Un annetto fa prestavo alla mia coinquilina Restiamo
così quando ve ne andate di Cristò, che mi era piaciuto
tantissimo. Due giorni dopo lei me lo restituisce dicendomi che non
riusciva a leggerlo, non sopportava il protagonista. E un
po' la capisco, Francesco non è facile da digerire, soprattutto per
com'è scritto, senza filtri né abbellimenti, tutte le sue
vigliaccherie e le sue mancanze stampate chiarissime sulla pagina. A
me non disturbava, che certe brutture di Francesco le condivido, e
soprattutto nel periodo in cui l'avevo letto, avevamo qualche punto
di contatto.
Ho punti di contatto anche con David, il protagonista di
Accerchiamento di Carl Frode Tiller, ma vai a sapere perché,
mi disturbano molto di più, e ogni tot pagine vorrei entrare nel
romanzo e procurargli svariati traumi cranici a forza di coppini –
cosa stai a ferire le persone così a caso, sai dove possono
metterseli i tuoi sensi di colpa postumi di trenta secondi, la smetti
di essere così autoindulgente? Ma per quanto David mi stia
antipatico, non è che mi impedisca di leggere oltre. Quello capita
di rado – almeno, con questa motivazione.
Non sono mai riuscita ad andare oltre le prime cinquanta
pagine di Lolita, perché è difficile stare nella testa di
Humbert Humbert senza sentirsi l'anima melmosa, e dire che Grenouille
non mi ha fatto perdere neanche mezz'ora di sonno; malsopporto
Raskolnikov di Delitto e castigo, perché cosa ti viene in
mente di ammazzare 'ste due vecchie se poi non reggi il senso di
colpa? Voglio dire, capisco che il fulcro dell'opera sia soprattutto
lì, nell'essere umano che compie azioni crudeli e poi non riesce a
capacitarsene, nell'accettazione del libero arbitrio etc, ma tutte
'ste centinaia di pagine di un tipo che si strugge e si autocondanna
non le reggo – e credo che la storia della letteratura sia chiara
nel dire che tra me e Dostoevskij la pecca è tutta mia, ma insomma.
Ho provato a fare pace con Fedor leggendo Le
notti bianche, che Benni l'aveva citato con tanto amore in
Di tutte le ricchezze, ma quello è stato il punto più basso
della nostra conoscenza, perché il sognatore intrappolato nella
prigione delle proprie fantasie che continua a blaterare di ciò che
è e non può essere, insomma, io e la mia coinquilina eravamo molto
d'accordo quando ce lo siamo recensito a vicenda. “Onanismo”. E
va da sé che non è solo questo, a ben vedere gli struggimenti di
quel sognatore sono quantomai attuali, ne chiacchierava Ilenia qui
qualche tempo fa, ma non posso farci niente, sono greve e triviale e
a tutti 'sti smarmellamenti mi viene da rispondere con una brutta
pernacchia.
Non ho neanche mezzo dubbio sul fatto che i problemi che
ho con le opere già citate siano da imputare soltanto a me e me
medesima. Qualcosa come dieci anni fa ho letto Il giovane Holden
con sommo fastidio, perché Holden non lo potevo soffrire. Immaturo,
borioso ed egoista. Ma era un ragazzino, e io da adulta dovrei
perdonarlo – non parlo di perdonare Salinger, che ha scritto
giustamente un adolescente traumatizzato dalla morte della sorellina.
Ieri sono stata in biblioteca e ho ripreso una copia, magari adesso
riuscirò a capirlo meglio, visto che sono una persona completamente
diversa – o per meglio dire, sono cresciuta.
Non c'è una chiusa in questo post, e non ci troverete
nemmeno mezza morale. Era un po' che non scrivevo qualche
cavolicchiata da lettrice; mi mancava il senso di allegra comunità
che un tempo infilavo ovunque, che tra lettori ossessivi a volte è bello parlare
di libri come fossimo al bar nelle prime ore del mattino e
commentassimo a voce alta i risultati della partita della sera prima.
Con un meraviglioso senso di chi se ne frega se quello che stiamo
dicendo è giusto o sbagliato, che importanza ha l'esattezza delle
proprie opinioni? Tolstoj segna, Fedor in panchina, Virginia Woolf ha
fatto fallo su James Joyce.