Ciò che adoro in un libro - L'interazione non necessaria

Buongiorno!
Credo di aver scoperto – invero diverso tempo fa, ma non credo di averne già parlato qui, quindi mi predispongo a farlo – ciò che più amo in un libro. O in una qualsiasi opera di narrativa, dalla serie televisiva al film. A pensarci bene, da qualche parte avrò finito sicuramente per scriverlo. Su Facebook sicuramente. Ma via, dovessi averlo già detto, eventualmente ridonderò un po'.
Trattasi, dicevo, di una caratteristica capace – quasi – da sola di rendermi gradita un'opera di narrativa, con l'ovvio presupposto di personaggi ben caratterizzati, che dopotutto sono due aspetti che si costruiscono a vicenda.
L'interazione non necessaria. Ecco cosa adoro sopra ogni altra cosa. Mi rende lievi i buchi nella trama, mi distrae dagli eccessivi artifizi, mi fa 'OMMIODDIO guarda là!' quando mi imbatto in un'incoerenza potenzialmente fastidiosa.
Ora, per 'interazione non necessaria' mi riferisco ai dialoghi che non servono a nulla ai fini della trama, sono solo chiacchiere e divagazioni. Hanno la meravigliosa funzione, trovo, di farti conoscere meglio il personaggio, di spiegarti chi è attraverso il modo in cui si pone in una data situazione e con gli altri. Una cosa che mi fa spesso storcere il naso è trovare un personaggio descritto in un certo modo per poi vederlo agire in maniera del tutto opposta quando si trova in compagnia di altri personaggi. Mi viene in mente Charlie Asher, protagonista di Un lavoro sporco di Christopher Moore, un tizio incessantemente descritto come 'maschio beta', la cui timidezza e codardia vengono ribadite spesso ed esplicitamente e che tuttavia in più occasioni si mette a sputare in faccia al pericolo, a ribattere a serie minacce di morte con battute argute che gli varrebbero lo spappolamento delle rotule. Quale pusillanime reagirebbe così?
Poi penso ad Hap e Leo, protagonisti dell'adorata serie di Joe R. Lansdale. Due personaggi che si strutturano a vicenda, l'uno che mette in risalto i tratti caratteriali dell'altro, attraverso dialoghi divertenti e brillanti. A volte un po' ripetitivi, talvolta inutilmente volgari, ma that's the way I like it, perciò mi guardo bene dal lamentarmene. Senza tutte quelle chiacchiere immotivate non sapremmo quanto Hap disdegni in realtà la violenza, né potremmo gradire il lato analitico di Leo. Sarebbero due tizi badassi che sparano ai cattivi e nient'altro. Del tipo che potrebbero anche comparire in un film decente e tutto sommato guardabile, ma che non arriveresti a conoscere, figuriamoci affezionartici.
L'interazione non necessaria, dicevo, sono i dialoghi sul Mc Royal, sui massaggi ai piedi in  Pulp Fiction, la filosofia della mancia discussa all'inizio de Le Iene. In effetti Tarantino è maestro nell'interazione non necessaria. O nell'arricchimento di fattori non necessari ma 'santoddio quanto ci stanno bene' in genere nella trama dei suoi film.
In termini di serie TV, credo che la presenza/assenza di interazione non necessaria sia la motivazione principale che mi spinge ad adorare Sherlock (BBC) e a non reggere mezza puntata di Doctor Who.
Sì, lo so. Non mi piace Doctor Who. Non dico che sia male, non nego la fantasia di cui le storie sono intessute, non lo sto affossando... ma proprio non mi garba. Ho provato a guardare diversi episodi provenienti da diverse serie ma nisba, niet, nothing. C'è poco da fare. Spero di riuscire a reggere il fango che questa rivelazione getterà sulla mia reputazione.
Dicevo, Sherlock e Doctor Who. Non so se ne siete a conoscenza, ma i creatori sono gli stessi, Steven Moffat e Mark Gatiss. Eppure, adoro uno e mi annoia l'altro. Come mai? La risposta è di una semplicità disarmante, visto che è ciò di cui sto parlando da infiniti capoversi e che non avrebbe senso porre la suddetta domanda se la risposta non ricalcasse il tema del post.
In Sherlock l'attenzione è puntata in equilibrio fragilissimo sulle indagini e sul rapporto tra i personaggi. Anzi, nella terza serie il focus è il rapporto tra Sherlock e Watson. Ho amici che hanno disprezzato violentemente la cosa, io personalmente non posso fare a meno di apprezzarla. Per quanto mi riguarda, personaggi>trama. Sempre.
In Doctor Who, al contrario – per quello che mi ricordo, ma visto che ho guardato poche puntate e diverso tempo fa, possibilissimo che mi stia sbagliando – l'attenzione è puntata più sul sistema-ambientazione e sulle leggi che lo governano. Ricordo i dialoghi come fortemente contestuali, qualche apprezzabile scena sulla famiglia di provenienza di Rose e... beh, nient'altro che potesse farmi luce su 'chi' stesse vivendo quelle esperienze. Il fatto è che non riesco ad appassionarmi dell'assurdità di un particolare pezzo di universo, se non sono entrata in sintonia coi personaggi che lo stanno visitando. E senza dialoghi a caso... ecco.
Dicevo – chiedo venia per la lunghezza del post – che l'interazione non necessaria serve a costruire il personaggio, a caratterizzarlo, a farlo conoscere più a fondo. Però c'è un'ulteriore funzione, cui ho già fatto cenno. Non si tratta soltanto di delineare un personaggio, ma di raccontare implicitamente il rapporto tra i personaggi, che talvolta può essere il fulcro di un libro. È attraverso l'interazione che capisci come si sente un personaggio in presenza di un altro, cosa pensano l'uno dell'altro, se ci sono delle tensioni, sentimenti ed emozioni contrastanti... sono aspetti che se esplicitati in un 'X si sentiva in imbarazzo in presenza di Y per il fatto Z' non rendono niente, ma che in qualche battuta e in pochi gesti possono suggertirti il disagio e piantarti in testa la curiosità per quello che l'ha provocato.
Quindi... sì, interazione non necessaria.
Voi siete d'accordo? Quale altro aspetto trovate importante? Vi pare che io abbia messo insieme una sequela di banali scempiaggini?
Ho la netta sensazione che la risposta all'ultima domanda sarà un 'sì'.

Beh, buon compleanno di Edgar Allan Poe!