Io e Vladimir abbiamo iniziato col piede sbagliato
diversi anni fa, quando sono arrivata più o meno a metà di Lolita
per abbandonarlo e decidere che dentro la testa del professor Humbert
Humbert proprio non ci volevo stare, mi metteva i brividi. Meno male
che poi ho preso in mano Una risata nel buio e Ada o
Ardore, di cui vai a sapere perché non ho mai chiacchierato su
questi lidi, anche se il primo è una delle migliori letture degli
ultimi anni. Qualche settimana fa è stata la volta di La difesa
di Luzin, e mi è piaciuto moltissimo anche questo, e magari è
la volta che scriva qualcosa su Nabokov, che sennò finisco per
leggerlo tutto in silenzio e sarebbe strano, visto che ormai il
nostro rapporto scrittore-lettore è intensamente avviato.
La trama di Lolita è arcinota, quindi la
tralascio; Una risata nel buio racconta la rovinosa storia
dell'ossessione di un uomo sposato per una giovane ambiziosa, Ada
o Ardore di una relazione morbosa e incestuosa. La difesa di
Luzin ha al centro un'ossessione, ma per la prima volta da quando
ho iniziato a leggere Nabokov, non si tratta di un'ossessione
sessuale, tutt'altro. Luzin gioca a scacchi, è malato di scacchi, se
li tiene impiantati strettamente nei cromosomi. Ma andiamo con
ordine.
La difesa di Luzin è una delle prime opere di
Nabokov, scritto nel 1929 ed è uscito inizialmente a puntate su una
rivista parigina. Scritto in terza persona, inizia raccontando di
Luzin-padre, – il padre del protagonista – un uomo serio e noioso
che scrive libri per ragazzi tremendamente edificanti e
dimenticabili. Luzin-figlio è una delusione amata. Non interagisce,
non gioca, è timido e privo di interessi. Non brilla a casa né a
scuola, ha difficoltà a comunicare coi genitori e con chiunque
altro. Si apre soltanto agli scacchi, il suo unico interesse,
scoperto grazie a un amico di famiglia.
La vita di Luzin alla fine è questa, quella del suo
talento e di dove questo lo porta. Una vita costruita attorno agli
scacchi, in cui ogni scelta punta verso nuove tecniche, nuovi
incontri, nuove vittorie; in cui l'ossessione a un certo punto
presenta il conto, o forse è la pretesta di una normalità inadatta
a corrodere. Non c'è nulla di statico in questo romanzo, e la voce
di Vladimir è sempre la voce di Vladimir.
È stata un'ottima lettura, e devo decidermi a
chiacchierare anche del romanzo che ho preferito di Nabokov, Una
risata nel buio. C'è tanto da dirne, ma saprò io dirne?