Incontro con Joanne Harris - ovvero dell'adorazione e della deferenza


Difficile passare per questo blog e non subodorare quanto adoro Joanne Harris. È tra gli autori che nomino più spesso e con più affetto. E oggi le ho stretto la mano. Ha una bella stretta decisa. E guardo con la più sincera adorazione la firma che mi ha tatuato sulla mia copia di Chocolat.
Sono arrivata alla libreria Coop Ambasciatori di Bologna che mancavano quasi tre ore alla presentazione del libro. Il tempo di due caffè e di un muffin, di due puntate alla toilette, di varie ispezioni dei tre piani della libreria e della metà finale di La meccanica del cuore. Poi, attesa. Appena ci hanno detto che potevamo sederci, mi sono fiondata su quella sedia. Sapevo che sarebbe stata la sedia. Quella esattamente di fronte a Joanne. La sedia del fanatico o dello stalker. La mia. È arrivata con un ritardo così leggero che forse l'ho soltanto immaginato. Una breve ma doverosa presentazione da Alberto Sebastiani, il giornalista che avrebbe dialogato con Joanne per quasi un'ora.
Specifico due cose.
Tanto per cominciare, l'interprete, Chiara Serafin, è stata eccezionale. Non riuscivo a capacitarmi di tanta solerzia, di tanta bravura. Una velocità non soltanto nel tradurre, ma anche nell'adattare che... no, davvero. I miei complimenti più sentiti a questa donna. Impressionante.
Seconda cosa.
Sono deficiente. Avevo lo zaino così pesante che ho ancora mal di spalle. Un libro di testo, due di narrativa e due blocchi per appunti. E mi sono dimenticata la penna. Sì. Sì, mi sono dimenticata la penna. Conseguentemente non ho potuto prendere appunti, perché quando me ne sono accorta era ormai troppo tardi. Che imbecille. Ridete di me, che a me non restano che le lacrime.
Perciò non posso fare altro che spremermi la memoria per offrirvi vergognosamente le poche gocce di conversazione che vi sono rimaste caparbiamente attaccate.
Joanne aveva deciso di non scrivere altro su Vianne dopo Le scarpe rosse. Un po' perché non voleva cristallizzarsi sul personaggio e un po' perché temeva che l'editore avrebbe sempre preteso quello da lei, visto che Chocolat è senza dubbio la sua opera più di successo. Eppure, anche dopo la risoluzione, ha continuato a fantasticare su come sarebbe potuta andare con Vianne. Farla tornare a Lansquenet. E come? Ve lo dico, tanto immagino si siano saggiamente fermati all'incipit del romanzo durante la discussione. Luc, il nipote di Armande, compie 21 anni ed entra in possesso dell'eredità lasciatagli dalla nonna. E nel lascito rientrano anche alcune lettere scritte da Armande, una delle quali è destinata a Vianne.
Questa volta, sul fiume non si accampano zingari o vagabondi, ma una comunità musulmana. Ed è una donna musulmana quella con cui Vianne cerca di stabilire un contatto, tentando di travalicare il muro del velo e le barriere culturali. Joanne ha dialogato con diverse donne musulmane, per poter rendere appieno questa cultura. Ha detto di aver studiato a lungo credenze, superstizioni, religioni, che secondo lei stanno tutte 'sotto lo stesso grande ombrello'.
Torna Reynaud, anche se non più come figura antagonista. E torna cambiato. D'altronde sono passati otto anni dalla fine di Chocolat.
Joanne ha preso spunto dal figlio autistico di un'amica per la seconda figlia di Vianne, Rosette. Nei libri non dichiara mai esplicitamente la malattia della bambina, non vuole porre l'accento sul problema o su un 'qualcosa che non va', ma sull'essere diversi, fatti a modo proprio. Tuttavia molti genitori di bambini autistici le hanno scritto, per dirle che riconoscevano la sintomatologia e i comportamenti dei figli in Rosette.
Mentre in Chocolat Vianne si trova ad avere a che fare con il timore irrazionale verso la Chiesa, derivante per buona parte da un trauma infantile e in Le Scarpe Rosse deve confrontarsi con la paura del genitore verso i figli e la possibilità di perderli, in Il Giardino delle Pesche e delle Rose, Vianne dovrà affrontare la paura del tornare indietro.
Ho adorato quanto ha detto su Roux, quando Alberto le ha chiesto del silenzio tipico di quel personaggio. Roux non mente, ha detto Joanne. Piuttosto che mentire, preferisce non dire nulla. E non dà valore a molte cose che per noi un valore ce l'hanno eccome. ''Non gli importa del passato, perché è finito. Non gli importa del futuro, perché potrebbe non venire mai.''
Alla fine sono stata l'unica a porre domande. Ho inciampato due volte, una mentre mi allungavo per prendere il microfono e l'altra mentre indietreggiavo appena per tornare al mio posto. È bello sapere di poter riuscire a prendere la parola, anche se poi finirai per balbettare con le mani che tremano. Ho domandato a Joanne se si fosse sentita in qualche modo offesa dagli evidenti cambiamenti nel film, soprattutto per la figura prepotente e antagonista del prete Reynaud che viene sostituita da quella autoritaria e inquadrata del sindaco. Ho riso, quando ha detto che 'dopotutto erano americani'. Con una figura ecclesiastica tanto negativa si sarebbero giocati un 50% del pubblico USA, quelli che hanno votato per Romney. Ha aggiunto che il film comunque le è piaciuto molto.
Le ho chiesto anche un commento sull'uso particolare che fa della magia, un elemento quasi onnipresente nei suoi libri, che però non finisce per inghiottire la trama come capita solitamente nella narrativa fantastica moderna. Ovvero, la magia è presente ma non è determinante o soverchiante. La magia, per Joanne, è percezione. Non riesco a ricordare esattamente come continuasse la sua risposta, se non la parte finale, che ho largamente apprezzato. Lasciare la scelta al lettore: è lui a decidere se si tratti di magia o meno.
Aggiungo soltanto che ho adorato il suo accento british e il suo modo di sorridere, di offrirsi al pubblico e sollecitare domande. Ho passato tutta la presentazione ad attendere le pause nella conversazione per poter tossire, eppure non mi ha mai lanciato un'occhiata infastidita. Ha risposto nel giro di pochi minuti al mio tweet adorante, in cui le dicevo che mi sarebbe piaciuto riuscire a dirle quanto amo i suoi libri e la forza dei suoi personaggi femminili, invece che un imbarazzato 'Sssff'. Davvero, credo mi sia uscito un suono di questo genere. Sono riuscita soltanto a porgerle la mia copia, a balbettare il mio nome e a ringraziarla prima di fuggire con la faccia in fiamme.

'To Erica, bon appetit
Joanne Harris'

Grazie, Joanne.