Ancora dalla parte delle bambine - Loredana Lipperini

E alla fine ci siamo arrivati. Oggi è la GIORNATA della donna. L'otto marzo. Ieri ho postato una sequela di lamentazioni, un paio di riflessioni semi-serie e la mini-recensione di un libro, 'Questioni di genere'. Oggi... beh, altre lamentazioni, no?
No, tranquilli. Oggi parto subito col libro.
Frequentavo ancora le superiori, quando me lo sono ritrovato tra le mani. Aveva appena finito di leggerlo un'amica che stavo ospitando in quel periodo e, trovandolo interessante, le ho chiesto di lasciarmelo. Non avevo mai letto così velocemente e con tanta voracità qualcosa che non fosse narrativa. Il naso incollato alle pagine, le mani strette e gli occhi spiritati. Sì, quando una lettura mi prende sono più o meno così. Una specie di psicopatica. Se poi aggiungiamo che mi passo le mani tra i capelli fino a sembrare un misto tra Sweeney Todd e il Dr. Emmett Brown, l'immagine si fa ulteriormente inquietante.
Ad ogni modo.
'Ancora dalla parte delle bambine', di Loredana Lipperini (della quale seguo con costanza e amore il blog, se vi interessa è il link è lì a sinistra) pubblicato da Feltrinelli nel 2007, prefazione di Elena Gianini Belotti, già autrice nel 1973 di 'Dalla parte delle bambine'.

È una lettura dolorosa, che fa rabbrividire e indignare a più riprese. Gli argomenti sono variegati e spaziano dalle prime socializzazioni all'asilo e alle elementari fino alla fruizione dei media, alle pressioni da parte della società subite dalle neo-mamme. Una delle cose che più ho apprezzato è l'aderenza all'attualità: la Lipperini discute infatti di social-network, delle tendenze, dei troll maschilisti che attaccano qualunque blogger si dedichi ad argomenti scientifici o tecnici, come se fosse un'invasione di campo estranea e ostile. E ancora, i cartoni animati, le serie tv in voga ancora oggi, dalle Winx a Sex and the City. Riviste per ragazzine, periodici per perfette genitrici e analisi delle immagini pubblicitarie. Bambini che scrutano l'orizzonte con cipiglio eroico, magari con una natura lussureggiante e misteriosa come sfondo, il corpo proteso verso l'avventura e il contrasto stridente con bambine/bambole mollemente appoggiate su divanetti dai colori pastello, rinchiuse in stanze rosate, le labbrucce imbronciate, le gambe nude e le spalle scoperte.
Si parla di anoressia e malattie alimentari, si parla dell'altissima e preoccupante incidenza della violenza fisica o sessuale di cui sono vittime – nel 2007 – il 31,9% delle donne tra i 16 e i 70 anni.
Posso uscire dal libro e dire la mia?
Credo di non conoscere nessuna ragazza che non abbia mai subito almeno una pacca sul sedere, una mano morta sul tram, una stalkerata, qualche apprezzamento pesante per strada, un'alzata di gonna o quant'altro. Sono cose ovvie, che 'succedono', apparentemente inoffensive. Eppure io ricordo ancora come mi sono congelata quando, per la prima volta, un vecchio porco (definizione assai Bukowskiana) mi ha strizzato una chiappa per strada. Avevo dodici anni e indossavo un paio di jeans vecchi di mio padre tenuti su da una cintura e una vecchia camicia sgualcita di mio nonno. Sì, ero una vera fashion-victim. Eppure questo vecchio mi ferma, mi rivolge la parola e mi palpa il culo. Onestamente, non me l'aspettavo. Rimpiango ancora le urla che non gli ho tirato. Le ho rimpiante quella volta, le ho rimpiante le volte successive. Perché sono cose che capitano, è inutile nascondercelo. E non è che lo dico come fosse la confessione del secolo, non mi sveglio certo di notte con la mano di quel vecchio a palparmi l'anima. È che qualche giorno fa giogioneggiavo su Facebook e mi sono imbattuta in questo link sul sito Giornalettismo. A disgustarmi non è stato l'articolo in sé, che tratta dell'aumento esponenziale delle molestie a Istanbul. Oddio, mi ha fatto un po' rabbrividire anche questo. Ma per capire i brividi di disgusto che mi hanno sconvolta dovete leggere in basso, nella discussione. Tante donne che s'indignano, un maniaco che tesse le lodi delle toccatine sui mezzi pubblici e un maschilista misogino che getta la colpa sulle donne che si vestono da meretrici (notare gli sforzi per mantenere un tono educato) e che fanno quindi violenza sul povero ometto che deve resistere alla condizione di abusarne. Cioè, ma...
Ok, la logica è condannabile da così tanti punti di vista che non ho nemmeno bisogno di elencarli. Va da sé che il tizio è frustrato e limitato. Ma esiste.
Torniamo ad immergerci nel libro, anche se per poco, ormai ho quasi concluso questa recensione un po' amara. La Lipperini cita diversi studi – le numerose citazioni riportate in grassetto, prese dal mondo della politica, dei media o della cultura arricchiscono e completano l'opera – tra i quali alcuni si riferiscono alla sfera ludica nell'infanzia. I giocattoli. La professoressa di sociologia ci narrava di quanto disperatamente avesse dovuto lottare con suoceri e genitori per poter regalare al figlio maschio la bambola che lui stesso aveva chiesto. I giocattoli ci forgiano il carattere, c'è poco da scherzarci. Sarei stata una lettrice, se non mi avessero regalato dei libri? E se mi avessero negato le costruzioni o le tartarughe ninja, ora mi vestirei di rosa e mi truccherei sempre prima di uscire? O se viceversa non mi avessero lasciata giocare con bambole e Barbie, ora avrei i capelli rapati a zero e passerei le giornate a parlare di macchine e motori? Dai, lo sappiamo che sto generalizzando senza pietà. Le tipizzazioni facili e gli stereotipi sono quanto ci viene propinato dai media, dopotutto. Mi permetto di scherzarci perché ne sono consapevole. I bambini non lo sono, però. Loro dovrebbero essere tenuti lontani da queste facilonerie mentali in cui sono al contrario immersi, come in una melma vorace di sessismo e pubblicità scontate. Altrimenti cosa diventano?
Chiudo qui. Vorrei potervi rivolgere un qualche augurio in sincerità, ma sono due minuti buoni che scrivo e cancello, quindi rinuncio e basta. Magari l'anno prossimo saremo tutti più sorridenti e propositivi. Magari un osservatorio sulle differenze di genere nelle televisioni... e continuiamo a sognare, via.
Buona giornata a tutti, ecco. Quale che sia.