Dunque,
era un po' che non trovavo piccole cose di cui rallegrarmi.
Probabilmente me ne sono passate accanto a centinaia, senza che ci
facessi caso. Poi ieri sera stavo finendo di leggere Traslochi
di Hebe Uhart, una delle prime pubblicazioni della Calabuig,
e chiudendolo l'occhio mi è finito sul nome della traduttrice in
copertina. Ho girato un po' lo sguardo, ho preso dal comodino
Correzione di bozze in Alta Provenza di Cortàzar,
edito dalla SUR, l'ho girato e ho trovato il nome del
traduttore sul retro. Mi sono alzata, sono andata a sbirciare sugli
scaffali delle mie librerie, e ho trovato che il riconoscimento della
traduzione fino sulla cover, fronte o retro che sia, è di uso alla Zona 42, alla
Voland, alla minimum fax, alla Del Vecchio e
alla Jo March.
Saranno
piccole cose, saranno ancora poche le case editrici che riconoscono
l'importanza del traduttore fino a dargli spazio sulla copertina –
che io personalmente a certi nomi faccio caso, se leggo Silvia
Pareschi o Matteo Codignola al posto di Pinco Pallino, il valore del
libro per me sale di un paio di tacche, che una traduzione fatta bene
è impagabile – però è già qualcosa.
Eddiamine,
perché non rallegrarsi delle piccole cose belle, quando se ne ha
l'occasione?