Lettori, editoria e responsabilità

Cercherò di essere breve. Cioè, so già che non ci riuscirò – infatti sto già iniziando a dilungarmi sui sottintesi della prima, inutilissima frase del post – ma farò del mio meglio. Anche perché devo studiare un sacco. E poi devo scrivere altri post molto più importanti di questo, visto che trattano di libri invece che delle mie paturnie sull'attuale sistema editoriale. Tra l'altro avevo già scritto un post simile a questo anni fa, Appello inascoltato a Madama Salani e colleghi. Il che è curioso, perché Madama Salani è uno dei (pochi) grandi editori che negli ultimi tempi ha saputo darmi un po' di soddisfazione. E poi dell'argomento ha già chiacchierato Nereia qui, il che fa di questo post una specie di eco.
Santoddio, Me Stessa, vieni al dunque.
'Dunque'. Qualche giorno fa c'è stata, su Twitter, una specie di discussione sull'editoria italiana. Dico 'una specie di discussione' perché non c'è modo di argomentare seriamente in 140 caratteri. Poi figuriamoci, a un certo punto il fulcro della discussione è diventato un cumulo di rabbia e disillusione e di 'Io potrei fare di meglio'. Da parte mia, tra l'altro, il che è... beh, quantomeno presuntuoso.
Però lo penso davvero.
Vediamo, riuscirò a spiegare quello che voglio dire in meno di... facciamo mezzora. Non posso rubare altro tempo all'esame di storia del cinema, mancano due settimane.
Tutto è iniziato quando il profilo Twitter di Sul Romanzo – blog che mi piace un sacco e di cui consiglio la visione – ha postato la suddetta frase:

L'editoria migliorerà quando gli italiani miglioreranno, scegliendo libri con più consapevolezza.

Che a me personalmente, con tutto il rispetto per Sul Romanzo, pare un po' una boiata. Se un'azienda non riesce a fare i propri interessi, la colpa non può essere certo del pubblico. Anche perché ci sono case editrici che sanno fare molto bene i propri interessi e che prosperano tranquillamente nello stesso panorama in cui le altre case editrici annegano.
Il fatto è che ci sono case editrici e Case Editrici. Io saltuariamente lavoricchio in libreria e mi permetto, pur consapevole della mia visione particolaristica e limitata, di fare qualche osservazione. Ecco, da che ho ricordo, si sono sempre venduti più Adelphi e Neri Pozza che Mondadori o Newton Compton. Il che, a mio avviso, sta a significare che i Lettori italiani hanno già scelto, e stanno comportandosi di conseguenza da un po'.
Ci sono – l'ho detto spesso, lo ripeterò ancora oggi e scusatemi la ridondanza – Lettori e Non-Lettori. Capita che i Non-Lettori vengano colpiti da una campagna di marketing così potente da convincersi a leggere effettivamente un libro, com'è successo coloro che si sono sciroppate l'intera trilogia delle 50Sfumature. Ora, la suddetta trilogia le ha avvicinate alla lettura? Ha spalancato loro un mondo fatto di sogni, pagine e parole? No. Ovvio che no. Hanno letto un libro di una elementarità disarmante solo per via dell'immensa pubblicità, e ben difficilmente ripeteranno l'esperienza nel prossimo futuro.
Dunque, quello che voglio dire è che qualsiasi libro può vendere, se sostenuto da una buona campagna di marketing. Ildefonso Falcones non scrive certo leggerezze ammazza-tempo, eppure credo che tutti possiamo renderci conto del best-seller. E non è che Murakami sia propriamente assimilabile a Fabio Volo, ma direi che possiamo concordare che le vendite del nipponico quasi-Nobel non sono affatto male. Vogliamo citare anche il successo di Stoner, il capolavoro riscoperto di John Williams?
Non è un caso che questi libri vendano. Si chiama 'buona comunicazione'. È quello che accade quando non soltanto ci si rende conto di avere qualcosa di davvero promettente tra le mani, ma si è anche consapevoli del fatto che è inutile essere in possesso di un tale tesoro, se non lo si comunica decentemente. Buona comunicazione. È tutto lì.
Le case editrici di cui mi lamento sono quelle che non hanno ben presente questa cosa, e che basano le loro pubblicazioni su quello che pensano che i Lettori vogliano, senza accorgersi che stanno guardando ai Non-Lettori. O a quello strappo alla regola di cui anche i Lettori più Lettori hanno bisogno tra un Ernest Hemingway e un Jack London.
Non sanno cosa dire, né a chi dirlo. Non riescono a dare di sé un'immagine chiara e affidabile. Non capiscono che un buon libro potrebbe piacere sia ai Lettori che ai Non-Lettori, ma che un brutto libro taglierà fuori quella stessa fetta di Lettori che sta sostenendo l'editoria italiana. Soprattutto, non si rendono conto che dovrebbero essere loro a fare tutto il possibile per crearne nuovi, di Lettori. E forse è questa la cosa che più mi fa partire l'incazzatura. Perché se un domani la De Cecco se ne uscisse fuori con un 'negli ultimi tempi i consumi di pasta sono calati a dismisura, che possiamo fare? Ah, che pessimo mercato, colpa dei consumatori che si lasciano andare a mediocri scelte alimentari e perdono di vista l'importanza della pasta!', ecco, io credo che manderemmo la De Cecco a stendere nel giro di pochissimi secondi.
Vuoi vendere più libri? Contribuisci a creare più Lettori.
Vuoi creare più Lettori? Raggiungili. È facile. Usa la televisione, usa le strade, usa le scuole, usa tutto quello che vuoi.
Se nulla dovesse funzionare, beh, almeno avrai provato e tutti noi lamentoni potremo dire che avevi ragione, che l'editoria italiana è ostacolata dall'assenza di interesse dei Lettori.
Fino ad allora continuerò a pensare, per quanto presuntuoso sia, che potrei fare molto di meglio e che sarebbe il caso che ognuno si prendesse le proprie responsabilità se il sistema non va come dovrebbe.
E parlando di responsabilità, direi che accetterò le mie se non passerò l'esame di Storia del Cinema, visto che ho passato su questo post più del doppio del tempo che mi sarei dovuta concedere.

Eccheddiamine.
(Scusate per gli eventuali errori e per le probabilissime inesattezze, per la faciloneria e la fretta con cui ho trattato il tema, ma davvero, ho le ore di studio contate)