Lo diciamo a Liddy? di Anne Fine

Per via della marea di recensioni che leggo, che influiscono immancabilmente sulla mia lunghissima Lista di Libri da Leggere, e mancando di adeguate biblioteche – almeno per i prossimi mesi. Aspettami, Torino – negli ultimi tempi è sempre più raro che io vagheggi per una libreria, scelga un libro e lo prenda su due piedi. Ormai è tutto un “Oh, di questo ho letto tanto bene sul blog di X”, o di “Mi è sembrato di capire che questo libro sia piaciuto un sacco a Y”. Il che è saggio, perché mi sono capitate di quelle cantonate che non sono stata neanche a scriverne qui per fior di magnanimità. Però mi spiace dilazionare così il gusto per la scoperta inattesa. Scoprire letture belle quando non te le aspettavi, beh, è una bella sorpresa.
Mi è capitato con Lo diciamo a Liddy? di Anne Fine, edito da Adelphi nel lontano 1998 nella traduzione di Olivia Crosio. Il primo libro che leggo di questa autrice, di cui mi sono già un po' innamorata. Questo libro l'ho divorato in un giorno e mezzo, e ancora non ho chiaro del tutto quello che penso della storia. È una storia a cipolla, con diversi strati e più punti di vista. Che magari vorresti scegliere il tuo a seconda di quello che credi giusto, ma non puoi perché il punto di vista è istintivo, e non puoi deciderlo. Dipende dalla persona che sei. Da quanto ti senti vicina a Bridie, la protagonista.
Dunque ci sono queste quattro sorelle. Bridie, la sorella maggiore, assistente sociale, sposata con Dennis. Poi c'è Heather, fiera e decisa, con un lavoro importante in banca. C'è anche Stella, un po' tonta, tutta giardino e arredamento. E infine c'è Liddy, la sorella diletta che sta per risposarsi con George e ha due figli piccoli, Edward e Daisy. Succede che Stella viene a conoscenza di un segreto orribile nel passato di George, una di quelle ombre minacciose per le quali non puoi fare finta di niente, e ne parla con Bridie. Bridie insiste perché ne parlino con Liddy, perché la mettano in guardia. E, stando alla quarta di copertina, il focus dovrebbe essere sulla decisione. Lo diciamo a Liddy? Beh, secondo me il focus non è sulla decisione, ma sul seguito. Sulle dinamiche che vengono a crearsi dopo che la decisione è stata presa. Perché ovviamente finiscono per dirlo a Liddy. E quello che succede dopo è un continuo spostarsi nell'ordine dei valori, una negoziazione perenne tra Bridie e le sorelle, tra Bridie e il marito Dennis. La ricerca di un punto fermo quando qualcosa di importante viene meno, la risposta a domande che prima non ci si era mai posti.
Questo libro l'ho adorato per molti motivi, il più importante dei quali è quello di cui vado meno fiera. È un libro che propone una visione dei rapporti umani nella quale, ahimè, mi ritrovo. Ora, non dico che le relazioni che intessiamo con gli altri, che siano amici o familiari, non siano quanto conta di più al mondo, né che tutti i nostri affetti siano frutto di un freddo calcolo. Ma le dinamiche di gruppo esistono e se uno volente o nolente ci fa caso sanno essere interessanti quanto fastidiose. È una questione di negoziazioni continue, di gerarchie che cambiano, di alleanze eterne o temporanee, di fiducia e di omissione. Ogni gruppo funziona in modo diverso, ci sono quelli che si basano sulla sincerità più totale e su rapporti di uguaglianza, altri sono più improntati al supporto reciproco a costo di apportare limitazioni al proprio comportamento, e tutto può cambiare da un momento all'altro, con o senza motivo. Quello delle relazioni umane è uno strano mondo, e vorrei davvero riuscire a vederlo in maniera diversa. Purtroppo non ci riesco. Gli indicatori mi saltano agli occhi.
Dicevo che per me la questione dei rapporti umani, di come cambino a seconda delle circostanze, di come basti una spinta per stravolgerli, è al centro di questo romanzo. Insieme all'attaccamento familiare, al cambiamento umano, alla crescita, a quello che si intende per crescita. Al concetto di "motivazione", di "ruolo", di “fare qualcosa per il bene di qualcuno”. La questione del segreto di George, per quanto turpe e irrisolta fino alla fine, risulta secondaria.
Lo consiglio massimamente. E non vedo l'ora di trovarmi tra le mani qualcos'altro della stessa autrice. Mi pento e mi dolgo per non averla letta finora.