Stalin + Bianca di Iacopo Barison

Devo ricominciare a scrivere recensioni mano a mano che finisco i libri, senza lasciarmeli troppo tempo a poltrire in cima alla pila accanto al pc, che guardandola mi viene da chiedermi se verrà mai il loro turno e mi sento orrendamente colpevole. Che poi certi mi sono anche piaciuti tantissimo, però il tempo me li scolla dalla memoria e finisce che quando ne parlo ne viene fuori una pappetta di impressioni malamente raggrumate. Diamine.
Dunque saggiamente riprendo dall'ultimo libro che ho finito di leggere, Stalin + Bianca di Iacopo Barison, edito da Tunuè nel 2014.
Non so se conoscete la casa editrice, in caso vi aggiorno rivelandovi che è una meravigliosa realtà fumettistica che ha portato in Italia autori quali Paco Roca e Tony Sandoval. E con Iacopo Barison e Sergio Peter, ha inaugurato poco meno di un anno fa la collana di narrativa. Mi va, dopotutto, di spiegare brevemente perché mi sono approcciata a Stalin + Bianca solo adesso, nonostante come trama mi abbia sempre ispirata un sacco. Il fatto è che la presentazione della collana cui avevo assistito l'anno scorso al Salone del Libro mi aveva lasciato in bocca un sapore di bile e sangue che ha finito per associarsi ai libri presentati. Non mi è piaciuto il fatto che si parlasse più della collana che dei libri, più del direttore di collana e delle sue esperienze che degli autori. Barison ha la mia età e vederlo – non consapevolmente né volontariamente, ne sono certa – trattato come un ragazzino sul palco mi ha irritata profondamente. Che diamine, che a venticinque anni ti releghino ancora nell'adolescenza non è cosa sana o innocua.
Orsù, tenterò di farla breve, lì per lì non mi sono sentita di acquistare i libri presentati. Mi ero incartapecorita dal nervoso. E poi? Poi chissà, l'affollarsi di titoli, il non trovarli a Lucca, il non trovarli in libreria quando li cercavo... poi c'è stata la promozione della Tunuè (ancora per un paio di giorni, io ne approfitterei), mi è capitato davanti e alla fine mi sono decisa.
E diamine quanto mi è piaciuto. Ma tanto. Tanto tanto tanto. Molto più di quello che mi sarei aspettata. Mi sorprende e mi fa piacere che si trovi tra i candidati allo Strega. Gli auguro sinceramente buona fortuna.
Ci sono Stalin e Bianca, come da titolo, che chiacchierano in uno stadio vuoto. Stalin riprende tutto ciò che gli sembra significativo con una telecamera che si porta sempre dietro, e il nome gliel'hanno dato i suoi baffi, che lo fanno somigliare al dittatore. Bianca è bellissima e cieca, e il fatto che Stalin possa e voglia aiutarla, dopotutto è la sua ancora di salvezza. Di Stalin, dico. Che con i suoi sanguinosi parossismi di rabbia è diventato un po' un reietto, che non si trova bene a casa col fidanzato della madre, che svolge lavori poco puliti per il custode dello stadio. C'è Bianca che in un certo senso lo perdona, lo ripulisce dei suoi atti, anche quando non ne sa nulla. Bianca che toglie i peccati del mondo.
E poi succede qualcosa, Stalin vuole fuggire, ma non può farlo senza Bianca, e questo lei lo sa. Quindi partono insieme per un viaggio senza meta in un'Italia che... effettivamente non ho ancora detto nulla dell'ambientazione, che è forse la cosa più interessante del libro.
È successo qualcosa, o forse non è successo abbastanza. Il mondo sta andando in rovina, è sporco e inquinato, insalubre, grigio e freddo. È ancora immerso nel processo di sgretolamento che siamo soliti vedere finito nelle distopie. C'è ancora la legge, c'è ancora un governo, anche se perlopiù brancola nel buio. E anche le persone brancolano, cercano una salvezza, un significato, qualcosa. Ho adorato gli artisti, e il movimento delle maschere anti-gas. Ho avuto l'impressione di una nuova ondata di anni '70, quando i giovani scappavano di casa in cerca di “qualcosa”, senza in realtà fuggire da nulla in particolare. È questa continua ricerca di qualcosa che dà al romanzo un sapore che ho adorato. L'atmosfera di ricerca e di incertezza, eppure di speranza. Nonostante tutto.
Che mi sia piaciuto un sacco direi che si nota. Non è perfetto, certo. Mi sono piaciuti i dialoghi, ma sono in certi punti un po'... non direi forzati, ma recitati. E Bianca... non lo so. Non riesco a capire se l'impressione che mi ha dato è quella che voleva l'autore. E se non lo era, è legittima comunque per via del famoso patto tra autore e lettore sulla costruzione della storia? Dicevo, Bianca sembra a metà tra funzione e personaggio. È la Madonna, è la donna salvifica, l'essere puro da conservare che guarisce con un tocco. È un archetipo e poco più. Il suo personaggio mi è sembrato abbozzato, o forse mi è sembrato tale perché visto attraverso gli occhi adoranti di Stalin. Non lo so, davvero.
Questo comunque non impedisce al romanzo di essere una meraviglia, meritevole di tutto il successo che sta avendo.