Ieri mi sono svegliata con un'influenza feroce. Un
continuo mal di testa, le orecchie tappate, la voce soave di Angus
Young ma molte energie in meno. Avrei avuto un sacco di roba da
rivedere, scrivere e studiare – che quando vuoi scrivere un articolo
per bene, ti tocca giustamente l'indigestione di nozioni – ma
l'esperienza mi ha insegnato che qualsiasi cosa io riesca a produrre
da malaticcia, sarà piagata da strafalcioni concettuali, errori
grammaticali e in soverchiante maggioranza ortografici. Quindi mi
sono detta “Erica, non fare niente che ti toccherà poi
ricorreggere spendendoci il doppio del tempo. Leggi. Leggi come una
bestia”, e così ho fatto. Nella fattispecie, ho terminato la
lettura di Come muoversi tra la folla di Camille Bordas, edito da SEM
(Società Editrice Milanese) appena pochi mesi fa, nella traduzione
di Giuseppe Costigliola.
Cosa c'è da dire prima di tutto di questo romanzo?
Della copia specifica, c'è da dire che non è mia ma di mia sorella,
che è stato il suo regalo di compleanno preso con largo anticipo al
Salone del Libro, che da SEM facevano degli sconti irresistibili. È
stata una delle sue letture preferite dell'anno – le altre sono
Elmet di Fiona Mozley e Figlie sagge di Angela Carter – e anche a
me è piaciuto parecchio. Peccato che Kiki – la mia gatta – abbia
deciso di aggredirlo mentre cercavo di scattarle una foto per
Instagram – i gatti fanno ai post su Instagram quello che gli
anabolizzanti fanno ai muscoli. Mettendo da parte siffatte
sciocchezze, Come muoversi tra la folla è il terzo romanzo di
Camille Bordas e il primo scritto in inglese; la Bordas ha vissuto a
lungo tra Parigi e Città del Messico, prima di trasferirsi
definitivamente a Chicago.
Dunque, vediamo.
Il protagonista e narratore è Isidore Mazal, undicenne,
figlio minore di una nidiata di geni. La famiglia Mazal conta oltre a
Isidore (Dory) i due genitori, due fratelli (Jeremy e Leonard) e tre
sorelle, Berenice, Aurore e Simone. Avendo tredici anni Simone è la
sorella più vicina dal punto di vista anagrafico a Dory, ma come
tutti gli altri ha saltato diverse classi e sta già finendo il
liceo. È una famiglia bislacca, si capisce subito, Dory non ne fa
mistero. La cosa curiosa è che, in qualche modo, sembra tagliato
fuori sia dalle stranezze della sua famiglia che dalla caotica
normalità del resto del mondo, che per lui corrisponde perlopiù al
contesto scolastico.
Tutti i fratelli e le sorelle di Dory sono persone
solitarie, fanno mostra di un intelletto sublime, alto. È come se
soltanto in famiglia potessero trovare un confronto tra pari, ma
anche tra loro non comunicano granché. Dory soffre il silenzio
soffocante della sua famiglia, e più volte cercherà di scappare di
casa senza che a casa ne sappiano nulla. Non che in famiglia non gli
siano affezionati, tutt'altro; non viene mai davvero maltrattato in
casa. È solo che il suo malessere rimane perlopiù inespresso, e non
è che in casa Mazal brillino di intuitività sociale. Se in
qualsiasi punto del romanzo Dory avesse ammesso che la situazione lo
rendeva un po' triste, probabilmente avrebbero cercato di fare
qualcosa per andare incontro alle sue esigenze; esigenze che peraltro
Dory dà per scontato di essere l'unico a provare, mentre invece è
soltanto l'unico che riesca a riconoscerle. Non è un genio come gli
altri, e forse è questo che gli ha impedito di rifugiarsi nello
studio, in una qualche specializzazione-trappola. La madre ha sempre
pensato che fosse diverso dagli altri fratelli, che avesse qualcosa
in più rispetto a loro. Che fosse premuroso, gentile, attento agli
altri. Una persona sensibile, insomma. Dory avverte chiaramente la
responsabilità dell'etichetta, e insieme sente che gli toglie
qualcosa, come se gli precludesse l'ammissione al club della famiglia
Mazal.
Come muoversi tra la folla copre un po' più di due anni
nella vita di Dory; anni importanti, gli ultimi delle medie. Ha un
bel rapporto con sua madre – per quanto non si apra nemmeno con
lei; ha un'amica di nome Denise che soffre di depressione e non vede
l'ora di morire; mi commuovono parecchio i ponti tra Dory e Simone,
che insiste perché scriva la sua biografia – che un po' è
presunzione, un po' è una scusa per passare del tempo insieme – e
gli altri fratelli/sorelle. Dory è il più giovane e il meno dotato,
ed è anche quello che osa di tanto in tanto immergere appena un
piede nel mondo esterno per vedere com'è, senza rifuggire
aprioristicamente da tutto ciò che gli possa sembrare frivolo o
irrilevante dal punto di vista accademico. Ha capito che la vita è
disordinata e cerca di farsela andare bene. Cosa che soprattutto le
sue sorelle maggiori non hanno mai imparato a gestire, difatti è
proprio e soltanto Dory a rendersi conto del loro disagio, anche se non sa bene cosa farci. I suoi scambi con Simone,
Berenice e Aurore sono forse i punti del romanzo che mi hanno colpita
– e ferita – maggiormente.
Quindi. Ecco, l'unica postilla che mi pare d'uopo
aggiungere è che più o meno tutti i membri della famiglia fanno
mostra a diversi livelli di forme altamente funzionali di autismo,
talvolta così smaccatamente – a un certo punto si parla del padre
di Dory che va in palla all'ufficio postale perché poco abile nelle
interazioni – che leggendo pensavo “Camille, anche meno, abbiamo
capito che è ereditario”. Certi momenti sembravano pescati un po'
troppo chiaramente dal DSM, il che è bizzarro, visto che i termini
asperger e autismo non vengono mai esplicitati. Vai a sapere cosa
avesse esattamente in mente Camille.
(comunque il libro mi è piaciuto un sacco).
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