Gli artisti della traduzione #2

Dicevo, diversi mesi fa, che la traduzione è un mestiere ingrato e bastardo, avaro di ritorno economico e pestilenziale nel riconoscimento culturale. È al lavoro del traduttore che si deve una buona percentuale del gradimento di un'opera, è il traduttore che deve barcamenarsi tra quello che l'autore avrebbe voluto dire e quello che il lettore deve capire. Potrei andare avanti per un bel po' nell'enumerare le difficoltà che sommergono il traduttore, ma credo possa bastare una rapida cliccata al banner La correttezza paga lì a destra.
Dunque, lo scorso agosto ho pubblicato il post Gli artisti della traduzione. È uno dei più letti del blog, cosa che mi allieta alquanto, perché è segno di un certo interesse verso chi lavora con le parole, almeno da parte di noi bibliofili convinti. È anche uno dei più commentati, e molti hanno contribuito parlando dei loro traduttori preferiti. Un paio di quelli che avevo citato sono perfino passati a ringraziarmi.
Non è poi così strano se dopo un anno mi va di riprendere il discorso, visto che ho continuato a imbattermi in altre prove magistrali.
Silvia Pareschiqui il suo blog personale – è la voce italiana di Franzen. Cioè, anche di un sacco di altri autori famosissimi, come Alice Munro, Don DeLillo e Cormac McCarthy, ma posso parlare solo di quello che ho letto. A parte il fatto che chiunque venga chiamato dalla Adelphi non può che essere il fiore della competenza.
Susanna Basso traduce soprattutto per l'Einaudi, da Ian McEwan (infatti l'ho incontrata e adorata con Espiazione) a Julian Barnes, da Martin Amis a Paul Auster.
Gaja Cenciarelli è un nome piuttosto noto, e la conoscevo ben prima di approdare alla sua traduzione di La casa della gioia di Edith Wharton. Libro stupendo, oltre che seconda pubblicazione della collana Le grandi scrittrici della Neri Pozza. A parte questo, tradotto meravigliosamente. Tra l'altro, cercando notizie su google, ho scoperto che ha anche tradotto l'irlandesissima serie di Agnes Browne, sempre edita dalla Neri Pozza. Strabene, ovviamente.
Mara Barbuni la conoscevo come Ipsa Legit, dal nome del suo – consigliatissimo – blog. La sua traduzione di Gli innamorati di Sylvia per la Jo March mi è piaciuta moltissimo, come non ho mancato di notificare nella recensione. Davvero, sprizza amore per la Gaskell da ogni poro.
Chiara Reali ha compiuto un'opera di difficoltà immensa nel tradurre Desolation Road di Ian McDonald, prima pubblicazione della Zona42. Desolation Road è sia fantascienza che realismo magico, e McDonald è uno di quelli che scrive in quel limbo tra la meraviglia e la chiarezza, senza mai scivolare verso l'incomprensione. Tradurlo deve essere stata una faticaccia. E lo dico perché non sembra essere stato tradotto.
A Silvia Castoldi – che tra l'altro ha tradotto Il sole dei soli, il secondo libro di Zona42, che al momento giace sulle mie gambe – dobbiamo l'adattamento in italiano di Olive Kitteridge di Elizabeth Strout, La famiglia Fang di Kevin Wilson. E di un sacco di altri libri, ne sono certa perché come nome mi è estremamente familiare. Purtroppo non riesco a trovare informazioni su google.
Monica Pareschi – al cui incontro ho dedicato lo scorso post – è curatrice della collana Le grandi scrittrici Neri Pozza, nonché traduttrice della nuova edizione di Jane Eyre e... beh, di un sacco di autori, tra i quali figurano Doris Lessing, Bernard Malamud, Paul Auster, Shirley Jackson. Alla faccia della logotrafficante.
E dunque, per questa volta chiudo qui. So che ci sono decine di altri traduttori di cui dovrei tessere le lodi, ma questo post si è rivelato più impegnativo del previsto. Quasi nessuno dei nomi che ho citato – non vuole essere un'accusa, ma se proprio vogliamo potrebbe ardire un cortese suggerimento – ha una pagina dedicata con la lista delle traduzioni, quindi è stato un po' difficile andare a riguardare il chi ha tradotto cosa...
Direi che non c'è altro da aggiungere, quindi ora andrò a leggere.