Piccoli scorci di libri, ovvero recensioni assai brevi e poco impegnative #14


Una ragazza da Tiffany di Susan Vreeland – traduzione di Massimo Ortelio – Neri Pozza, 2010 – Beat 2013

Parto dal titolo, che è piuttosto ingannevole. Appena l'ho visto la mia reazione è stata 'No! Neri Pozza! Maccheccavolo, anche tu?!', poi ho controllato il titolo originale, Clara and Mr. Tiffany e ho trovato che, via, dopotutto come adattamento ci può anche stare. L'idea che anche una delle mie case editrici preferite andasse così incontro al titolo-a-cavolo-che-ne-richiama-un-altro mi avrebbe depressa parecchio, soprattutto considerando che buona parte dei libri con riferimenti a Tiffany fanno parte di quel lato oscuro della chick-lit la cui scarsità mi sconcerta.
Ovviamente non è questo il caso.
Clara è un'abilissima creativa alle dipendenze di Louis Tiffany, figlio del celebre gioielliere, un ambizioso 'vetraio' artistoide che vuole creare bellezza attraverso mosaici, vetrate e le numerose creazioni della propria impresa. Clara è una sua fervente collaboratrice, piena di ammirazione per Mr. Tiffany – anche se non gli lesina certo le critiche – e immersa nella vita della New York dell'epoca. Il romanzo è ambientato tra il 1882 e il 1908 ed è narrato in prima persona dalla protagonista, una voce vivace e sicura, un'orgogliosa pre-femminista, una lavoratrice e una vera artista. All'inizio, dopo la morte del marito, Clara si reca a vivere in una pensione borghese, dove vive circondata da pittori, poeti, giornalisti, in un clima allegro e cameratesco, in cui la donna si ritrova alla perfezione. Adora il suo lavoro e trascorre piacevolmente il proprio tempo quando torna a casa, dove ha stretto amicizie salde e calorose.
Non ho adorato questo libro soltanto per il divertimento e la piacevolezza della lettura, ma anche per l'accuratezza dell'autrice, che per la scrupolosità delle ricostruzioni storiche mi fa pensare a Tracy Chevalier. Però in una versione più vivace e luminosa, più dinamica. Più viva. Con questo non voglio dire che la Vreeland sia 'meglio' della Chevalier, ma semplicemente che trovo la sua allegria più consona ai miei gusti. Immagino ci sia anche chi apprezza maggiormente l'atmosfera uggiosa della Chevalier.
Ad ogni modo, consiglio spasmodicamente questo libro.

Un segno invisibile e mio di Aimee Bender – traduzione di Damiano Abeni e Martina Testa – Minimum Fax, 2002 – Beat, 2011

Seconda opera della Bender che leggo e, che dire?, la adoro. Vorrei spalancarle il cranio e riposare tra le sue sinapsi al lavoro. Certo, non posso negare che questo libro – il suo esordio – sia un paio di spanne belle alte sotto L'inconfondibile tristezza della torta al limone. Però l'ho comunque adorato, soprattutto il finale. C'è qualcosa di struggente nel modo in cui la Bender ci presenta i suoi personaggi, ce li fa scorgere da lontano e poi da troppo vicino, da diverse angolazioni, per poi infilarceli dentro la testa, dietro gli occhi. Costruisce le sue trame con cura e le fa scorrere lentamente, fino alla corsa finale.
… ok, adesso la smetto di cantare le lodi della Bender. La trama.
Mona Grey è protagonista e voce narrante, una ventenne socialmente disturbata che viene assunta come maestra nella scuola elementare della sua città. È difficile inquadrarla e anche alla fine non sono certa di esserci riuscita del tutto. Piccole allusioni alla sua infanzia mi dicono che fino a un certo punto stava crescendo senza problemi, un genio matematico e un asso nella corsa. Poi il padre si è ammalato di un male senza nome – non lo dico per dire, non si capisce mai chiaramente cos'abbia – ed è come se Mona si fosse fermata. Abbandona in un certo senso la propria vita, come per fare compagnia al padre nell'impossibilità di vivere appieno. Esita, barcolla, si tiene a galla con piccoli tic e ossessioni, poi piomba nell'assurdo e ne esce di nuovo. Tuttavia, il legame che stabilisce coi bambini della sua classe è incredibilmente forte, soprattutto con Lisa, la cui madre è malata di cancro. Poi c'è lo strano rapporto col bizzarro insegnante di scienze della sua scuola e altri personaggi che non sto ad elencare, ma che ho adorato nella loro costruzione.
Non ho ben chiaro cosa voglia dire Aimee, se siamo tutti straordinari ai suoi occhi o se le poche persone straordinarie siano condannate a vivere con noi, in un eterno Purgatorio.
Ad ogni modo, questo libro mi è piaciuto un sacco. Tuttavia ci tengo a precisare che non è per tutti, perciò magari date una sbirciata alle prime pagine prima di decidervi. Quello che posso dire è che  sicuramente è 'mio'.