Libri belli e grafiche di copertina - per una lettura estetica e superficiale #2

Un paio di settimane fa scrivevo due parole su Gomoria di Carlo H. De’ Medici, un classico mancato della letteratura esoterico-decadente italiana recentemente recuperato da quelli di Cliquot. Vedete bene che l’impatto visivo della cover spezza il fiato a chiunque sia un minimo sensibile al bello; nella recensione, prima di iniziare a chiacchierare del romanzo, accennavo a un mio vecchio post – Libri belli e grafiche di copertina, per una lettura estetica e superficiale – in cui, mi cito testualmente, “non facevo che sbavare copiosamente su progetti grafici meravigliosi e originali; va da sé che la prima casa editrice a venirmi in mente è Cliquot”. Pochi giorni dopo la pubblicazione della recensione, mi sono accorta con un leggero imbarazzo – che alle mie minchiate sono ormai avvezza – che non solo Cliquot non era la prima casa editrice citata nel pezzo, ma che nemmeno la nominavo.

 


Realizzazione. Gelo. Sipario. Non ho ben chiaro come sia stata possibile questa svista – vostro onore, non so spiegare – ma agli inciampi si sopravvive facendo ammenda. Mi urge dunque non di correggere a ritroso l’elenco incompleto, ma di scriverne un altro a stampella del primo.

Cliquot la incenso dunque per la pignoleria quasi patologica con cui recupera e adatta le illustrazioni originali, per gli acquerelli che sono già di per sé opere d’arte, per i rimandi al liberty e all’art decò. Aggiungo un’altra cover da far battere il cuore al grafico più minimalista, ben lontana dai toni scuri e minacciosi di Gomoria, I racconti della biblioteca fantastica.

 


Edizioni Black Coffee è una casa editrice giovane incentrata sulla narrativa nord-americana, che ha portato in Italia autori immeritatamente sconosciuti – da noi. Ma questo è un post estetico e superficiale, quindi pensiamo all’unitarietà concettuale del progetto grafico pop e colorato, alle linee morbide, al lettering dinamico, acceso, che partecipa attivamente al disegno.

 


Edicola Ediciones è per me la cover di Space Invaders di Nona Fernàndez; credo sia stato in assoluto il mio primo approccio con la casa editrice, che si prefigura l’arduo compito di fare da ponte tra la letteratura cilena e quella italiana, pubblicando i propri titoli in più lingue. È difficile scegliere quali copertine riportare a esempio del progetto grafico: gli stili cambiano, i colori variano, le costanti sono caratteri formali – il lettering, il logo spostato verso il centro dell’immagine, la tendenza a illustrazioni realistiche, dai tratti chiari.

 

 

Quello che lega insieme queste case editrici – e quelle del post precedente – non è solo la cura del progetto grafico nel suo insieme; altrimenti sarebbero qui anche Einaudi o Astoria. Il punto è che le grafiche sembrano davvero fare da eco alle storie che racchiudono; creano aspettative, impostano un tono, accennano un racconto: comunicano col lettore ancora prima che questo abbia letto la quarta di copertina.

Ovviamente c’è anche un secondo punto, non meno pregnante di quello appena spiegato, che accomuna i progetti grafici che cito: il mio personalissimo e insindacabile gusto.

A pensarci bene, dovrei inviare questo post al mio professore di grafica pubblicitaria delle superiori; credo che sarebbe contento di vedere che ricordo ancora qualcosa – e che tra le altre cose ho imparato anche la sua pignoleria.