Lo Hobbit di J. R. R. Tolkien

Ed è stato soltanto ieri, a ventisei anni pieni, che ho finalmente finito di leggere Lo Hobbit. So che è uno di quegli scrittori che “bisogna” leggere, se si è appassionati di fantasy, sennò è come cercare di capire l'universo senza fare i conti con la legge di gravità. Eppure Tolkien mi è rimasto lontano a lungo. Qualche mese fa ho letto La compagnia dell'Anello, e ammetto che mi mancano ancora i due volumi conclusivi della trilogia. Mi costa ammetterlo, per quanto io sfoggi noncuranza verso l'obbligo morale che sembrano implicare certe letture, perché Tolkien effettivamente è proprio l'ABC del fantasy. Affermare che amo il fantasy senza averne letto nulla è un po' come annunciare la propria predilezione per i vampiri avendo letto solo Twilight.
E dunque, Lo Hobbit. In una bellissima edizione Adelphi del 1994 tradotta da Elena Jeronimidis Conte, completa delle illustrazioni dell'autore. Questa copia è una meravigliosa reliquia e non è nemmeno mia. L'ho letto paventando la minima pieghetta.
Lo Hobbit, con Bilbo Baggins, e Gandalf e i nani che partono alla volta della Montagna che Smaug ha strappato agli antenati dei nani con tutto il loro tesoro. Bilbo che inizialmente ne farebbe volentieri a meno, Gandalf che scompare e ricompare a casaccio, e che agisce da deus ex machina e fa partire la storia, quella di Bilbo e quella dei nani, al punto che mi chiedo fino a che punto Lo Hobbit sia una favola, e dove inizino le considerazioni di Tolkien sulla narrazione fantastica.
A parte questo, non è che ci sia moltissimo da dire sulla trama. È un fantasy per bambini, più che per ragazzi, e la trama è semplice e lineare quanto è leggero lo stile. Un lungo viaggio alla volta di una montagna in cui riposa un drago feroce, per riscattare il tesoro che questo ha rubato. Quello che mi ha stupita è che Lo Hobbit sia stato scritto prima della trilogia del Signore degli Anelli, perché compaiono diversi elementi comuni che hanno l'aria di semi accuratamente piantati per arricchire quanto arriverà dopo. C'è l'Anello, c'è Gollum, c'è l'armatura di mithril. Ma soprattutto, ci sono come saranno nel Signore degli Anelli, come se Tolkien fosse stato già pienamente consapevole di tutto ciò che avrebbe scritto dopo. Leggendo, ero piuttosto certa che si trattasse di un prequel scritto ben dopo la trilogia.
E quindi, ha senso consigliare Lo Hobbit? C'è bisogno che io specifichi che bisognerebbe leggerlo, che è una bella storia e una bella lettura, ma è anche qualcosa di più, uno strumento per capire le storie che sono venute dopo?
Dai, è Tolkien.