Quando
ho deciso di iniziare la lettura di Le relazioni pericolose (o Le
amicizie pericolose, che dir si voglia) di Pierre Choderlos de
Laclos, scritto intorno al 1778, non pensavo che sarebbe stata una
lettura così interessante. Sarà che ne possiedo un'edizione
orripilante, con una copertina che farebbe risaltare di buongusto un
Harmony, sarà che la rivisitazione in chiave moderna Cruel Intentions (Roger Kumble, 2009), mi
è sempre parso un'emerita boiata – e peraltro, dopo aver letto il
libro fonte, posso ben dire che è stato adattato veramente
malissimo.
Ad
ogni modo, è nel programma di letteratura francese, quindi qualche
settimana fa ne ho acciuffato un'edizione un po' più dignitosa –
nella fattispecie un'edizione Einaudi del 1989, tradotta da Adolfo
Ruata – e ho iniziato a leggerlo.
E...
e beh, ci sarebbe un sacco da dirne. Ma veramente un sacco.
Tanto
per cominciare, l'accuratezza nel dipingere la complessa psicologia
dei personaggi. Non bisogna essere brillanti storici per renderci
conto di quanto la scrittura di Les liaisons sia precedente a Freud,
alla psicanalisi e a tutto quell'universo che si fonda sulla
stratificazione della psiche umana. Eppure nel romanzo di Laclos è
centrale il non detto; a essere determinanti non sono le passioni
esplicite, le trame e i tranelli, ma quanto non si ha il coraggio di
esprimere e di ammettere. Il punto cui i personaggi arrivano pur di
non prendere coscienza di sé è straziante, e non nego che mi abbia
ferita non poco.
Un
secondo aspetto che mi ha sinceramente stupita è stato il
progressivo cambio di ruoli dei personaggi; all'inizio Cècile è la
protagonista, il cavalier Danceny è l'eroe e i due astuti viziosi,
la marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont, sono gli
antagonisti.
E
poi? E poi la storia va avanti, le lettere si susseguono e i due
viziosi – Merteuil e Valmont – acquisiscono con ogni evidenza il
ruolo dei protagonisti. Cècile non è che una presenza di contorno,
così come gli altri personaggi di cui leggiamo la corrispondenza.
Mi
rendo conto di non avere ancora detto nulla del romanzo, dando per
scontato che ne sappiate più di quanto non ne sapessi io prima di
approcciarmi alla lettura. È presto detto: Le liaisons dangereuses è
un romanzo epistolare in cui ci è dato di seguire le trame con cui
il visconte di Valmont e la marchesa di Merteuil intendono indurre la
giovanissima Cècile alla perdizione, usando l'affascinante cavalier
Danceny come esca e trofeo, per vendicarsi dell'austero sposo che la
madre di Cècile ha voluto sceglierle.
Pare
la narrazione di un dispetto, ed è quasi così che viene vissuta dai
due confabulatori. Si scrivono continuamente, alternando ai complotti
la narrazione delle loro conquiste parallele, invocandosi a tratti
l'un l'altra eppure senza mai incontrarsi per tutta la durata del
romanzo. Ovviamente leggiamo anche le lettere di Cècile, di Danceny,
della virtuosa e inavvicinabile donna che Valmont tenta di sedurre
fin dall'inizio del libro, la presidentessa di Tourvel. Il quadro che
ci viene dato è più che completo. Peccato che le lettere di Cècile
e Danceny siano un macigno sugli alluci, argomento di cui ho
chiacchierato qui. Ma si tratta di un'irritazione voluta, che dubito
fortemente del rispetto che Laclos stesso provava per i due
trottolini amorosi dudu-dadada.
Cos'è
dunque Les liaisons dangereuses? Detta così pare il racconto di uno
scherzo elaborato e crudele. Eppure c'è di più. Sotto la superficie
c'è una storia dolorosa di insicurezza e mortale orgoglio. Di una
felicità che pare a portata di mano, e che tuttavia i personaggi si
rifiutano di raggiungere per paura di perderla. Il legame tra la
marchesa di Merteuil e il visconte di Valmont è riuscito a
commuovermi come difficilmente mi sarei aspettata; una delle
accoppiate più riuscite e strazianti della letteratura, checché se
ne possa dire. Ma tutte quelle spine, diamine.
Beh.
Che altro dire? Io l'ho adorato, e ho probabilmente dato fin troppi
motivi per motivare il mio gradimento. Leggetelo, e ditemi che ne
pensate, e se avete letto sulle stesse pagine un romanzo totalmente
diverso.