Sarà
che negli ultimi due giorni ha piovuto un sacco e la temperatura è
scesa di quei tot gradi che permettono di respirare, pensare e
muoversi senza sudare copiosamente, ma di questo libro avevo voglia
di parlare che ero ancora a metà lettura. È un libro di quelli che
mi capita spesso di lasciare a metà e che dunque prendo sempre
tenendo in conto la possibilità di abbandonarlo nel giro di poche
pagine. Quei libri che sai già che vireranno sul paradosso e
sull'assurdo allo scopo di divertirti, che giocheranno con la realtà,
distorcendola solo per raccontarla più vera.
Il
vero controllore del popolo di Andrei Kurkov, edito da
Keller nella
traduzione di Rosa Mauro. Un romanzo buffo, assurdo ed
estremamente russo. Di quel russo consapevole, con quella
ridancianeria di fondo sull'eccesso di baldanza dei russi, cosa che
ho gradito assai. Dicevo poc'anzi che mi capita piuttosto spesso di
abbandonare i romanzi che recano una dose abbondante di assurdità a
scopo di di divertire il lettore; il fatto è che se ci si allontana
così tanto dalla realtà, quella finisce di agire sugli eventi e gli
eventi possono prendere qualunque piega concepibile e a me –
personalmente – si prosciuga il gusto dello scoprire come andranno
le cose, visto che non c'è nulla che non possa succedere. La
narrazione diventa priva di sentieri percorribili, è un punto dal
quale passano infinite rette che non ha neanche senso esplorare.
Con
Il vero controllore del popolo non ho avuto neanche per un attimo
questo problema, tutt'altro. Il paradosso è dosato attentamente,
arginato dalle regole di un universo a se stante, quello dell'Unione
Sovietica. Un universo bizzarro e pragmaticamente assurdo piuttosto
che intrinsecamente crudele, il che ha reso la lettura assai più
piacevole.
Ma
della trama, chiedo venia, non ho ancora detto nulla.
Dunque,
in questo romanzo sono presenti diverse linee narrative, tutte
scollegate tra loro, alle quali viene dato uno spazio e un'importanza
assai diversi. La linea narrativa principale, che prende buona parte
del libro, è quella di Pavel Aleksandrovic Dobrynin, un uomo noto
per la sua innata onestà che verrà insignito dell'incarico di
Controllore del Popolo. Il suo compito sarà quello di controllare
che le cose vadano come devono andare e che vengano fatte come devono
essere fatte all'interno dell'Unione Sovietica. Trattasi di un
compito non proprio chiarissimo, tanto più che le linee guida sono
davvero generiche, ma Pavel lo prende sul serio; fa come gli viene
ordinato, viaggia e incontra le innevate periferie, con tutte le
stranezze che queste – e l'incarico stesso – comportano.
Poi
c'è la linea narrativa di un angelo. Cioè, proprio un angelo che,
non riuscendo a capire perché nessuno riesca a raggiungere il
Paradiso dall'Unione Sovietica, decide di scendervi per dare
un'occhiata. Il suo scopo è trovare persone rette e portarle in
Paradiso. Solo che rimane un po' imbrigliato. Non necessariamente in
senso brutto.
Poi
ci sono altre due linee narrative, quella di un attore che ha
insegnato al proprio pappagallo a declamare poesie, e quella del
direttore di una scuola elementare cui piace osservare il cielo di
Mosca dall'alto del tetto della scuola. Sono del tutto prive di una
vera e propria funzione riferibile alle due trame principali, non le
arricchiscono né le spiegano. Però arricchiscono il libro, quindi
sono contenta che ci siano. Sono vagamente curiosa di sapere perché
l'autore abbia scelto di unire insieme nello stesso romanzo questi
personaggi che non c'entrano nulla gli uni con gli altri, che non si
incontreranno mai, che non verranno mai a sapere della reciproca
esistenza. Cosa vuole raccontare Kurkov? L'Unione Sovietica? Voleva
dire che tutto ciò che è accaduto è stato assurdo più che
malvagio?
Che
poi le mie sono domande sterili. Il messaggio del libro è il libro
stesso, punto. Sto sempre a sezionare i racconti, quando poi rischio
di perderne i pezzi.
In
sostanza questo libro mi è piaciuto moltissimo. Un po' per l'assurdo
così ben dosato, un po' per i personaggi, un po' per il tono lieve e
scanzonato. Lo consiglio un sacco, davvero.