Due recensioni in un colpo solo - Roddy Doyle e John Fante

Buongiorno a tutti! Oggi mi sono alzata proprio di buonumore. Veramente. Sarà che negli ultimi tempi sento che sto lavorando a qualcosa, sarà che esco un po' di più – madre mi ha amorevolmente regalato un biglietto dell'autobus da 8 corse, che Chi-di-dovere la benedica – oppure sarà che ho ripreso a leggere a letto, prima di addormentarmi. Sarà che mia sorella arriverà in Italia tra meno di una settimana, dopo sei mesi di Germania, per una piccola vacanzuccia e potrò respirare la sua presenza per una decina di giorni.
Eccomi qui, domenica mattina, il pancino pieno e gli angoli delle labbra che tendono al soffitto. Ieri ho finito di leggere entrambi i libri che stavo leggendo negli ultimi tempi, uno di pomeriggio e l'altro prima di dormire, sotto il calduccio del piumone. 'Aspetta Primavera, Bandini' di John Fante (Einaudi, 1938) e 'Paddy Clarke Ah Ah Ah!' (1993, Guanda) di Roddy Doyle
Negli ultimi tempi non mi capitava più di leggere più libri contemporeaneamente. Mi concentravo su uno e finchè non l'avevo finito non iniziavo altro. Però con questi no, stavo leggendo Doyle che m'è venuta voglia di leggere Fante. Mi hanno chiamato insieme, in contemporanea. Ed è buona educazione rispondere, via.
È stata una lettura, effettivamente, un po' confusionaria. Ammetto che ci sono degli atti che non ricordo se appartengano a Paddy o ad Arturo – personaggio principale di 'Aspetta Primavera, Bandini', figlio di Svevo Bandini. Ci sono delle forti similitudini nei loro giochi, nel loro atteggiamento verso i fratelli minori, verso i genitori, verso i compagni di classe, verso gli insegnanti... si macchiano le mani e poi si perdonano. Nel rapido ed evanescente pentimento di Arturo è presente una componente cattolica, un timore dell'inferno che metterà a tacere correndo a confessarsi. Paddy no, non riflette sulle proprie malefatte, rimane un bambino ingenuo anche nelle sue crudeltà fino quasi alla fine del romanzo.
Non mi piaceva, Paddy, inizialmente, così come non mi piaceva Arturo. Se fossimo stati compagni di classe li avrei sicuramente tenuti alla larga. Prepotenti, spargono una strana crudeltà senza reale cattiveria attorno a loro. Mentre Arturo agisce d'impulso, senza pensare, c'è una certa fredda logica in Paddy. Una negatività forte, disturbante, che influenza tutta la lettura. Paddy ha dieci anni, Arturo ne ha quattordici. Sono ragazzini, non dovrebbero essere così spietati.
Forse è stato questo a disturbarmi, il ricordo. Quando si cresce si tira una mano di vernice su quanto non ci è piaciuto della nostra infanzia. O meglio, su quanto abbiamo fatto che, a ripensarci, ci fa stare male. Dà fastidio quando il personaggio di un libro arriva e gratta via la vernice secca, ricordandoti che neanche tu sei stato un angioletto. A ripensarci, posso io prendermela con Paddy o con Arturo? Ho la coscienza così linda e candida da potermi permettere di additare uno dei due? Occhi negli occhi e mano sul cuore, no. Proprio no. La mia classe delle elementari sarebbe stata idilliaca, senza di me. O forse ero ciò che impediva ad altri bulletti di sorgere dai banchi e dettar leggere, non lo so. Però ero veramente uno sterco di bambina.
Ad ogni modo, mettiamo ordine nelle trame.
John Fante
Arturo ha quattordici anni, due fratelli minori, August e Federico, una madre ultra-religiosa e un padre muratore. Sono poveri, è inverno e il lavoro scarseggia. La rabbia del padre verso la condizione della famiglia si riflette in Arturo, che odia essere povero e ancora di più, odia essere italiano. Vorrebbe essere americano, vorrebbe evitare gli sguardi compatiti delle suore, vorrebbe che Rosa gli rivolgesse almeno un sorriso. Arturo è violento e rabbioso, August ha l'animo pio e religioso, pronto al perdono e con sogni di tonache. Federico è un bambino, ancora non è pienamente. 'Aspetta Primavera, Bandini' è lo scorcio di un frammento d'inverno nella loro vita, il racconto di una crisi narrata dai loro occhi stanchi. Il perfetto scorcio di famiglia italiana in America.
Roddy Doyle
Paddy, invece ha dieci anni, è irlandese e vive in Irlanda, quindi il tema dello spaesamento culturale non lo sfiora neanche. Tutto va bene, all'inizio, Paddy ci racconta tutto in prima persona, saltando da un momento all'altro proprio come se fosse un bambino a parlare, la sua mente che corre veloce scortata magari da una parola che gliene porta in mente un'altra e poi un'altra ancora. Il fratellino si chiama Francis, ma tutti lo chiamano Sinbad. Paddy lo odia, perché è suo fratello minore, ma allo stesso tempo non può evitare di volergli bene. È uno strano legame. Paddy ci racconta dei giochi che fa con gli altri, dei guai che combina. Mi ha irritata più volte, lo ammetto, mi chiedevo come facesse questo ragazzino a non pensare ai problemi che creava agli altri. Kevin è il suo migliore amico e il capetto della sua banda. Continua così per un po', attimi di famiglia e consapevolezza, poi via a fare scorribande tutti insieme.
Poi, a una cinquantina di pagine dalla fine, qualcosa cambia. È come se nella mente di Paddy crescesse un ragazzo, dove prima c'era solo un bambino. Non la chiamerei 'coscienza', ma non saprei neanche che altro nome dargli. I suoi occhi vengono sostituiti con occhi più lucidi e attenti, la riflessione si aggiunge all'istinto. Prima di quelle poche decine di pagine mi chiedevo dove se lo fosse preso ''… l'espressione più bella della sua umanità, della sua capacità di amare'' chiunque avesse scritto il retro della copertina. Poi l'ho capito, era lì alla fine.
La famiglia di Paddy e la famiglia di Arturo hanno un altro punto in comune, che adesso non dico qual è che sennò esagero. Subiscono entrambe lo stesso colpo disorientante, anche se in modo diverso. Sono entrambi romanzi amari, crudi, dolorosi.
Vorrei andare in Irlanda. Vorrei sincerarmi, coi piedi ben piantati sull'asfalto di Dublino, se italiani e irlandesi sono simili come sembrano, a leggere Doyle e McCourt. È da un po' che me lo chiedo.
Ad ogni modo, sono entrambi romanzi che consiglio caldamente a chiunque abbia voglia di farsi scricchiolare un po' il cuore, ma senza sdolcinatezze o romanticisimi, perché entrambi gli autori ne sono avari. Io li ho adorati. Non è l'opera migliore che io abbia letto di Doyle, ma di certo mi ha smosso dentro.
Quindi, vi auguro una buona giornata, una buona lettura, un buon 'qualcosa che dovete fare, vedete un po' voi cosa'. A prima o poi :)