Piccoli scorci di libri #54

Scompigli in famiglia di Corinne Devillaire – traduzione di Silvia Manfredo – Edizioni e/0, 2015

Questo libro mi interessava da un po', e da quel po' ci girellavo intorno, finché non me lo sono trovato davanti in biblioteca. Mio. Ora, debbo dire che la stessa copertina che tanto mi aveva attratta, a lettura finita mi ha lasciato vagamente nel dubbio. È una copertina che mi piace, e molto. Il chiaro sullo scuro, le linee delle biciclette, le macchie di colore degli uccellini. Mi comunicava qualcosa di allegro e inconsueto. E qualcosa di inconsueto l'ho anche trovato, mentre qualcosa di allegro... beh, sì, anche. In senso lato. In realtà più la critico e più mi rendo conto che forse la copertina è perfetta per comunicare quello che si trova all'interno del libro. Il contrasto, una casa grande e scura sullo sfondo che punta le proprie finestre sulle biciclette di fronte. Fiori e uccellini stilizzati, naif, gioiosi. Sì, ha ragione il grafico. Anche per il solo fatto di avermici fatto arrovellare.
Dunque, la trama.
C'è una famiglia francese disfunzionale. Tipo il topos massimo della letteratura francese. C'è questa famigliola che torna dalle vacanze, genitori e tre figli. La madre, poiché ci stanno passando proprio davanti, propone di andare a trovare la nonna paterna con cui il marito ha tagliato ogni plausibile ponte da decenni. Lui, che non intende spiegare un rifiuto di fronte ai figli, si arrende. Arrivano a casa di nonna Malou e del marito Robert, due sessantenni che sfoggiano un aspetto da quarantenni tenuti bene, in una casa meravigliosa. Lei moglie perfetta, lui chirurgo estetico. Lei praticamente la sua opera d'arte.
Dapprima Malou è scocciata, non vorrebbe avere niente a che fare con quel musone del figlio e coi suoi marmocchi che la fanno sentire nonna, e quindi vecchia. Poi conosce il piccolo Pierre e se ne innamora. E decide, per lui, di diventare nonna del tutto. Di disfarsi della corazza di donna bella e giovanile, di cambiare vita.
Nel frattempo, Clothilde, la nipote maggiore, una sedicenne geniale che già sta dando gli esami per entrare all'università, si innamora di Robert, il nonno acquisito. E intanto Frèdèric, il figlio musone, ha difficoltà a tenere sotto controllo l'astio verso la madre. Clarisse, la figlia di mezzo, osserva.
La storia viene raccontata con una bizzarra modalità a puzzle. Pezzi del diario di nonna Malou, lettere che le scrivono Pierre e Clarisse, diario di Clothilde, deposizioni di mamma Katrin e di padre Frèdèric, ricordi di Clarisse e di Clothilde... un allegro pot pourri che non sempre segue un percorso cronologico lineare, e che tuttavia si segue bene.
I personaggi sono perlopiù interessanti e ben raccontati – specie Malou; la trama prosegue senza intoppi, ed è interessante poter attingere a tanti punti di vista. E mi è piaciuto molto il contrasto tra la storia e il tono scanzonato con cui è raccontata. Quindi sì, consiglio assai.

La vita perfetta di William Sidis di Morten Brask – traduzione di Ingrid Basso – Iperborea, 2014

Pure questo libro mi è interessato a lungo, anche se mi ci è voluto più tempo per procurarmelo. Complice una disposizione poco funzionale della narrativa nordica nella meravigliosa biblioteca reggiana ove solitamente attraccano le mie necessità di lettrice.
Dunque, vediamo. Questo libro mi è piaciuto moltissimo. Moltissimo davvero, e a livello più profondo. La narrazione segue tre diverse linee cronologiche: i primi mesi di vita di William, poi la sua vita in età scolare, poi la sua vita adulta, in un presente che è quello dell'America nel 1944. Per forza di cose, la prima linea finisce per raggiungere la seconda, e la seconda si avvicina alla terza. Eppure non c'è la minima confusione. Ogni capitolo rimane ancorato al quel periodo nella vita di William, e tutto scorre.
William Sidis è un genio. Nasce in America da due genitori intelligentissimi, lei un medico e lui uno psichiatra. Entrambi emigrati da un'Ucraina terribile, e con bagagli di orrore. Allevano William con rigore metodologico, cercano di piantare in lui i semi della curiosità, dell'amore per il sapere. Già nei primi mesi non lo imboccano, ma gli insegnano a portarsi il cucchiaio alle labbra. Tutto è insegnamento nella sua infanzia, e a undici anni si trova già a dare conferenze sulla geometria della quarta dimensione ad Harvard.
William è un genio. Diventa famoso, scrivono articoli su di lui. Alunno più giovane ad aver frequentato il liceo e ad avere ottenuto una laurea. Lui che riesce a farsi un unico amico, Nat Sharfman, che ha difficoltà a tenersi un lavoro perché non vuole essere riconosciuto per quello che è, desidera soltanto rintanarsi in un angolo a fare i suoi conti ed essere lasciato in pace. Che si tiene nel portafoglio la foto di Martha, conosciuta nel 1919. Lui e la politica e il bene dell'uomo. Lui e i genitori. Lui e il sanatorio.
William Sidis è realmente esistito, e il libro riprende chiaramente i fatti della sua vita. Però qui è soprattutto un personaggio vivo sulla carta, e l'autore si premura di comunicarci delle libertà che si è preso, se non con i suoi studi, col suo mondo interiore.
Una cosa curiosa di questo libro è quanto risulti leggero, gradevole, caloroso. Perché non racconta quasi mai di avvenimenti belli e allegri. William Sidis non ha avuto una vita perfetta, ma una vita in cui si sono intervallati esclusione e fuga. Però... non lo so. Dalle sue conversazioni con Nat spunta la “vita perfetta”, e poi viene da chiedersi come sarebbe la vita perfetta di un genio. Un angolo per pensare, per scrivere, per arrovellarsi. E poi che altro?