Romanzi d'amore che non sono romanzi d'amore

Dunque, invero mi piacerebbe chiacchierare del programma del Salone del Libro, degli eventi che mi interessano e di quelli cui non mancherei neanche dovessi subire l'amputazione chirurgica della gambe nella mezzora precedente. Tipo questo.
Solo che mi è morto il mouse, e un post del genere prevede e necessita di una quantità di link tale da farmi distruggere il touchpad dall'astio, quindi rimando. E chiacchiero invece di un tema che mi vagola in testa da diverso tempo, e che mi è tornato alla mente con più forza un paio di sere fa, quando qualcuno ha nominato in mia presenza Lolita di Nabokov.
Cosa intendo con “Romanzi d'amore che non sono romanzi d'amore”? Intendo romanzi le cui tematiche complesse vengono tralasciate in favore dell'interesse romantico dei protagonisti, che talvolta non è nemmeno tale. Non è un caso che la questione mi sia sorta in testa ripensando a Il grande Gatsby.
Ora, io ho adorato Gatsby. Ho preferito Belli e Dannati e ancora non ho letto Tenera è la notte, quindi non lo definirò il “capolavoro” di Fitzgerald, ma sicuramente mi è piaciuto un sacco. E leggendo dell'ossessione che Gatsby prova per Daisy, non potevo fare a meno di ripensare ad alcune frasi lette qua e là. Una in particolare non mi si scolla dalla testa, e recita più o meno: “Vorrei qualcuno che mi amasse come Gatsby ama Daisy”. Il che per me è abbastanza inconcepibile, ancorché inquietante. Secondo il mio modestissimo parere, Gatsby non ama Daisy. Daisy è stata il suo feticcio durante la guerra, è stata la sua spinta motivazionale, un traguardo privo di corpo. E quel corpo, una volta ritrovatoselo davanti, è stato riempito di tutti i sogni e le aspettative che Gatsby ha maturato nel corso degli anni. Daisy è una creatura quasi stilnovista, è la donna angelo che ho sempre aborrito. Fitzgerald non ha scritto una storia d'amore, ha raccontato le storia di un disperato che si aggrappa a un idolo.
Potrei fare lo stesso discorso con innumerevoli titoli. È davvero definibile “storia d'amore” quella tra Catherine e Heatcliff, in Cime tempestose? È una storia d'amore quella tra Romeo e Giulietta, una scia di cadaveri per una chiacchierata dal balcone? Non ricordo dove, ma poche settimane fa avevo letto una curiosa interpretazione secondo cui la tragedia più amata di Shakespeare sarebbe in realtà una commedia travestita. E può anche starci, dopotutto. Al giorno d'oggi, molti d'istinto la leggerebbero così.
Uno dei romanzi che più mi perplime sapere essere interpretati come storie d'amore è Lolita di Nabokov, di cui ho interrotto la lettura più o meno a metà perché mi disturbava troppo. Ed è giusto così, Nabokov voleva disturbarmi. Mi chiedo cosa penserebbe di coloro che oggi inneggiano al suo Lolita come fosse un manifesto per l'amore libero e senza barriere tralasciabili quali l'età degli interessati.
Il caso che però trovo mi tocchi più da vicino, perché la storia d'amore qui è tra me e l'autrice, è Orgoglio e Pregiudizio. Ci sono altri titoli firmati da zia Jane che sarebbero ben più adatti come esempio – Emma, Ragione e Sentimento, Mansfield Park – ma Orgoglio e Pregiudizio è la sua opera più famosa, e dunque la più colpita dal fenomeno “storia d'amore”.
Ovviamente non sto negando che Orgoglio e Pregiudizio racconti della storia d'amore tra Lizzie e Mr. Darcy. Il punto è che non racconta solo della storia d'amore. I romanzi di Jane Austen sono complessi e attuali proprio in quanto, pur col loro stile semplice e diretto, raccontano sempre qualcosa oltre ciò che è scritto nero su bianco. Orgoglio e Pregiudizio racconta la crescita dei suoi personaggi nonché il peso della famiglia, e critica piuttosto esplicitamente l'alta società inglese. La differenza sta nei gradi di lettura. È abbastanza fermarsi all'esplicito? Si è davvero letto un libro se si eludono le doppie letture?
La mia risposta è nì. Un libro viene scritto dall'autore ma è poi completato dal lettore, dunque ogni lettura, se si basa su quanto è effettivamente scritto, è valida. Ma è difficile operare con assoluta certezza la distinzione tra quello che l'autore ha inserito in un testo e quello che il lettore sceglie di vederci. E tra le letture previste dal testo, dobbiamo anche considerare gli elementi che l'autore ha inserito inconsciamente, la sfaccettatura di quello che forse nemmeno lui vede?
E questo è il momento in cui interrompo la favella e chiedo le altrui opinioni sull'argomento. Trattasi questo post di una lunga sfilza di cavolate?