Sono Dio è un romanzo di Giacomo Sartori pubblicato da
NN Edizioni nell'ormai lontano 2016. Credo di averlo preso in
prestito qualcosa come tre mesi fa, rinnovandolo di scadenza in
scadenza nell'attesa che mi chiamasse alla lettura, tra l'uno o
l'altro delle decine di titoli che mi attendono anche da più tempo.
Stabiliamo i connotati formali dell'opera: un diario
scritto ordinatamente, successione cronologica degli eventi a posto,
narratore che ci fornisce il suo punto di vista soggettivo senza uno
sgarro; difatti è difficile provare una reale empatia per i
personaggi, perché li si esperisce attraverso la voce a tratti
infastidita del narratore che di per sé non è proprio un pozzo di
sensibilità e non riesce ad annientare la barriera che lo separa –
e difende – dagli altri. “Altri” per il narratore è un termine
forte, raggelante; esiste lui e poi semmai c'è tutto il resto, che
comunque è piccolo, infinitesimale, tralasciabile.
Va da sé che, da titolo, il narratore è Dio. Non è
chiaro quanto ci sia di vero nella storia narrata dalla Bibbia e dai
suoi fan più sfegatati, se Gesù fosse effettivamente suo figlio o
se fosse un bontempone che l'ha tirato in mezzo a un gioco politico
di cui Dio non conosce neanche le regole. Dio non parla molto della
sua storia con gli umani; parla di sé, dello stupore della
creazione, della bellezza degli astri, delle galassie, degli odori
che fanno le stelle quando ti ci avvicini. Ma non è solo questo; Dio
non parla molto del suo rapporto con gli umani tranne una, la
stangona che solo intorno a metà lettura scopriremo chiamarsi Dafne.
In questo strano diario, Dio è uno stalker. Dopo
miliardi di anni di nulla, vai a sapere perché, si è invaghito di
questa ricercatrice scapestrata che di lavoro insemina mucche,
sessualmente libertina – con scarsi risultati – e con le treccine
viola. Guida una motocicletta, vuole bene all'amico di famiglia che
ha scelto come padre putativo e va a trovare ogni tanto. Brucia
crocifissi, vive in un'ex-pescheria. È una ragazza a posto, credo
che saremmo amiche nella vita reale. Dio se ne innamora, ed essendo
Dio ne conosce ogni atomo, ogni pensiero, ogni improvvisa pulsione;
eppure non è che la capisca. Dio è Dio. Ed è abbastanza triste
vedere tanta onnipotenza avvoltolarsi attorno a un pensiero fisso
senza soluzione.
Un aspetto particolarmente interessante del romanzo è
la ripresa di una questione squisitamente linguistica; secondo la
cosiddetta ipotesi di Safir-Whorf – dai due antropologi che l'hanno
stabilita – o ipotesi della relatività linguistica, il linguaggio
influenza il pensiero, dunque è dal momento che Dio inizia a tenere
un diario, piegando il proprio sentire alla logica della lingua
umana, che inizia a cambiare, mutare, sentire come un umano. Dio
scrive e inizia a conoscersi.
(di più non dico, sennò tanto vale che ve lo racconti
dalla prima all'ultima pagina; diciamo che l'umanità non fa una
grande figura, ma del resto neanche Dio).