Le ultime 5 ore - Douglas Coupland


Dunque. Mi è già capitato di parlare di Douglas Coupland un paio di volte, qui e qui. Si tratta di due libri che mi erano piaciuti un sacco, ma cui non avevo dedicato un'intera recensione, perché dopotutto non sentivo di avere molto da dirne. Di questo invece sì. Questo libro che odora vagamente di Palahniuk e mi fa pensare che a Coupland piacciano i Tool, che corre sul filo sottile tra cinismo e speranza nello splendore umano.
Le ultime 5 ore, scritto nel 2010 e portato in Italia da Isbn Edizioni nel 2012, in un'ottima traduzione di Marco Pensante.
Ieri sera ne parlavo con mia sorella al telefono. Le dicevo che avevo appena finito di leggere un libro 'bellissimo', senza però trovare le parole per descriverlo. La trama è semplice, a cercare di spiegarla viene fuori appena un boccone di storia. Però via, ci proverò lo stesso, che magari con l'aiuto del caffè mi riesce meglio.
Nel bar di un albergo si ritrovano, per pura coincidenza, quattro persone. Karen che ha dato appuntamento a un certo Warren conosciuto su Internet; l'ex-pastore Luke che ha rubato i soldi della parrocchia dalla quale è appena fuggito; Rick, il barista ex-alcolizzato; e Rachel, una ragazza con lesioni al lobo temporale destro e una qualche forma di autismo, che non riesce a distinguere i volti. Si ritrovano lì riuniti, questi emeriti sconosciuti, mentre il mondo fuori impazzisce. Il petrolio arriva a 250 poi a 300 dollari a barile. Il prezzo continua a crescere e questo scatena la psicosi. Non è ben chiaro cosa accada al di fuori, c'è solo un'assurda minaccia che li spinge a rinchiudersi nel bar e ad aspettare che la situazione si sistemi.
E lì dentro parlano un po' di tutto. Fanno i conti con se stessi, con le persone che erano, con le loro convinzioni, con l'idea del mondo, di religione, di persona. Certe discussioni mi hanno fatta rabbrividire, altre mi hanno riempita di uno strano calore quasi religioso. È stato come leggere una Bibbia dell'umanità. Nessun Dio, nessun Diavolo. Solo noi e i nostri organi.
I personaggi. I personaggi sono fantastici. Bellissima la loro caratterizzazione, il racconto del loro passato, di quello che li ha portati in quel bar. Per una qualche strana ragione sembra che tutti loro vi siano arrivati nel tentativo di cercare una svolta nella loro vita o forse soltanto un 'qualcosa'. L'unica incongruenza che posso trovare è il fatto che in questo bar si siano riunite proprio queste persone così particolari, così bizzarre, così diverse. O forse Coupland cerca di dire che siamo tutti ugualmente diversi, anche se non ce ne rendiamo conto. O più probabilmente sono io che cerco significati espliciti dove Coupland voleva raccontare una storia.
La storia progredisce con un rimpallo di punti di vista, ma è sempre narrato in terza persona, a parte i pochi capitoli del Giocatore Uno che sono in prima. Lo stile è calmo, incredibilmente normale. Non ha nulla dell'inquietudine o della volgarità di Palahniuk, è piuttosto... non so, coi piedi per terra. Ben piantato in questo mondo. È come se Coupland sapesse che non ha bisogno di andare a cercare nella turpitudine più squallida e melmosa della nostra società, per arrivare al punto. Scrive tranquillo, senza esagerare. Mi piace.
Che altro dire? Lo consiglio. Davvero. Mi ha fatto venire voglia di ricopiarne interi capoversi, per poterli avere sempre accanto quando mi sveglio. Credo che sarà uno di quei libri che ricorderò sempre, per quello che mi hanno dato. Credo che, se mai dovessi incontrare Coupland, gli chiederò un abbraccio. Credo che ve lo consiglierò di nuovo, perché mi sento di doverlo ribadire.
E credo che ora vi augurerò una buona giornata, una buona Pasqua a chiunque creda e delle ottime uova a noialtri.
E buone letture.