Italia sì

Ammetto che non mi sono mai sentita particolarmente predisposta alla letteratura italiana. Se proprio dovessi dare una connotazione regionale al mio sentire bibliofilo, adotterei come patria l'Inghilterra senza neanche pensarci troppo. Non saprei spiegare perché e per come, è solo che la sento più mia.
C'è stato un periodo, piuttosto lungo, in cui sono stata non dico proprio allergica ai libri figli di autori italiani, ma poco ci mancava. Diciamo che di fronte a uno scrittore nostrano nicchiavo, ponderavo, storcevo il naso, mi ripromettevo di informarmi meglio. Non si trattava di una mera questione di gusti, ma di sfiducia. Ero un po' vittima – e carnefice – del peso di tutti quei “in Italia si pubblicano solo i soliti noti che ormai non hanno più nulla da dire”, dei “in Italia gli editori pubblicano solo aria fritta”, “in Italia non si va più in là di Volo e D'Urso” etc. Probabilmente la sensazione mi era stata instillata da ripetute delusioni, da scelte poco avvedute. Ciò non toglie che fosse un'accozzaglia di vergognose boiate, e che sarebbe bastato voltare appena il viso da uno scaffale all'altro per trovare eccelse perle. Ma, dicevo, era una sensazione che non riuscivo a togliermi di dosso quando si trattava di scegliere la mia prossima lettura.
E quindi?
C'è che da qualche tempo mi sono ritrovata a leggere un bel po' di autori nostrani, e a puntare l'occhio con sempre maggiore attenzione sulla sezione Letteratura Italiana della biblioteca. Sul mio comodino, nella mia lista di libri da leggere, nella pila traballante accanto al computer figurano un sacco di scrittori made in Italy. Oddio, magari non proprio “un sacco”, ma la percentuale è ben rilevante, confrontata al quasi nulla di pochi anni fa.
E dunque in questo post vorrei riuscire a elencare, seppure coi miei modi un po' spiegazzati, quegli autori che sono riusciti a invertire la rotta delle mie scelte bibliografiche. Scrittori che consiglio, insomma, non proprio al di là della provenienza geografica. Qualche nome per ricordare che un po' di spacciaparole buoni ce li abbiamo anche noi, via. Risolleviamo l'amor patrio, almeno letterariamente.
Di Stefano Benni parlo regolarmente, quindi mi limito soltanto a farne il nome.
Elena Ferrante l'ho scoperta da poco, e sto facendo del mio meglio per non gettarmi sul suo ultimo libro, il capitolo finale della quadrilogia iniziata con L'amica geniale. La meraviglia. Punto.
La settimana scorsa ho divorato I romagnoli ammazzano al mercoledì di Davide Bacchilega, e mi pare giusto farne cenno. Non l'ho ancora recensito, quindi cercherò di tratteggiarlo brevemente: pochi personaggi che si rimbalzano la palla della narrazione, uno più fuso dell'altro, i fili della trama che li avvicinano poco a poco, prima impercettibilmente e poi tutto di colpo. Un po' Guy Ritchie, se mi si vuole passare l'analogia cinematografica.
Ormai dei Wu Ming parlo un giorno sì e l'altro pure. Perdonatemi l'assidua ripetizione, ma anche se ho letto soltanto due dei loro libri, ormai li adoro. Senza scampo. Qui e qui per le recensioni.
Nonostante l'abbia letto già da un mesetto, non ho ancora trovato il momento giusto per recensire Morte di un uomo felice di Giorgio Fontana, senza dubbio una delle letture migliori dello scorso anno. Il fatto è che si tratta di un libro che merita una certa concentrazione, e che gli si dedichi quel po' di tempo che adesso non saprei dove trovare. Un magistrato che indaga sulle brigate rosse all'inizio degli anni '80. Un uomo e basta. Una meraviglia di libro, veramente.
Poi ci sono i tre cavalieri dell'urban-fantasy italico, di cui chiacchiero assai spesso, e di cui trovate le interviste più in alto nell'apposita sezione, corredate dei link alle varie recensioni. Aislinn, Luca Tarenzi, Francesco Dimitri. In tre a sostenere e dare dignità a un intero genere.
Francesca Diotallevi ha pubblicato soltanto un libro, finora, ma non vedo l'ora di ritrovarmi innanzi un suo titolo in libreria, a sorpresa, che Le stanze buie mi era piaciuto un sacco.
Virginia de Winter, il cui pseudonimo potrebbe invero trarre in inganno, e della cui (meravigliosa) quadrilogia Black Friars ho chiacchierato qui e qui.
L'immancabile Fabio Stassi, di cui giusto oggi cantavo le lodi a mio padre. Autore per
Sellerio di L'ultimo ballo di Charlot e Come un respiro interrotto, e per minimum fax di La rivincita di Capablanca. Ne ho chiacchierato pure qui, dopo aver avuto la tachicardica gioia di presentarlo durante un festival letterario.
Fabio Bartolomei è un altro di quegli scrittori che tengo costantemente d'occhio, non sia mai che mi possa sfuggire una sua pubblicazione, fosse anche la dichiarazione dei redditi. Sta per uscire un film tratto dal suo primo libro, Giulia 1300 e altri miracoli – il film si chiamerà Noi e la Giulia, e io lo attendo trepidante – e spero che la stessa sorte tocchi anche a La banda degli invisibili e We are family, letture meravigliose.
E poi? E poi basta. Non che non ci siano altri scrittori italiani che mi piacciono, solo che certi dovrei andare troppo indietro a cercarli, e mi sembrerebbe di barare, visto che è un post dedicato a un cambiamento di rotta piuttosto recente. Ho lasciato fuori anche un sacco di autori che mi sono piaciuti ultimamente, ed è stata una cernita feroce e dolorosa. Non volevo che il presente post diventasse un'accozzaglia disordinata di “libri che mi sono piaciuti”, volevo scrivere una lista di titoli che “Ah, non ti piacciono gli scrittori italiani? Sicuro? Con questi ti ricredi. Vai, mi ringrazierai poi.”
Una lista così, insomma. Che poi ne sia scaturita comunque una disordinata accozzaglia è un altro discorso.