Il tema del
BlogNotes di oggi è La lingua come strumento di identità;
un tema bello ampio e bello spesso, che volendo si potrebbe aggredire
da così tanti lati. Questa intanto è l'ultima settimana del Maggio
dei Libri. Mi mancheranno questi post, diamine.
Col tempo il
linguaggio cambia, e cambia anche il modo che abbiamo di recepirlo,
in un continuo e lento rimpallo tra produzione e fruizione. Per
questo ogni tanto i classici vengono ritradotti, talvolta in
specifiche collane autoriali, - mi viene in mente la vecchia collana
Einaudi Scrittori tradotti da scrittori (1983), in cui Levi se
la vede con Kafka e Calvino con Queneau. Magari ci sono termini
desueti, forme sintattiche acerbe che vanno riviste alla luce di una
nuova prassi, e non è nemmeno detto che il testo che ci è arrivato
in italiano sia completo. Ricordo di aver letto per la prima volta
Shirley di Charlotte Bronte in una vecchissima riduzione, -
poco male, l'ha poi ripubblicato Fazi in versione integrale.
Ed è anche
di Charlotte Bronte che voglio parlare oggi, in merito ai mutamenti
nella ricezione di un libro, specificamente per quanto riguarda i
personaggi.
Prendiamo
Jane Eyre, indiscusso capolavoro – anche se personalmente il
mio preferito rimane Villette. Jane è un'orfana accolta senza
affetto dalla famiglia dello zio, che la disprezza profondamente.
Mandata in collegio, capisce presto che farà meglio a imparare a
cavarsela da sola, che avrebbe dovuto fare affidamento soltanto su sé
stessa per tutta la vita e via dicendo. È una donna forte, con un
indomabile spirito di indipendenza, e per tutto il romanzo rifiuta di
piegarsi a qualsiasi decisione che possa mettere in dubbio la sua
libertà di movimento, anche costo di condannarsi all'indigenza,
allontanando la prospettiva di una pericolosa felicità.
Come
interpreteremmo oggi un personaggio come Jane? Un personaggio che
rimane fino all'ultimo ancorato alla propria morale verrebbe forse
etichettato come freddo, noioso, paranoico. Eppure, anche per le
ovvie motivazioni pratiche dietro la sua scelta, - erano altri tempi
e la condizione sociale post-adulterio era alquanto diversa – in
Jane Eyre continuiamo a vedere un esempio di forza e indipendenza,
perché non c'è una sola scelta che non abbia fatto per sé stessa,
sacrificando tutto ciò che non intendeva essere.
Diverso è
il caso di Fanny Price, protagonista di Mansfield Park, - che ne
penserebbe Charlotte, dell'essere accostata a un'autrice che ha tanto
odiato? Mi spezzi un po' il cuore, Charlotte. Fanny Price, dicevo, è
forse l'eroina meno amata nella comunità Janeite. È un personaggio
calmo, silenzioso, di carattere debole e priva della vivacità di
pensiero di una Lizzie o di una Emma. Per il suo comportamento
remissivo, pare piegarsi lei per prima alla condizione di vittima, e
nel film che ne è stato tratto nel 1999, il personaggio di Fanny è
stato arricchito con alcune prerogative di Jane Austen, - la
scrittura di racconti e di lettere.
Fanny non
evolve lentamente come accade a Anne Elliot di Persuasione; il
suo cambiamento è repentino, e avviene nel momento in cui si impunta
nel rifiutare una vantaggiosa offerta di matrimonio da parte di Henry
Crawford, fratello della sua rivale d'amore, Maria. Da apatica, si fa
riottosa soltanto in quell'occasione decisiva, prendendo in mano per
la prima volta il suo destino.
Fanny Price,
benché si impunti in una strenua difesa di sé stessa in modo
analogo a Jane Eyre, non è ugualmente amata dalle lettrici. Al
contrario, sembra riscuotere maggiore successo Mary Crawford,
l'antagonista. Una donna moderna, che rivendica delle aspettative sul
mondo, s'ingegna per passare il proprio tempo in maniera piacevole e
non disdegna di chiacchierare della propria visione del mondo,
essendo consapevole delle proprie prerogative e rivendicandole.
Riveste un ruolo negativo, la rivale della protagonista, eppure la
stessa Jane Austen non la raffigura come una vera antagonista. Mary
si affeziona a Fanny, e con lei si comporta da amica. Nel 1913 verrà
pubblicato in Inghilterra Old friends and new fancies di Sybil G.
Brinton, – portato in Italia da Jo March col titolo Vecchi amici e nuovi amori (2013) - “un immaginario seguito ai romanzi di Jane
Austen”. Qui Mary Crawford sarà uno dei personaggi principali,
pienamente ristabilito, e saranno i due protagonisti di Mansfield
Park a subire le antipatie della scrittrice.
Cambia il
linguaggio, cambiano i lettori e cambiano anche i libri. Alcuni
personaggi rimangono immutati nel cuore del pubblico, altri ascendono
e alcuni vengono riscattati. Ho letto Le notti bianche di
Dostoevskij, e non ho potuto sopportare la prosopopea del
protagonista; ho letto Le relazioni pericolose, e mi sono
sbalordita per la storia che intercorre soggiacente nelle lettere tra
i due “cattivi”, trovandola chissà come delicata, e chiedendomi
come fosse stata percepita a fine '700. Tornando a Charlotte Bronte e
al suo Villette, come vedremmo oggi l'eroe del romanzo, così
rigido e moralista?
Anno per
anno, generazione dopo generazione, ci arricchiamo di nuove culture e
nuovi significati, che diventano poco a poco patrimonio comune. Nuove
parole, nuovi gesti, nuovi pattern di comportamento e punti di vista
che si ribaltano.
Qui i
link dei blog aderenti a BlogNotes, - arrivederci, è stato un bel
viaggio.