Di Sally Rooney si è parlato – e si parla – così
tanto che la prima reazione di molti lettori è la chiusura completa,
il rifiuto di un caso editoriale urlato così forte che sembra
pilotato, con tutta la conseguente aspettativa di ciofeca estiva. Ed
è un istinto che capisco e di cui sono stata spesso vittima, – i
casi editoriali che si rivelano tutt'al più mediocri sono così
tanti che è normale partire prevenuti, difatti la buona Sally l'ho
attesa con pazienza un mesetto buono, avendo prenotato in biblioteca
il suo romanzo d'esordio, Parlarne tra amici. Persone
normali, il suo secondo romanzo di cui tanto si parla, si posta e
si twitta, lo leggerò quando avranno finito le 23 persone in coda
prima di me, – 'cidenti.
Parlarne tra amici non è una ciofeca estiva –
tutt'altro – pur non arrivando a costituire un assoluto capolavoro. È una lettura leggera,
piacevole, decisamente attuale. È anche parecchio interessante per
il modo in cui la vicenda è raccontata, con una spietata
auto-consapevolezza, un costante monitoraggio delle proprie azioni e
dei propri sentimenti da parte della protagonista e narratrice,
Frances.
Ma andiamo con ordine, – e quando mai.
Parlarne tra amici è stato pubblicato da Einaudi
nel 2018 per la traduzione di Maurizia Balmelli. L'autrice è nata
nel 1991 a Dublino, ha studiato letteratura americana al Trinity
College – e si sente – e ha pubblicato un buon tot di racconti su
prestigiose riviste letterarie. Sono certa che si riveda nella sua
protagonista, la ventunenne Frances, poesia e problemi alimentari,
codipendenza affettiva e filosofia politica radicale. Vive da sola in
un appartamento che appartiene allo zio, frequenta l'università, fa da lettrice per
un'agenzia letteraria, si esibisce in recital di poesie mai
pienamente raccontati insieme al suo primo amore, Bobbi – che
nonostante il nome è una donna, una bellissima donna
– che ora è la sua migliore amica. Capita che a una di queste
serate entrino in contatto con Melissa, fotografa e saggista,
trentasette anni, una donna intelligente e raffinata che le invita a
casa sua per un bicchiere e qualche giorno dopo per una cena. A
questa cena è presente anche il marito, Nick, un attore bellissimo
che lì per lì appare un po' vuoto, di contorno, e di cui Frances si
innamorerà pazzamente nel giro di poche pagine.
La trama, vista così, è abbastanza sciapa;
un'originalissima storia di amore e tradimento – proprio wow – ma
la faccenda fa presto a dimostrarsi più complessa. Tanto per
cominciare le persone sono complesse in quanto individui, diventano
ancora più complesse quando hanno a che fare con altre persone –
figuriamoci poi e sono come Frances e Nick, che denominerei con
affetto figli del PTSD – e il contesto attorno è assai meno
prevedibile di quanto non si penserebbe a una prima occhiata. Come
dicevo poc'anzi, Parlarne tra amici è molto attuale, in un
modo che rovinerebbe la lettura se ne parlassi così, sarebbe uno
spoiler letale. Dico solo che personalmente ho gradito – e molto –
i vari risvolti emotivi e sentimentali.
L'altra faccenda che rende Parlarne tra amici un'ottima
lettura è la voce narrante consapevolmente fallata; un paio di
giorni fa stavo guardando Derry Girls, una spassosissima serie su
Netflix incentrata sulle vicende di un gruppo di ragazzine
nell'Irlanda degli anni '90. In quel periodo usciva I soliti
sospetti, e il mio personaggio preferito – la cinica Sister
Michael – denota Kaiser Soze come un unreliable narrator, il
narratore inaffidabile. Ora, giriamoci poco attorno, quando
raccontiamo di noi – a noi stessi e a chiunque altro – siamo
sempre narratori inaffidabili; la realtà oggettiva e immanente può
anche starci davanti agli occhi, ma filtrandola con la nostra
prospettiva squisitamente umana la recepiamo ognuno in un modo
diverso, senza contare il fatto che la mera selezione di cosa
raccontare è di per sé una scelta soggettiva, ma adesso non
allarghiamoci che sennò di Sally Rooney non parliamo più. Il punto
è che Frances sa di essere una narratrice inaffidabile, e con
un'onestà spietata offre al lettore tutti i suoi timori, i
meccanismi mentali che la portano a una determinata scelta, le sue
paranoie più sciocche, i suoi errori di giudizio. Sappiamo che
quando ci racconta la sua lettura di una conversazione dovremo
prendere il suo giudizio con le pinze, e non è tanto questo a
costituire l'originalità della narrazione – figuriamoci, da Svevo
a Nabokov ad Agatha Christie i narratori inaffidabili fioccano in
letteratura – quanto la sua consapevolezza. Frances sa di essere
umana, e che la sua prospettiva sia quindi sfalsata dal suo vissuto.
Ho trovato eccellente anche la descrizione di come il
suo carattere si sia formato e costituito, la somatizzazione dei suoi
problemi, lo strazio dei problemi non somatizzati. La costruzione del
personaggio – sia per Frances che per Nick e soprattutto per la
(mia) diletta Bobbi – è attenta e coerente, per quanto possa dirsi
coerente un essere umano.
Parlarne tra amici non è un capolavoro, dicevo, per
quanto l'abbia letto in un giorno, e non va trattato come tale. Ma è
un ottimo romanzo, scritto con intelligenza e tuttavia leggero e
gradevole, e davvero contemporaneo.
E fossi in voi, seppure comprenda la sfiducia nel caso
editoriale pompato, una possibilità gliela darei eccome.