Un 50% di probabilità di fare un bellissimo regalo.

Così come Murphy avrebbe voluto, era l'altro amico a volerlo, ma non dispiacque neanche all'altra. Bene così, perché La storia infinita non mi aveva ancora chiamata, anche se devo ammettere che, cosa normale per un'accanita bibliofila, quella copia mi era rimasta un po' indigesta.

Altra copia, cinque o sei mesi fa, alla libreria Miskatonic di Reggio Emilia. Costava il giusto - quindi abbastanza – ma con l'amico con cui ero in rotta avevo ricucito da poco, quindi mi armai di telefono e feci in modo di regalarglielo per Natale insieme a un'altra amica. Credo che ogni tanto saltelli ancora dalla gioia.

E quella copia mi è rimasta sul gozzo un po' più pesantemente della prima. Me ne erano passate ben due tra le mani e non ne avevo neanche una. Che diavolo. Quelle pagine lievemente ingiallite, la sovracopertina incurvata dagli anni, il profumo di vaniglia quando ci tuffi il naso.

La prossima copia, mi sono detta, è mia.

Ed è arrivata prestissimo. Poco prima di Natale un amico mi manda un sms per dirmi che ne ha trovata una a prezzo bassissimo, che fa, la prende?

Cristo, sì.

Tre è il numero perfetto, il numero magico, tutte quelle robe lì. La terza copia di La storia infinita in cui mi sono imbattuta – anzi, in cui neanche mi sono imbattuta personalmente – è stata mia. E, come immaginerà chi segue le mie letture su facebook, l'ho finito stamattina e.

E quanto è strano e bello e perfettamente logico questo libro. Quanto capisco l'indignazione di Ende davanti al film, quanto trovo struggente il suo credere religiosamente nei libri, la speranza che nutre per una fantasia che salva il mondo dagli Uomini Grigi. È un libro e un meta-libro, una favola meta-narrativa un po' poetica e un po' filosofica. E sono convintissima che se Ende non ha preso spunto dalla semiotica di Eco, diamine, allora Eco ha preso spunto da Ende. Dilemma cui potrei porre rimedio dando un'occhiata veloce alle date di pubblicazione dei testi, ma preferisco di no. Un po' di mistero, che diamine.
E dunque, La storia infinita, nona edizione del 1995, tradotto da Amina Pandolfi, illustrazioni - meravigliose - dei capilettera di Antonio Basoli.

Inizia con Bastiano. “Bastiano Baldassarre Bucci”. Ora, siori Longanesi, ancora non è giunto il tempo di ritradurlo? Di metterlo a posto un pochettino, almeno nei nomi? E su, via. “Bastiano”.

Dicevo, c'è Bastiano, un ragazzino di dieci anni che si intrufola in una libreria antiquaria mentre è inseguito dai bulli, proprio come nel film. Entra, incontra un libraio scontroso, gli ruba quel libro che vede sul tavolo, dalla copertina rosso rubino e coi due serpenti che si mangiano l'un l'altro. E poi fugge a scuola, ma shockato per il proprio gesto, si rifugia in soffitta, deciso a rimanere lì per sempre. Via dalla scuola piena di ragazzini che lo prendono in giro, via dal padre che si è disseccato dentro dopo la morte della moglie, via da tutto. E inizia a leggere la storia di Fantàsia minacciata dal Nulla, dell'eroe Atreiu, dell'Infanta Imperatrice, del drago della fortuna Fùcur. Inizia a leggere questa storia mentre la storia legge lui. E se più o meno fino a questo punto il film poteva dirsi relativamente fedele... ecco, fine. Il libro prende una piega brusca e inaspettata e diventa qualcosa di magico e irripetibile. E vorrei poterne dire di più, ma peccherei orrendamente di spoiler, e non posso fare questo a un libro così.

Ok, vediamo di risolverla. Io ho voglia di chiacchierare della storia di Bastiano. La scrivo in bianco, così si vedrà poco e dovrete selezionarla per poterla leggere chiaramente. Tutta la parte bianca conterrà spoiler, e vi prego di non leggerla se ancora non avete affrontato La storia infinita, perché è un libro che va letto assolutamente da chi ama i libri. E da tutti gli altri, per guarirli.
Bastiano entra nella storia, trascinato dall'Infanta Imperatrice. Non è bellissimo come il lettore venga tirato dentro alla costruzione della storia, per sottolineare il ruolo importantissimo del Lettore? Non è fantastico il suo percorso come personaggio, la sua voglia di essere riconosciuto che lo trasforma in un mostro? Il mantello nero abbandonato nella Casa che Muta?

E il finale, cristo, il Finale! Bastiano che non vince, che non diventa eroe, torna ad essere il ragazzino paffutello con le gambe storte e ha necessità di essere salvato da Atreiu. Non ha completato le sue “quest”, non è riuscito neanche a conservare quanto gli era necessario per poter raggiungere la Fonte della Vita. Non c'è bisogno di essere un eroe per vincere, cristo. Colui che ha scritto La storia infinita dice che non c'è bisogno di essere eroi per arrivare alla fine. E quanto sarebbero noiose e improbabili le storie, se a scriverle fosse qualcuno che ha a cuore soltanto se stesso. E la dignità data a ogni creatura di Fantàsia, anche alla più infima e alla più crudele, e le conseguenze delle tue azioni che ti inseguono e ti danneggiano e quasi ti distruggono. La figura di Xayde, il desiderio ancora inespresso e incompleto di Bastiano che minaccia tutta la storia. E dio, quanto vorrei leggere quanto Propp e Todorov hanno da dire sulla fiaba, perché sono certa che Ende nei loro libri ci è stato, e voglio capire La storia infinita fino in fondo.

E ora la smetto, posso tornare leggibile. Si può leggere ancora da qui in poi, anche se non c'è più nulla da dire.

La storia infinita è più di quello che sembra all'inizio, la storia di un libro magico letto da un ragazzino debole. Ed è mille volte più di quanto il film ci abbia fatto credere. È La Storia della Storie, della loro origine, del bisogno che ne abbiamo. È una storia così storia che si può raccontare senza fare cenno ai personaggi, oppure viceversa si possono tessere le vicende di Bastiano e Atreiu senza fare caso alla teoria della narrazione, alla semiotica della fiaba e a tutto il resto.

Ma questa è un'altra storia, e si dovrà raccontare un'altra volta.