Chiedi scusa! Chiedi scusa! di Elizabeth Kelly - La biografia di una famiglia disfunzionale

Non ho mai letto Anna Karenina – ma mi sono ripromessa di farmi trovare pronta al prossimo lockdown con quello o con Guerra e Pace – ma ho ben presente l’incipit, “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo”. Aggiungo alla tipica allegrezza di Lev che in percentuale le famiglie felici non mi sembrano affatto la maggioranza; a me, almeno, pur cercando di scandagliare le relazioni tra i miei amici e i loro famigliari, ne vengono in mente pochissime – che diano davvero felici, intendo. C’è chi lamenta la distanza emotiva, chi l’eccessivo controllo, chi si sente sfidato o giudicato, chi non riesce a rivedere nel genitore che la mappa delle proprie storture. La famiglia è una questione complessa, un insieme di ferite impossibili da spiegare a chi non è stato testimone. Possiamo scherzare su Freud e sulle sue fissazioni – che sì, sono eccessive quando traducono ogni tensione in tensione sessuale – ma sull’impatto genitoriale ha ragione lui: qualcosa non va nel rapporto tra il sé e il mondo? Andiamo a rivivere l’infanzia con tutti i suoi traumi e il suo rimosso. Probabilmente il bug è lì.

 

Chiedi scusa! Chiedi scusa! è l’esordio di Elizabeth Kelly, un esordio che risale al 2009, tradotto per Adelphi da Ombretta Giumelli, ed è il racconto in prima persona di una famiglia davvero disgraziata, di quelle che un tempo avrei trovato poco credibili, “Come se esistessero famiglie del genere, come se dei genitori potessero trattare così i loro figli”. Ebbene, a forza di vivere nel mondo e di farne esperienza, ho accettato che tanta crudeltà è possibile in famiglia proprio perché è nell’ambito famigliare che l’essere umano tende a comportarsi con più naturalezza. L’esempio classico è il padre di famiglia violento che fuori fa lo splendido e a casa fa paura. La famiglia è dove i nostri difetti vengono a galla, diventano espliciti, evidenti. Le risposte scocciate che mi viene da dare a mia madre non riuscirei a indirizzarle a nessun altro – risposte che poi mi rimangono piantate dentro a mo’ di rimorso, sia chiaro.

In Chiedi scusa! Chiedi scusa! la famiglia incriminata è quella di Collie Flanagan, che ripercorre partendo dall’infanzia – e dunque dalla genesi del suo nucleo famigliare – la propria storia. Racconta prima di tutto del nonno – il padre della madre –, un uomo freddo, scostante e orgoglioso che pure si ritrova curiosamente ad ammirare, nonostante in famiglia gli siano tipicamente ostili – tutti, dal fratellino di Collie, Bingo, ai genitori fino allo zio Tom, fratello del padre. È forse questa malcelata simpatia per il nonno che rende Collie un facile bersaglio agli occhi dei famigliari, qualsiasi cosa faccia. La sua serietà e la sua accortezza sono caratteristiche malviste dai Flanagan, che sono tutti un po’ spostati, bohémien, artistoidi senz’arte. La casa di Collie ha l’atmosfera sgangherata di una comune hippie i cui membri festeggiano il ritrovamento di un tesoro in denaro – denaro che viene perlopiù dalle tasche dell’odiato nonno-patriarca.


Non è strano che Collie non riesca a sopportare Bingo. Bingo è il suo esatto contrario, ma non per difetto. È ribelle, sfrontato, vivace. Sembra libero da ogni convenzione, pronto a rigettare qualsiasi regolamento per amore della propria autodeterminazione. È una qualità che i Flanagan apprezzano e appoggiano a prescindere dalle lamentele degli insegnanti di Bingo. Bingo è intoccabile, perché nessuno in famiglia si azzarda a mettergli un freno. Collie, che fuori casa viene apprezzato per i suoi successi accademici e per il suo buon carattere, si vede usare come metro di paragone negativo perché si mettano in mostra le perfette qualità di Bingo. Quella dei Flanagan è una famiglia nata per non funzionare.

Il romanzo ci porta dall’infanzia di Collie fino all’età adulta, soffermandosi sulla dolorosa bizzarria dei suoi compagni di viaggio – i suoi famigliari – e le sue disgrazie. Tralasciamo lo stile – che è leggero ed elegante e scorre perfettamente –, è lo struggimento che voglio sottolineare. Che non è uno struggimento melodrammatico, tutt’altro, quanto quella rassegnazione che viene dall’aver accettato pienamente tutto il peso che la vita ci ha scaricato addosso, tutto il dolore subìto, tutto il male che abbiamo fatto; quel groviglio di prove che non abbiamo superato, gli errori e le loro conseguenze risolti nella somma negativa del presente. Collie lo accetta senza ingannarsi, né su se stesso né su coloro che lo circondano. E riesce a capire e ad amare comunque, ed è questo che trovo meraviglioso.


Tornando all’amico Lev, ogni famiglia disgraziata è tale a modo suo, in ogni romanzo offre un tormento inedito. Quello delle famiglie disfunzionali è un tema che non finiremo mai di sviscerare.

Approfondirò una volta o l’altra, perché c’è davvero tanto da dirne.

Ed Elizabeth Kelly l’ha fatto benissimo.