Addio fantasmi di Nadia Terranova - Il romanzo dell'assenza


Addio fantasmi di Nadia Terranova l'ho atteso a lungo, ma non così a lungo. Ne stava parlando mezzo internet – cioè, metà della bolla bibliofila interna all'internet – e alla fine l'ho richiesto in biblioteca. Sono stata in coda un paio di mesi, nulla in confronto al tempo che mi separa da Persone normali di Sally Rooney, per dire – se va bene, lo leggerò nell'estate del prossimo anno. Quando è arrivato, l'ho iniziato quasi subito, e altrettanto presto l'ho messo da parte. Che altro stavo leggendo, in quei giorni? The Irishman, Racconti dal Mississippi, Felici i felici. Addio fantasmi l'ho accantonato per settimane, a poche pagine dall'inizio. Non ero ancora riuscita a capire la protagonista, il suo costante divagare dal qui ed ora, la distanza che metteva tra sé e ogni elemento del romanzo che non fosse il suo senso di perdita. Era come una persona che apre la bocca per confidarti un segreto e subito la richiude. Quando l'ho interrotto non è stato con fastidio, ma con una scrollata di spalle. Fai come ti senti, Addio fantasmi, apriti quando ti senti di aprirti.
Ho ricominciato a leggerlo e due giorni dopo l'avevo finito.



Addio fantasmi inizia con il ritorno di Ida nella casa della sua infanzia. È scalcagnata e malmessa e ha bisogno di riparazioni. Per una volta accorre dalla madre, a Catania, e per un periodo imprecisato torna a vestire i panni della ragazza e della figlia per ritrovarsi in quelli smessi delle aspettative materne; Ida è una mancata madre, una mancata amica, una mancata moglie. A ben vedere è anche una mancata figlia, o una figlia a metà, o una figlia in percentuale variabile. È stata figlia in pieno durante l'infanzia, quando correva sui pattini davanti al padre e si strafogava di nascosto con lui prima di tornare a casa. Poi il padre si è ammalato di una forma grave e imprecisata e di disturbo depressivo, e Ida ha smesso poco a poco di essere sua figlia. Gravata dalle richieste materne di prendersi cura del padre, ha abbandonato anche il rifugio filiale da parte di madre, ma l'abbandono supremo delle vesti di figlia avviene alla scomparsa del padre, una fuga la cui meta è soltanto suggerita dalle circostanze, ma che non prende mai una forma definitiva e necessaria. Ida si accartoccia sull'assenza del padre, è sulla sua mancanza che si avviluppa come un rampicante. La scomparsa del padre determina l'incompletezza di Ida, un'incompletezza che viene ricercata, studiata – riempita? – dalla visita di Ida nella casa di famiglia.

Ida è un fiume in piena nella sua testa, e un ruscello disseccato in superficie. Fa fatica a dire quello che pensa, le parole le mancano proprio quando dovrebbe usarle. Non riesce a porre le domande che dovrebbe, la sua mente ritorna costantemente in un posto vuoto, quello lasciato dal padre, la ragione del suo eterno non essere, la causa delle sue relazioni vissute a metà, – il marito dal quale si ritrae emotivamente, la sua migliore amica delle superiori, la madre. Non è che Ida non ne sia consapevole; non si può restare intrappolati tanto a lungo in un'ossessione senza rendersene conto e non essere pazzi. Ida non è pazza; le mancano dei pezzi, e non sa dove trovarli.

C'è bisogno di aggiungere che questo romanzo duplice, carezza e coltellata, mi è piaciuto un sacco e che lo consiglio spasmodicamente? No che non ce n'è bisogno. Ma lo sottolineo lo stesso.